Armi nucleari: immorali e illegali
Amedeo Lomonaco - Città del Vaticano
Il Trattato per la proibizione delle armi nucleari, che entra in vigore oggi, è un passo incoraggiante. È stato sottoscritto da 86 Paesi e ratificato da 51. La Santa Sede ha firmato e ratificato questo strumento internazionale, giuridicamente vincolante, il 20 settembre del 2017, nel primo giorno utile per la ratifica. I leader della Chiesa cattolica di tutto il mondo, hanno accolto con favore l’entrata in vigore del Trattato delle Nazioni Unite sottolineando che “la peggiore di tutte le armi di distruzione di massa è stata da tempo giudicata immorale”. La giornata odierna è anche scandita dal suono delle campane di varie chiese. A Padova alle ore 12, quelle della Cattedrale e della Torre civica del Municipio hanno suonato a festa. Contemporaneamente, diversi altri comuni del territorio diocesano e parrocchie hanno seguito lo stesso esempio.
Cosa prevede il Trattato
Il Trattato che entra in vigore oggi non solo blocca la proliferazione delle armi atomiche. Ne proibisce anche lo sviluppo, i test, il trasporto. E, soprattutto, vieta l’immagazzinamento di armi nucleari. Si tratta di un nodo cruciale. Come infatti ricordato in più occasioni da Papa Francesco, non solo l’uso dell’energia atomica per fini di guerra, ma anche il possesso delle armi nucleari è immorale. Il Trattato è il risultato di un cammino che ha raggiunto questo primo importante traguardo in un tempo, come quello attuale, fortemente scosso dalla pandemia. E in questo periodo così difficile costituisce una luce, una speranza in più anche per le nuove generazioni.
Armi da mettere fuori dalla storia
Il Trattato è dunque un passo incoraggiante, ma restano i rischi di una catastrofe nucleare. Sono oltre 14.000 le bombe atomiche dislocate in varie regioni nel mondo. Migliaia di queste sono pronte per essere lanciate in un istante. In molti casi, la potenza di questi ordigni è di gran lunga superiore alle bombe atomiche sganciate su Nagasaki ed Hiroshima nel 1945. Il Trattato è nato da un'azione della società civile guidata dalla International Campaign to Abolish Nuclear Weapons (Ican) che nel 2017 si è aggiudicata il Premio Nobel per la pace. Francesco Vignarca, coordinatore delle campagne per la Rete italiana pace e disarmo, uno dei partner italiani di Ican, sottolinea che con questo strumento, da oggi, le armi nucleari non sono solo immorali, sono anche illegali. Il Trattato, aggiunge, ha un impatto anche per i Paesi e le potenze nucleari che non lo sottoscrivono:
R. - Quando abbiamo iniziato questo percorso, in molti dicevano che non saremmo neanche arrivati a promuovere un'assemblea di negoziato. E ogni volta veniva un po' deriso questo sforzo della società civile internazionale per una iniziativa umanitaria. Invece oggi siamo qui e da oggi le armi nucleari sono proibite secondo una legge internazionale. Certo, vale solo per i Paesi che hanno ratificato ma dimostra che è possibile mettere queste armi inumane e distruttive fuori dalla storia.
Il Trattato proibisce tra l’altro anche il possesso delle armi nucleari. Anche questo, immagazzinare armi atomiche come più volte detto da Papa Francesco, è immorale…
R.- Va ricordato che il Vaticano è stato proprio il primo Stato al mondo a ratificare. Il Papa è stato fondamentale in questo percorso. Ha sostenuto i negoziati, ha sostenuto la campagna internazionale. E proprio nel 2017, dopo che il Trattato era stato approvato dalle Nazioni Unite e dopo che la campagna internazionale Ican aveva ricevuto il premio Nobel per la pace, ci ha ospitato tutti in un Simposio fondamentale nel novembre 2017. E ha sottolineato l'immoralità non solo dell'utilizzo delle armi nucleari, ma anche della loro presenza, della loro esistenza e del mero possesso. E quindi questo porta in automatico a una necessità di una loro totale eliminazione. Quello che stiamo dicendo oggi in tutto il mondo con le organizzazioni che aderiscono ad Ican, è che le armi nucleari da sempre sono state considerate immorali. Da oggi sono anche illegali.
Il Trattato è un passo importante ma non definitivo. Il rischio di una catastrofe nucleare è purtroppo ancora ben presente. Sono oltre 14.000 le bombe atomiche dislocate in varie regioni nel mondo.
R. - La nostra direttrice internazionale, Beatrice Fihn, che recentemente ha incontrato ancora Papa Francesco, dice chiaramente: o metteremo le armi nucleari fuori dalla storia o saranno le armi nucleari a mettere l’umanità fuori dalla storia perché sono troppo pericolose. Anche una piccola guerra nucleare di poche decine di testate - è stato dimostrato in alcuni studi per esempio tra India e Pakistan - provocherebbe poi una carestia per due miliardi e mezzo di persone. È un rischio che non possiamo correre. Siamo sempre un po’ sull’orlo della catastrofe. E quindi l'unica scelta è, come diceva Einstein, di ricordarci della nostra umanità ed eliminare le armi nucleari. Molti dicono che questo nuovo Trattato è solo un passo idealista. Invece offre una concretezza con una possibilità di regole e una cornice chiara per poter raggiungere l'obiettivo. Un traguardo che si dovrà ovviamente ottenere passo dopo passo. Ma da oggi c'è una scelta disponibile: gli Stati del mondo possono scegliere se stare dalla parte della distruzione e del passato o stare dalla parte degli uomini, delle donne di tutto il mondo e del futuro eliminando le armi nucleari.
