Myanmar: la comunità internazionale chiede un ritorno alla democrazia
Giancarlo La Vella - Città del Vaticano
La situazione in Myanmar sta diventando insostenibile.
Dopo il colpo di Stato militare del 1° febbraio scorso si susseguono praticamente ogni giorno le manifestazioni di protesta popolari, alle quali il regime risponde in modo molto duro. La preoccupazione della comunità internazionale sta crescendo e ha cominciato la Gran Bretagna ieri a consigliare ai suoi cittadini di lasciare l’ex Birmania, dove la repressione continua senza tregua. Lo provano i tanti dimostranti rimasti uccisi nel corso delle proteste, 12 solo l’altro ieri. La Russia anche ha espresso forte dissenso per il numero crescente di vittime civili. Diverse le aziende commerciali che stanno sospendendo gli ordini verso il Myanmar. Un gesto con cui si vuole contribuire a garantire sostegno alla tutela dei diritti umani, alla democrazia e alla non violenza. La Corea del Sud invece ha annunciato la sospensione dell’esportazioni di armi in Myanmar.
Preghiera e sostegno
Intanto la Chiesa fa appelli alla pace e alla preghiera. Il cardinale Cherles Bo, arcivescovo metropolita di Yangon, ha più volte fatto sentire la sua voce, affinché le parti, militari e manifestanti, optino per il dialogo e si ritorni alla pace. Dopo l’immagine simbolo di suor Ann Nu Twang inginocchiata di fronte alla polizia in tenuta anti sommossa, altre religiose sono scese in strada, fornendo cibo e acqua ai manifestanti e a sostegno delle istanze popolari. Suor Rebecca Kai Thi Oo ha commentato: oltre a pregare dobbiamo uscire per sostenere la gente nella richiesta di democrazia.
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