Pena di morte, una scorciatoia militare che non garantisce sicurezza
Francesca Sabatinelli – Città del Vaticano
“Sono da 20 anni nel braccio della morte in Texas e scrivo per chiederle se può trovare nel suo cuore la possibilità di concedermi la grazia, perché io possa non essere ucciso il 19 maggio”. È una delle parti del drammatico video pubblicato pochi giorni fa dal New York Times, il cui protagonista, Quentin Jones, afroamericano di 41 anni, è stato messo a morte per iniezione letale ieri, nel carcere texano di Huntsville, per la prima volta senza la presenza della stampa, una assenza dovuta – secondo il dipartimento di giustizia locale – ad un errore di comunicazione.
Come si cambia nel braccio della morte
Nel video, l’uomo si rivolge direttamente al governatore dello Stato, Greg Abbot, al quale racconta il percorso come essere umano avviato nei due decenni trascorsi in prigione. Quentin non cerca scuse, ammette di aver ucciso, nel 1999, la 83enne prozia, picchiata a morte con una mazza da baseball per 30 dollari, necessari per droga e alcol, le dipendenze di chi vive un’infanzia fatta di povertà, abbandono e abusi. “Ma non sono più la stessa persona che vent'anni fa ha ucciso, sono diventato un uomo nel braccio della morte”, spiega ancora Quentin, con voce ferma, occhi inumiditi di lacrime, e lo sguardo sereno di chi, in caso di clemenza, è pronto “a continuare a vivere per migliorarmi”.
Crimine e povertà uccidono le persone
Il suo è stato un percorso sostenuto da oltre 1.500 persone, che si sono appellate alle autorità, e dalla famiglia, soprattutto dalla sorella della vittima, l’altra prozia Mattie, che con il suo perdono ha aiutato il nipote a cambiare, come nel video sostiene lo stesso Quentin: “Mi hanno dato la forza di cercare di fare meglio e di voler fare di meglio". “Lavoriamo per un modo migliore di affrontare il crimine e la povertà, che uccide le persone”, ha chiesto il vescovo di Fort Worth nel Texas del Nord, monsignor Michael Olson, invitando a continuare un percorso che ha visto, negli ultimi anni, la graduale eliminazione della pena capitale in 23 Stati americani, ultima, lo scorso anno, la Virginia. Dall’inizio della pandemia, anche gli Stati più repressivi, come appunto il Texas, avevano rinunciato alle esecuzioni, ora riprese con quella di ieri, la prima dalla elezione del presidente democratico Joe Biden, forte oppositore della pena di morte. “È il segnale triste di quanto barbarie, morte, banalità della violenza e, in questo caso, di Stato, insensibilità, facciano fatica ad andare via dalla nostra vita", spiega Mario Marazziti della Comunità di Sant’Egidio che, nei giorni scorsi, si era unita alla richiesta di grazia per Jones. Marazziti ricorda la ripresa, nel giugno del 2020, delle esecuzioni federali, voluta dall’amministrazione Trump, “un orrore omicida che non ha precedenti nella storia degli Usa”.
La pena capitale copre l’incapacità di risolvere i problemi
La pena di morte, dunque, continua ad essere “uno strumento mostruoso e stupido di finta giustizia, la pena di morte sta morendo ma fa sempre danni”. I governatori che ancora non cedono alla richiesta di grazia, spiega ancora Marazziti, “vendono la loro insensibilità come se fosse amore della legge e promessa di sicurezza per i cittadini”. Nel caso del governatore del Texas, Greg Abbot, “siamo davanti ad un cattolico che, in maniera evidente, non ascolta nulla del nuovo Catechismo della Chiesa cattolica, dell’insegnamento e degli inviti di Papa Francesco”, ma piuttosto si mantiene fedele ad un’agenda politica. “La pena di morte – conclude Marazziti – è sempre una scorciatoia militare che copre l'incapacità di risolvere i veri problemi sociali, mostra e promette durezza quando non si riesce a garantire sicurezza. Ma fa finta di farlo”.
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