Il Trattato è stato sottoscritto da 86 Paesi e ratificato da 51. Quale è la posizione delle potenze nucleari rispetto a questo strumento?
R. - Non si limitano solo ad ignorarlo, ma lo stanno osteggiando sin dall'inizio. E fino all'ultimo, fino a pochi giorni dalla cinquantesima ratifica avvenuta ad ottobre del 2020 - che poi ha fatto in modo che il Trattato entrasse in vigore oggi - queste potenze hanno addirittura premuto contro i Paesi che avevano già ratificato questo strumento. Cosa significa questo? Capiscono che questo Trattato è efficace già adesso. Lo è già adesso, anche se purtroppo le potenze nucleari o gli Stati sotto l'ombrello delle armi nucleari come l’Italia o altri Paesi della Nato in Europa, non hanno firmato. Non lo hanno fatto perché questo Trattato cambia la percezione. Cambia la concretezza di possibili regole contro le armi nucleari e cambia anche le pratiche. Ad esempio, moltissimi fondi sovrani, istituti finanziari e fondi pensione hanno già deciso che, proprio perché c'è il Trattato, non investiranno più in produzione e in commercio di armamenti nucleari. Sono questi passaggi concreti, oltre quelli ideali e legali, che fanno molta paura alle potenze nucleari. Crediamo che, prima o poi, dovranno adeguarsi al volere della grande maggioranza delle persone. Oggi pubblichiamo, ad esempio, un sondaggio che dimostra come l'87% degli italiani vorrebbe l'adesione al Trattato. Prima o poi, anche i grandi capi del mondo e la politica dovranno capire che questo è quello che vogliono i cittadini.
Quindi il Trattato ha un impatto anche per gli Stati che non lo firmano e non ratificano, anche per le potenze nucleari…
R. - Esatto, perché ovviamente cambia la situazione. Faccio un esempio molto importante: 20 anni prima di questo Trattato sulle armi nucleari, era stato approvato e ratificato il Trattato contro le mine antiuomo. Gli Stati Uniti non lo hanno mai ratificato. Ma hanno deciso di non utilizzare più le mine antiuomo. Sono inoltre tra i principali sostenitori dello sminamento umanitario. Cosa vuol dire questo? Vuol dire che queste norme, se vengono portate avanti con serietà, possono davvero avere un impatto e soprattutto riportano un po' di equilibrio in una situazione che, come in questa situazione, vedeva gran parte degli Stati del mondo - quelli piccoli, più poveri e più deboli – essere alla mercé delle potenze nucleari. Sono stati proprio questi Paesi i protagonisti di questo rilancio: gli Stati, ad esempio, in cui c'è una grandissima presenza di vittime delle armi nucleari e non parlo delle bombe atomiche ad Hiroshima e Nagasaki. Parlo di tutti i test nucleari che, nel corso dei decenni, hanno comportato gravi impatti sull'ambiente e sulle persone. Proprio questi sono stati in prima fila. I Paesi del Pacifico, il Kazakistan, l'Algeria etc. dove venivano fatte sperimentazioni. Siamo ripartiti da questo: dall'umanità e dalla protezione delle persone. Il Trattato esiste, dice delle cose importanti. Non è più solo la volontà ideale delle organizzazioni della società civile o di leader religiosi come Papa Francesco. Esiste e quindi cambia le pratiche. Cambia i comportamenti, non solo delle persone, ma anche di Stati ed istituzioni finanziarie. E questo è qualcosa che nessuno può negare e ignorare. Noi speriamo e pensiamo che darà modo di far cambiare idea, anche legalmente, a questi Stati.
Il Trattato entra in un vigore in un tempo segnato dalla pandemia. In un periodo difficile, getta luce e speranza anche per le nuove e le future generazioni…
R. - Ci abbiamo messo oltre 75 anni dalle bombe di Hiroshima e Nagasaki per arrivare a questo passo. Speriamo di metterci di meno per arrivare alla totale eliminazione delle armi nucleari. E speriamo che il mondo capisca che le vere minacce per le persone sono la povertà, la malnutrizione, la fame, la possibilità di essere o non essere educati, la difesa della vita e della salute, come ci ha dimostrato in questa maniera importante quest'anno, purtroppo drammatico, vissuto nella pandemia. Per mantenere gli arsenali nucleari si spendono ogni giorno milioni e milioni di dollari che, invece, potrebbero risolvere i problemi di questo nostro mondo. Quindi davvero ricordiamoci della nostra umanità. Cambiamo strada e da oggi, con le armi nucleari che sono illegali, decidiamo di costruire un mondo più in pace.
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