Israele al voto per la quarta volta in due anni
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
La quarta volta in due anni, alla ricerca di una stabilità politica che però appare tutt'altro che vicina. Israele torna dunque al voto, in un Paese diviso tra due poli e che al momento, stando ai sondaggi, non vede nessuno in grado di ottenere la maggioranza di 61 seggi alla Knesset, il Parlamento dove siedono 120 deputati. Lo sbarramento dei partiti al 3,25% è un elemento importante in vista della futura coalizione di Governo, così come lo sarà l'affluenza alle urne. Bastano infatti poche migliaia di voti per spostare gli equilibri di una nazione abitata da poco più di 9 milioni di persone.
Le forze politiche
Netanyahu è sì favorito, ma ancora una volta chiamato ad allargare la maggioranza per poter governare. Un quadro già visto nelle ultime elezioni, dove si arrivò proprio alla fine di marzo 2020 ad un accordo di massima tra il premier uscente, leader di Likud, e Gantz, alla guida del secondo partito, quello di Blu e Bianco. A distanza di dodici mesi, il principale antagonista di Netanyahu è questa volta Yair Lapid, leader del partito laico centrista Yesh Atid, che nei sondaggi è al secondo posto dietro al Likud, con una ventina di seggi probabilmente assegnati. Atid punta ad ottenere l'incarico di formare il prossimo governo, assieme ad una serie di altri partiti, compreso quello di Gantz, fino alla sinistra di Meretz ed al partito laburista. Il Likud, dal canto suo, conta sul sostegno dei due partiti ultraortodossi Shas e Giudaismo Unito nella Torah.
I fattori dell'instabilità
"Alla base dell'instabilità ci sono una serie di fattori legati tra loro di natura politica". Inizia così l'intervista a Vatican News di Giuseppe Dentice, responsabile del desk Medio Oriente del Centro studi internazionali e ricercatore all’Università Cattolica. "Innanzitutto si registra un'incapacità del Governo israeliano di trovare la stabilità istituzionale: abbiamo - prosegue - un'esecutivo costruito da un partito dominante, il Likud e da una serie di partiti minori appartenenti alla sfera della destra laica e religiosa. Questi ultimi minano in un certo senso la capacità stessa del Likud di avere una maggioranza politica solida".
A questo scenario si aggiungono i problemi economici. "Oggi - spiega Dentice - sono segnati dalla pandemia, ma in realtà alcuni sono relativi anche a situazioni pregresse, come il divario sempre maggiore tra ricchi e poveri. L'instabilità politica condiziona negativamente la capacità di attrarre investimenti, ma anche di produrre un forte avanzamento tecnologico ed infrastrutturale".
La pandemia
Secondo l'esperto di Medio Oriente vi è però un paradosso. "In un quadro instabile vediamo però attori presenti da anni. Lo stesso Netanyahu è di fatto al potere quasi ininterrottamente da oltre un decennio". Di recente il Governo ha realizzato una campagna vaccinale presa a modello da vari Paesi nel mondo, per rapidità e numeri di sieri somministrati. In che modo questo potrà incidere sulle elezioni? "Certamente - rileva Dentice - aiuta in termini elettorali, dà quell'idea che ci siano le condizioni per favorire una ripresa, che si lavori per questo. Il punto però è capire che impulso avrà nelle urne, perché stando agli ultimi sondaggi il Governo potrebbe non avere la maggioranza necessaria per governare, rischiando di dover inventare una nuova squadra a guidare il Paese".
Il processo
Netanyahu è imputato per tre vicende relative a contesti di corruzione, ma il processo è finora andato a rilento anche per i problemi legati alla pandemia. Il premier si è sempre detto innocente, parlando di una caccia alle streghe e rifiutando di dimettersi da primo ministro e leader del Likud. "Il processo ha un suo valore ed un peso soprattutto nelle forze politiche si oppongono al Likud. Le proteste di sabato 19 marzo in piazza sono un chiaro segnale - afferma Dentice - in questo senso. Di fatto sotto scacco è l'intero sistema giurisprudenziale, questi continui rinvii - conclude - favoriscono Netanyahu che, a mio giudizio, può trasformare il voto in un referendum sulla sua persona".
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