Aumenta la violenza in Colombia, la Chiesa invoca la pace
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
In Colombia crescono di giorno in giorno gli omicidi di leader sociali, difensori dei diritti umani, ex guerriglieri. Nel mirino finiscono spesso le popolazioni indigene. La situazione è degenerata negli ultimi mesi e si moltiplicano le richieste di azioni incisive da parte della autorità statali. Tra le voci più insistenti in tal senso, anche nelle ultime ore, c’è sicuramente quella della Chiesa.
Una grande sfida
“La questione è certamente legata al narcotraffico, ma non sempre è così. Ci sono diverse cause di questa violenza e negli ultimi due anni la situazione è sempre più complessa, con tante persone sempre più a rischio”. Lo afferma nell’intervista a Vatican News monsignor Héctor Fabio Henao Gaviria, direttore del Segretariato nazionale per la Pastorale sociale colombiana. “La Chiesa ha chiesto in numerose occasioni una maggiore protezione per queste comunità di persone, tante volte se ne è parlato con le autorità, c’è stato un confronto su questo, ma - prosegue – la situazione continua ad essere molto difficile nel Paese. Questa è una grande sfida”.
Il rapporto di Human Rights Watch
Il rapporto di 127 pagine di Human Rights Watch pubblicato oggi dal titolo "Left Undefended: Killings of Rights Defenders in Colombia's Remote Communities", documenta le uccisioni di difensori dei diritti umani nel Paese americano negli ultimi cinque anni, nonché gravi carenze negli sforzi del governo per prevenirli, proteggere i difensori, e tenere conto dei responsabili. Secondo l'Ufficio dell'Alto Commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite, dal 2016 in Colombia sono stati uccisi oltre 400 difensori dei diritti umani. "La Colombia ha avuto il maggior numero di difensori dei diritti umani uccisi di qualsiasi paese latinoamericano negli ultimi anni, ma la risposta del governo è stata per lo più discorsi, con poche azioni significative", ha detto José Miguel Vivanco, Direttore per le Americhe di Human Rights Watch. "L'amministrazione del presidente condanna spesso le uccisioni, ma la maggior parte dei sistemi governativi per affrontare il problema - ha aggiunto Vivanco - presentano gravi carenze".
La richiesta dei vescovi
“Chiediamo allo Stato colombiano di fare passi in avanti con urgenza, prontezza ed efficienza nel compito di garantire la vita e il rispetto dei beni di tutti i cittadini in tutti i territori, soprattutto dove si trovano i più poveri e vulnerabili. Il dolore più grande che soffrono le nostre comunità in questi territori è sapere di essere sole e indifese”. Lo sostengono i vescovi colombiani della regione ecclesiastica di Popayán, che raggruppa le sei giurisdizioni ecclesiastiche dei dipartimenti del Cauca e del Nariño, nel sudovest del Paese, una delle zone più colpite dall’attuale ondata di violenza, portata avanti da gruppi armati verso leader sociali, difensori dei diritti umani, ex guerriglieri smobilitati, popolazioni indigene. “Esprimiamo, con particolare dolore, la nostra preoccupazione per il noto degrado della violenza, testimoniato dalle ultime espressioni di forza assurda che hanno causato molteplici omicidi nei nostri territori”, si legge nella nota. “Dobbiamo prendere coscienza del dramma che tutto ciò rappresenta, per rispondere, a partire dalla fede, dal senso comune che sempre ci spinge ad aspirare a una pacifica convivenza”.
La catena umana per la pace
I vescovi di Valle, Provincia ecclesiastica di Cali, dopo essersi riuniti il 5 febbraio, hanno diffuso una lettera sul sito web dell’Episcopato, in cui esprimono la loro solidarietà e preoccupazione per l’aumento della violenza nella città di Buenaventura. “Uniamo la nostra voce – si legge - a quella del nostro fratello vescovo Rubén Darío Jaramillo Montoya, che ha messo in guardia, con fermezza e angoscia, sul rischio di massacri in vari comuni e frazioni del distretto”. I presuli denunciando “la presa di possesso mafiosa della città da parte di bande e cartelli”, che hanno occupato interi quartieri, uccidendo selettivamente i giovani e portando alla fuga i cittadini, hanno annunciato che si uniranno nelle loro città alla "Grande catena umana per la pace a Buenaventura”, organizzata dalla diocesi nella giornata odierna. In tale contesto, dinanzi all’aumento delle persone migranti provenienti dal Venezuela, è arrivato proprio questa settimana l’annuncio di una regolarizzazione temporanea per un milione di individui.
Le persone migranti dal Venezuela
Lunedì 8 febbraio il presidente della Colombia Iván Duque ha dunque annunciato che regolarizzerà quasi un milione di migranti e rifugiati venezuelani che vivono attualmente in Colombia senza documenti. Duque ha affermato che il nuovo “statuto di protezione temporanea” permetterà loro di accedere legalmente per 10 anni al sistema sanitario e al lavoro. In questi lasso di tempo potranno ottenere un permesso di soggiorno. Nel Paese, al momento, si trovano almeno un milione e 700mila venezuelani, ma il numero è in costante aumento. “Si tratta certamente di un segnale positivo, ma ancora molto resta da fare”, afferma nel corso dell’intervista monsignor Héctor Fabio Henao Gaviria. “Sono misure temporanee, non permanenti, che rispondono al disperato bisogno di aiuto di tanti venezuelani. In Colombia - sottolinea - le persone migranti sono in continuo aumento e provengono anche dal continente asiatico e da quello africano, dirette verso gli Stati Uniti”.
L’aiuto della Caritas
L’attenzione della Chiesa si manifesta anche nell’incessante impegno quotidiano della Caritas del Paese. “Sono tante le persone che lavorano ogni giorno per aiutare questi fratelli venezuelani - spiega il presule - ed oltre ad un aiuto materiale, immediato e quotidiano che consiste soprattutto nell’assicurare un pasto alle persone migranti, c’è anche un supporto psicologico che risulta davvero importante”.
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