Covid. Croce Rossa: aree remote prive di vaccini, a rischio l’immunizzazione globale
Marco Guerra – Città del Vaticano
Gli sforzi per garantire una distribuzione equa dei vaccini Covid 19 falliranno a meno che non sia colmato il gap tra Paesi poveri e Paesi ricchi nella politica di immunizzazione globale. Questo l’allarme lanciato dalla Federazione internazionale della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa (IFRC), durante il punto fatto oggi con la stampa sull’approvvigionamento nei Paesi del terzo mondo e la logistica per arrivare alle comunità isolate.
Sottovalutati i problemi di logistica
L’avvertimento dell’Organizzazione con sede a Ginevra parte dall’osservazione che l’impegno dei governi e di altri donatori è concentrato sull'approvvigionamento e la distribuzione di vaccini tra Stati, anche tramite la struttura COVAX (il programma internazionale che ha come obiettivo l'accesso equo ai vaccini) ma viene data troppo poca attenzione a come questi vaccini verranno distribuiti all'interno dei Paesi, incluso il modo in cui le comunità isolate e difficili da raggiungere saranno incluse nelle campagne di immunizzazione.
Il piano della Croce Rossa
Il mese scorso, nel tentativo di colmare questa lacuna, l'IFRC ha lanciato un piano da 100 milioni di franchi svizzeri progettato per sostenere la vaccinazione di 500 milioni di persone. Tuttavia, il sostegno a questa iniziativa deve ancora concretizzarsi, con solo il 3% circa dei finanziamenti necessari ricevuti finora. Il presidente dell'IFRC, Francesco Rocca, ha spiegato che il piano mira a garantire che, una volta ricevuti, i vaccini raggiungano coloro che ne hanno più bisogno. “Ciò comporta una serie di azioni importanti – aggiunge - compresi gli sforzi per contrastare la titubanza nei confronti dei vaccini e per costruire la fiducia della comunità. I nostri team escono e identificano individui ad alto rischio che potrebbero, per ragioni culturali, linguistiche o sociali, essere invisibili alle autorità".
Le Società Nazionali di Croce Rossa e Mezzaluna Rossa stanno già lavorando con i governi per vaccinare le comunità a rischio e isolate. Ad esempio, in Brasile, i volontari e il personale della Croce Rossa stanno vaccinando comunità estremamente isolate in Amazzonia. Alle Maldive, la Mezzaluna Rossa ha sostenuto la vaccinazione dei migranti non registrati, mentre simili sforzi sono in corso in Grecia e nella Repubblica Ceca.
Capobianco (IFRC): serve distribuzione capillare
“Accogliamo con piacere l’arrivo dei primi vaccini di Covax nei Paesi in via di sviluppo, ma non è sufficiente che arrivino negli aeroporti delle capitali, serve portarli tra le braccia delle persone nei posti più remoti e per questo è necessario uno sforzo di logistica e di mobilizzazione sociale capillare” così ai nostri microfoni il direttore globale del dipartimento salute della Federazione della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa, Emanuele Capobianco, indica la direzione in cui concentrare le risorse. Il direttore dell’IFRC chiede in particolare più attenzione a tutta la filiera della campagna vaccinale, dalla mobilitazione delle comunità locali alla scelta dei siti per le vaccinazioni, dalla creazione di team mobili per raggiungere le aree più remote al reperimento delle risorse umane per attuare tutto questo. “Si tratta di un lavoro che chiede risorse tecniche ma anche finanziarie”.
Vincere diffidenza e disinformazione
Secondo Capobianco, un altro aspetto importante è la questione della fiducia delle popolazioni: “C’è il problema della disinformazione in tutto il mondo e questo crea molta resistenza a farsi vaccinare, cruciale è il tema della fiducia nella scienza soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove le informazioni sono meno capillari. Bisogna rispondere alle paure della gente in modo appropriato e questo è quanto la fa la Croce Rossa rassicurando gli anziani, i senza tetto e i migranti non registrati”. “Al momento – prosegue – le comunità più fragili sono quelle dei Paesi più poveri, c’è il rischio che in alcune aree si debba aspettare il vaccino fino al 2022, e poi ci sono le sacche di esclusione che esistono in tutti i Paesi”.
Distribuzione equa evita varianti
Oltre all’aspetto etico-morale, una distribuzione non equa del vaccino pone a rischio tutta la popolazione mondiale. Capobianco spiega che fintanto che il virus continuerà a circolare nelle comunità più vulnerabili questo potrà anche mutare e con le mutazioni potrebbero diffondersi delle varianti che potrebbero scappare ai vaccini. “In una visione meramente utilitaristica - prosegue - aiutare i Paesi più poveri e il modo migliore anche per salvaguardare le persone di quelli più ricchi. Noi diciamo che nessuno è al sicuro finché tutti quanti non saremo al sicuro”.
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