Mali: l'esercito arresta il presidente e il primo ministro
Michele Raviart - Città del Vaticano
Il presidente del Mali, Bah Ndaw, e il primo ministro, Moctar Ouane, sono stati fermati dall’esercito e portati in una base militare a Kati, poco distante dalla capitale Bamako. I due, che avevano giurato lo scorso settembre, avevano consegnato pochi giorni fa la lista dei ministri del nuovo esecutivo che, in 18 mesi, avrebbe dovuto portare il Paese ad una transizione completa verso un governo civile. Lo scorso mese di agosto i militari avevano costretto alle dimissioni, in seguito alle proteste popolari, l’allora presidente Ibrahim Boubacar Keita.
Il ruolo dei militari
“Il colpo di Stato di agosto”, spiega l’africanista Enrico Casale, “ha portato al potere, di fatto, i militari e aveva dato a loro alcune posizioni chiave. Dietro la pressione della comunità internazionale, i militari sono stati tuttavia costretti a lasciare il potere dopo pochi mesi rispetto ai tre anni che si erano posti come obiettivo finale”. Nel rimpasto annunciato lunedì, in particolare, erano stati tolti all’esercito i ministeri chiave della Difesa e della Sicurezza. “Probabilmente, questi militari che sono stati esclusi”, prosegue Casale, hanno organizzato il rapimento, "ma non si capisce in realtà al momento quale sia l’obiettivo”
La condanna della comunità internazionale
In una dichiarazione congiunta, rilasciata da Unione Europea, Stati Uniti, Regno Unito e i Paesi dell’Africa occidentale riuniti nell’Ecowas e la missione delle Nazioni Unite in Mali e l’Unione Africana, hanno fermamente condannato “questo tentato colpo di mano”. In un comunicato esigono “la liberazione immediata e incondizionata” delle autorità di transizione, che “dovrà riprendere il suo corso e concludersi entro i tempi stabiliti”. La comunità internazionale, si legge ancora nella nota, “rifiuta in anticipo qualsiasi atto di coercizione, comprese le dimissione forzate”. Nel documento si sottolinea poi che "l’azione sconsiderata intrapresa” rischia “di indebolire la mobilitazione della comunità internazionale a sostegno del Mali”. Lo stesso segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, ha invitato su Twitter a mantenere la calma, chiedendo la liberazione incondizionata di Ndaw e di Ouane. Non è esclusa, in queste ore, una riunione d’urgenza del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite.
La posizione strategica del Mali
“Il Mali non è un Paese insignificante”, spiega ancora Casale, ma “è uno Stato chiave nell’area del Sahel, perché è un Paese attraverso il quale si cerca di controllare l’intera regione - insieme a Paesi come il Ciad e il Burkina Faso – in una fase molto delicata, in cui c’è una minaccia da parte delle formazioni jihadiste molto forte". "Di conseguenza, è chiaro che la comunità internazionale ritiene indispensabile avere, in loco, un governo stabile e forte che riesca a supportarla nell’enorme sforzo che sta facendo nel contrastare questa minaccia”.
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