Mercoledì di sangue in Myanmar
Benedetta Capelli - Città del Vaticano
E’ stata una giornata drammatica quella di ieri, all’insegna della violenza che ha lasciato sul terreno numerose vittime in varie città del Paese. I colpi sparati dai militari non avrebbero risparmiato – fa sapere Save The Children – nemmeno 4 bambini da domenica, altra sanguinosa giornata. L’Onu parla di “brutalità sistematica” e invoca misure forti contro i golpisti che, avvisati della minaccia, avrebbero risposto di essere abituati alle sanzioni. Domani dovrebbe tenersi il Consiglio di Sicurezza.
La comunità internazionale valuta azioni
Gli Stati Uniti si dicono sconvolti dalla violenza dei militari, protagonisti del colpo di Stato iniziato il primo febbraio, valutano come rispondere e fanno appello alla Cina perché giochi un ruolo costruttivo. “Chiare violazioni del diritto internazionale” per l’Unione Europea che parla di repressione da parte dei militari anche nei confronti dei media. La Francia, con un tweet del presidente Macron, "chiede la fine immediata” delle violenze. Anche Papa Francesco ha fatto sentire ieri, all'udienza generale, la sua voce chiedendo che il dialogo prevalga, che si riprenda il cammino verso la democrazia con un gesto concreto come la liberazione dei diversi leader politici incarcerati.
La solidarietà dei vescovi degli Stati Uniti
Al popolo birmano è giunta anche la solidarietà dei vescovi degli Stati Uniti. In una nota diffusa martedì, monsignor David J. Malloy, presidente della Commissione per la giustizia internazionale e la pace della Conferenza episcopale (Usccb), si è unito alla voce di Papa Francesco. “A nome del Comitato per la giustizia e la pace internazionale – si legge nella nota - ho scritto una lettera di solidarietà alla Conferenza episcopale del Myanmar e ho chiesto al governo degli Stati Uniti di considerare attentamente i suggerimenti della Chiesa locale per raggiungere una giusta soluzione alla crisi”. Monsignor Malloy ha quindi invitato i cattolici e tutte le persone di buona volontà a pregare per il popolo e per i leader birmani.
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