Lo spettatore è una persona, anzi una creatura
Laura De Luca – Città del Vaticano
E’ da poco terminata la fortunata serie televisiva di RaiUno Che Dio ci aiuti, una produzione Lux Vide, esempio eclatante di quanto i valori cristiani possano essere rappresentati e testimoniati anche attraverso strumenti popolarissimi come la televisione. In questo emerge l’esperienza pluridecennale della Lux Vide, oggi diretta dai figli del fondatore Ettore Bernabei (che fu presidente della RAI tra gli anni sessanta e settanta del secolo scorso): Matilde, attuale Presidente e Luca, amministratore delegato.
Luca Bernabei ci racconta in che modo la testimonianza cristiana del padre vive attualissima nelle produzioni Lux Vide, ora in onda, sempre su RaiUno, con Leonardo:
Dottor Bernabei, sono innumerevoli i film storici e documentari da voi prodotti, per non parlare di un’altra fortunatissima serie di RaiUno, molto cristianamente ispirata e con un sacerdote protagonista: Don Matteo. Ma voi vi divertite nel vostro lavoro?
R. - Sicuramente sì, ci divertiamo, se no sarebbe difficile svolgere un compito così complesso come quello di intrattenere la gente, farla ridere e piangere. E’ una tecnica molto sofisticata, non è mai banale. Non è banale Che Dio ci aiuti, non è banale Don Matteo, non è banale Leonardo…Sono produzioni complesse, difficili da costruire. Mio padre mi ha sempre insegnato: impara a trovare divertimento anche nelle cose più noiose. Io ci ho sempre provato e alla fine mi ci sono abituato. Ed è quanto chiedo anche ai miei figli: divertitevi anche studiando, facendo un esame noioso all’università, trovate anche una piccola cosa che vi diverta comunque, perché è il segreto per avere successo nella vita. Io ho visto mio padre divertirsi fino a 95 anni!
E le sembra che questi tempi siano in linea con questa lezione? Leggerezza nella profondità…
R. - Facciamo un lavoro secondo me molto necessario in questo periodo. E sentiamo il dovere di intrattenere la gente in maniera positiva. C’era un altro grande insegnamento di mio padre, un insegnamento da vecchio democristiano, cioè da cristiano impegnato in politica: quando è stato per quattordici anni direttore della RAI, il suo impegno era mandare la gente a letto tranquilla. E’ quello che cerchiamo di fare anche noi. Nelle nostre serie non nascondiamo il male. Facciamo vedere il bene e il male e il fatto che l’uomo può scegliere, ma all’interno di questa dinamica c’è sempre, oltre che una possibilità di scelta, anche una soluzione, una possibilità di redenzione, che è sempre importante. E credo sia giusto, per noi credenti, non ergerci su un piedistallo da dove giudicare gli altri, il mondo, ma mantenere uno sguardo se possibile di amore, di comprensione. Mio padre diceva sempre una cosa, molto bella: capire gli altri e se non si possono capire, perdonarli. E questa è una di quelle lezioni che rimangono nel DNA. Io ho percepito piano piano, dopo la scomparsa di mio padre – non è stato subito - quella cosa che è difficile da capire perché non la si vede, non è tangibile: la comunione dei santi. Io la sto vivendo con mio padre. Che cosa intendo con questa espressione? Quello che lui mi ha insegnato (ho avuto la fortuna di averlo come maestro) ora è dentro di me: non trasgredire mai la parola data, dire sempre la verità, rispettare lo spettatore, che non è mai solo un numero ma una persona anzi, direi meglio, una creatura. Una creatura di Dio. Tutto questo “risuona” in me…
Per questo la linea editoriale della Lux Vide non è cambiata, e finché ci sarò io, finché il Signore mi darà salute e forza, non cambierà. Certamente si evolverà, perché è importante cambiare, ma sempre rimanendo ancorati a quelle che sono le radici. E’ chiaro che i nostri prodotti devono necessariamente rimanere attaccati al mercato. Per esempio, stiamo preparando la tredicesima stagione di Don Matteo… A vedere adesso la prima, fa quasi sorridere. Ora tutto è diventato più complesso. Ci sono le linee “teen”, che parlano ai giovani, tematiche che all’inizio non c’erano. Ci sono anche tensioni sentimentali che all’inizio mancavano. Abbiamo anche “canonizzato” alcuni momenti della scrittura, nel senso che verso il 45.mo minuto c’è la redenzione, quando don Matteo redime il colpevole. Avviene cioè la confessione di quell’anima e quindi quasi un’assoluzione. Beninteso, don Matteo non assolve “tecnicamente” il colpevole, però lo riporta dentro un percorso di fede. E credo sia questo il segreto del successo della serie. La gente percepisce con forza che è sempre possibile cambiare le cose rendendole migliori. In questo senso don Matteo non è solo un detective che assicura i colpevoli alla giustizia: è un detective dell’anima.
Mi ha accennato a quello che va cambiando nelle vostre produzioni in linea con i mutamenti del costume, che voi sapientemente intuite. Che cosa è cambiato invece per le vostre produzioni in questi trent’anni a fronte dei grandi sviluppi tecnologici? E inoltre: state progettando qualcosa anche alla luce del grande cambiamento epocale dettato dalla pandemia?
R. - Necessariamente dobbiamo seguire il cambiamento della fruizione del mezzo. Oggi non c’è più solo il televisore, sono finiti i tempi in cui la famiglia si riuniva per l’appuntamento canonico. La fruizione è spezzettata in tanti veicoli diversi (il pc il telefonino…) Noi stiamo attenti anche a questo. Diamo più frequenza alle svolte narrative dentro le storie. Ci sono molti più “ganci” per tenere lo spettatore ancorato alla visione, perché la distrazione è maggiore. Quanto a quello che è successo a livello planetario… ha davvero cambiato drammaticamente il nostro mondo. Anche nel modo di lavorare. Per esempio io ho centinaia di persone che vanno sui set tutte le mattine, e questa per me è una responsabilità enorme: da noi si entra sul set solo dopo aver verificato la propria negatività al Covid. Però io penso che la pandemia abbia cambiato tutto anche dal punto di vista della drammaturgia. Abbiamo cercato grandi storie che possano essere maggiormente fonte di evasione, “riempire gli occhi” delle persone.
Per esempio partirà a breve, sempre per RaiUno, I guardiani del cielo, ambientata nelle montagne come A un passo dal cielo: io credo proprio che la gente debba alzare gli occhi verso l’alto. Non ci siamo più abituati. Se si dà un’occhiata nelle strade, si vedono persone che guardano tutte verso il basso. Invece bisogna tornare ad alzare lo sguardo verso l’alto: per chi crede guardare verso il cielo vuol dire guardare verso Dio…
Luca Bernabei ci ha fatto dono del video inedito realizzato in ricordo del padre Ettore, in occasione del suo ultimo compleanno: una lezione professionale e di vita, e, insieme, un autentico testamento spirituale.
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