Brasile: c’è il vaccino, ma l’Amazzonia è senza ossigeno e posti negli ospedali
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Mentre in sette Stati del Brasile è iniziata ieri la campagna di vaccinazioni contro il Covid-19, e a Rio de Janeiro le prime iniezioni del vaccino cinese Sinovac sono state fatte sotto la statua del Cristo Redentore, sulla collina del Corcovado, la situazione nell’Amazzonia brasiliana è sempre più drammatica. Nella capitale Manaus tornano le terribili immagini delle fosse comuni scavate nella coloratissima terra ocra del cimitero di Tarumã, delle croci affastellate l’una sopra l’altra, del pianto della gente. Erano state il drammatico simbolo della prima ondata del Covid-19 in Brasile, il secondo Paese al mondo per decessi da coronavirus, dopo gli Stati Uniti.
In Brasile superate le 210 mila vittime per la pandemia
E la seconda ondata, che ha portato le vittime a superare quota 210 mila, ha mandato in tilt il già fragile sistema sanitario di Manaus. Le corsie degli ospedali sono piene, e nei reparti di terapia intensiva mancano le bombole di ossigeno, tanto che quasi il 60 per cento dei malati che vi vengono ricoverati non sopravvive. E si viaggia, purtroppo, a una media di 200 sepolture al giorno.
Medici senza frontiere: l’ossigeno durerà solo pochi giorni
Il capo missione di Medici senza frontiere (Msf) in Brasile, Francesco Di Donna, sottolinea la criticità nelle città rurali di Tefé e Sao Gabriel da Cachoeira dove, “se la situazione peggiora, l’ossigeno a disposizione durerà solo un paio di giorni e il 60 per cento dei pazienti ricoverati ne ha bisogno”. In questi piccoli centri poi, ricorda Di Donna, sono morte persone “che probabilmente si sarebbero potute salvare se avessimo potuto trasferirle a Manaus. In questo momento stiamo inviando concentratori di ossigeno, generatori e più personale medico”.
L’arcivescovo Steiner si appella al Governo e alla generosità
A lanciare l’allarme è stato anche, venerdì scorso, l’arcivescovo di Manaus, Leonardo Steiner, che ha chiesto la mobilitazione del governo e delle comunità cristiane. L’aeronautica militare ha allestito ponti aerei per portare ossigeno e respiratori in Amazzonia e trasferire centinaia di malati in altri Stati. Ma così, oggi, arrivano a Manaus, ogni giorno da San Paolo, bombole con circa 12 mila metri cubi di ossigeno, quando l’attuale domanda giornaliera è di 76 mila metri cubi e la capacità di produzione nella città è di 30 mila metri cubi al giorno.
Parenti dei malati comprano l’ossigeno al mercato nero
Per questo è a rischio la vita di 61 neonati prematuri che si trovano in terapia intensiva in vari ospedali di Manaus. I medici sono costretti, in alcuni casi, ad utilizzare la ventilazione manuale per i malati rimasti senza ossigeno, con parenti di pazienti che implorano ossigeno o lo comprano al mercato nero. Alcuni medici hanno affermato di essere stati costretti a privilegiare i pazienti con maggiori possibilità di sopravvivenza a causa della mancanza di bombole.
Il grave rischio per gli indigeni dell’Amazzonia
A causare l’aumento dei casi di Covid-19 nello Stato, secondo i virologi, sarebbe stata una delle due varianti brasiliane del virus, emersa proprio in Amazzonia, con una grande facilità di trasmissione e alta carica virale. Suscita inquietudine anche la mancanza di dati certi sul contagio nelle comunità indigene. L’ eventuale ingresso di virus nei villaggi sparsi lungo i molti fiumi presenti nella regione, costituisce da sempre una minaccia serissima per l’incolumità delle popolazioni residenti, per la scarsità di anticorpi tra gli indios e la difficoltà di cure adeguate.
Ponte aereo per portare i malati in altri Stati
Il ministero della Difesa sta trasferendo circa 235 pazienti da Manaus negli Stati di Maranhao, Piauí, Río Grande do Norte e Paraíba, e anche altri Stati, il cui sistema ospedaliero non è così gravato, si sono offerti di accogliere pazienti dall’Amazzonia, tra cui Goiás, Pernambuco, Ceará e Brasília.
Sospese le Messe con fedeli fino al 22 gennaio
A fronte dell’aumentare dei casi di Covid-19 tra i sacerdoti, l’arcivescovo Steiner ha sospeso, almeno fino al 22 gennaio, le Messe con presenza di fedeli, e raccolto in pochi giorni offerte per 150 mila reais, circa 25mila euro. Ma quella che colpisce, racconta don Roberto Bovolenta, sacerdote fidei donum della diocesi di Treviso, è la mobilitazione di comunità e piccole imprese familiari.
Don Bovolenta: tanta gente offre tutto quello che può
Se nella gara di solidarietà la Honda annuncia che donerà 300 bombole d’ossigeno, “50 cilindri – racconta don Roberto, a Manaus dal 2011 – sono arrivati da un'impresa di Rio de Janeiro, ma soprattutto ringraziamo tante persone delle nostre comunità cattoliche, gruppi neo pentecostali, che stanno offrendo quello che possono: il caffè, il pranzo o la cena davanti agli ospedali per tutte le persone che hanno loro parenti in situazione grave. Stanno offrendo non solo cibo, ma anche preghiere e parole di conforto”.
La Chiesa brasiliana è vicina all’Amazzonia
“In questi ultimi giorni – spiega don Bovolenta - abbiamo tutti visto l'allarme lanciato dal nostro arcivescovo dom Leonardo Steiner per la mancanza di letti e la mancanza di ossigeno negli ospedali dell'Amazzonia. La stessa richiesta di aiuto è arrivata dal presidente della Conferenza Episcopale, dom Walmor Oliveira de Azevedo . Dom Leonardo ci ricordava l'importanza di mantenere l'attenzione alle misure igienico sanitarie, per evitare contagi e il presidente della Conferenza Episcopale ci chiede la generosità per l'Amazzonia, in questo momento di grande sofferenza”.
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