Spese militari record nel 2020 nonostante la pandemia
Andrea De Angelis – Città del Vaticano
La ricchezza mondiale nel 2020 è diminuita di oltre 4 punti percentuali, complice la pandemia di Covid-19, che ancora oggi sconvolge il pianeta. Un mondo dove, però, nei dodici mesi dello scorso anno si è investito, e molto, in spese militari, con un aumento pari al +2,6%. I numeri parlano chiaro: mai dal 1988 ad oggi erano state destinate così tante risorse alle spese militari. Un record, dunque, sia nel XXI secolo, che dalla fine della Guerra Fredda.
Le cifre
Quasi 2mila miliardi di dollari - 1981 per la precisione – sono dunque stati utilizzati in spese militari. Esclusi neonati e centenari, è come se ogni cittadino del mondo avesse investito 250 dollari in armi lo scorso anno, quello della pandemia, un 2020 in cui le attività sociali e lavorative hanno subito rallentamenti ed arresti che non hanno precedenti dalla fine del secondo conflitto mondiale. I dati sono stati resi noti questa settimana dal Sipri, l’Istituto internazionale di ricerche sulla Pace di Stoccolma. Più di mille miliardi sono stati spesi dai primi cinque Paesi di questa classifica: nell’ordine Stati Uniti, Cina, India, Russia e Regno Unito. A seguire Arabia Saudita ed Italia.
Un aumento globale
Tra i primi dieci, proprio l’Italia è il Paese che ha fatto registrare il maggior incremento con un +7,5%. Gli Stati Uniti da soli hanno investito una cifra pari ad oltre un terzo del totale: 778 miliardi di dollari, quasi il 5% in più rispetto al 2019. A livello di continenti, quello dove l’aumento è maggiore è l’Africa con un +5,1%. Africano è anche il Paese dove si è verificato il più alto incremento a livello mondiale, l’Uganda (+40%), mentre nel continente è il Nord, con Algeria, Marocco ed Egitto a spendere di più in armi. Va detto però che l’Africa, da sola, spende una cifra pari al 2,2% del totale, dunque quasi un ventesimo se rapportata agli Stati Uniti. In Europa, i Paesi che hanno aumentato maggiormente gli investimenti sono Ungheria e Romania, registrando circa 20 punti percentuali in più rispetto al 2019. Nel mondo, la classifica vede dietro all’Uganda il Myanmar, dove il 1° febbraio 2021 si è registrato il golpe militare. Non mancano gli Stati che hanno visto decrescere in misura cospicua le spese militari: al primo posto della classifica il Libano (-59%), seguito da Bulgaria e Sudan, che hanno ridotto di oltre un terzo le spese militari. Anche l’Arabia Saudita fa segnare un -10%.
I tanti no alle armi di Papa Francesco
In numerose occasioni il Papa ha chiesto che non si investa in armi, che quei soldi vengano destinati all’istruzione, alla sanità. Così da riconciliare popoli e Nazioni. Ricordiamone alcune, partendo da “Dio e il mondo che verrà”, il recente libro-intervista di Papa Francesco in conversazione con il vaticanista de La Stampa, Domenico Agasso, (Edizioni Piemme-LEV). In un passaggio il Papa parla di un circolo drammaticamente vizioso:
“Non è più sopportabile che si continuino a fabbricare e trafficare armi, spendendo ingenti capitali che dovrebbero essere usati per curare le persone, salvare vite. Non si può più far finta che non si sia insinuato un circolo drammaticamente vizioso tra violenze armate, povertà e sfruttamento dissennato e indifferente dell’ambiente. È un ciclo che impedisce la riconciliazione, alimenta le violazioni dei diritti umani e ostacola lo sviluppo sostenibile. Contro questa zizzania planetaria che sta soffocando sul nascere il futuro dell’umanità serve un’azione politica frutto di concordia internazionale. Fraternamente uniti, gli esseri umani sono in grado di affrontare le minacce comuni, senza più controproducenti recriminazioni reciproche, strumentalizzazioni di problemi, nazionalismi miopi, propagande di chiusure, isolazionismi e altre forme di egoismo politico”.
Del doloroso aumento delle armi il Papa parla anche nel discorso ai membri del Corpo diplomatico accreditati presso la Santa Sede, il 7 gennaio 2019:
“Purtroppo, duole constatare che non solo il mercato delle armi non sembra subire battute d’arresto, ma anzi che vi è una sempre più diffusa tendenza ad armarsi, tanto da parte dei singoli che da parte degli Stati. Preoccupa specialmente che il disarmo nucleare, ampiamente auspicato e in parte perseguito nei decenni passati, stia ora lasciando il posto alla ricerca di nuove armi sempre più sofisticate e distruttive”.
Nel messaggio Urbi et Orbi dello scorso 4 aprile, Francesco ha definito scandaloso l’investimento in armi, chiedendo al contempo un maggiore sforzo nella distribuzione dei vaccini:
La pandemia è ancora in pieno corso; la crisi sociale ed economica è molto pesante, specialmente per i più poveri; malgrado questo – ed è scandaloso – non cessano i conflitti armati e si rafforzano gli arsenali militari. E questo è lo scandalo di oggi. […] Cristo risorto è speranza per quanti soffrono ancora a causa della pandemia, per i malati e per chi ha perso una persona cara. Il Signore dia loro conforto e sostenga le fatiche di medici e infermieri. Tutti, soprattutto le persone più fragili, hanno bisogno di assistenza e hanno diritto di avere accesso alle cure necessarie. Ciò è ancora più evidente in questo tempo in cui tutti siamo chiamati a combattere la pandemia e i vaccini costituiscono uno strumento essenziale per questa lotta. Nello spirito di un “internazionalismo dei vaccini”, esorto pertanto l’intera Comunità internazionale a un impegno condiviso per superare i ritardi nella loro distribuzione e favorirne la condivisione, specialmente con i Paesi più poveri.
Che cosa rischiamo
“La voce del Papa è l’unica che si alza con forza, decisa e precisa nel denunciare quello che è un vero e proprio scandalo”. Lo afferma, nell’intervista a Vatican News, il vicepresidente di Archivio Disarmo, Maurizio Simoncelli. Secondo l’esperto, quanto accaduto nel 2020 "è incredibile: nell’anno in cui il mondo, compresi i Paesi ricchi, facevano e fanno i conti con una pandemia che mostra tutti i limiti strutturali e di investimenti nella Sanità, la spesa militare è cresciuta fortemente”.
“Gli Stati Uniti spendono oltre dieci volte la Russia, ma l’incremento riguarda entrambi i Paesi, così come la Cina, che – prosegue – spende comunque un terzo in investimenti militari rispetto a Washington”. Secondo Simoncelli quest’anno le cose non miglioreranno: “Abbiamo proprio oggi avuto notizia di altri 8 miliardi di investimenti dei Paesi Nato in armi. Dunque – conclude – questa crescita, questo scandalo non sembrano arrestarsi ed in tal senso gli appelli del Papa devono essere ascoltati dalla società civile, l’unica che nel tempo potrà fermare tutto ciò, evitando che prima o poi il ricorso alle armi, sempre più numerose, prevalga sulle relazioni diplomatiche”.
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