Insieme in preghiera per il Myanmar
Giancarlo La Vella - Città del Vaticano
Un incontro interreligioso di preghiera per il Myanmar che vede uniti rappresentanti cristiani, buddhisti, hinduisti, ebrei, musulmani, bahà’ì . E’ quello promosso on line, questo pomeriggio a partire dalle 15, ora italiana, da Religions for Peace Italia insieme all’Associazione per l’amicizia Italia-Birmania. Alle 19 invece, la preghiera si svolgerà in presenza a Roma, presso il Monastero delle Benedettine di Santa Cecilia in Trastevere per i Vespri. Un "segno importante di attenzione che raggiungerà anche la ex Birmania" spiega Luigi De Salvia, presidente di Religion for Peace Italia. Il Paese, dal golpe del 1° febbraio, è sconvolto da continue proteste per la democrazia e dunque urge sostenere la sofferenza del popolo che rischia di cadere nel silenzio dell'informazione, in termini di minaccia alla libertà e ai diritti. A questo si unisce la pandemia e i problemi legati alla fame: lo sottolinea presentando questa speciale iniziativa, Luigi De Salvia, che non manca di ricordare la vicinanza del Papa per il Paese ma anche l'importanza di pregare insieme per il ritorno al più presto ad una condizione di pace e giustizia in sintonia con l'impegno già avviato dai leader religiosi in Myanmar. Quindi il suo forte appello : "Non avalliamo la repressione, impegnamoci come possiamo":
Quanto è importante sostenere il Myanmar?
Resta importantissimo essere vicini al popolo del Myanmar perchè, diversamente dalle primissime fasi, l'attenzione dei media sta calando, ma la situazione di sofferenza è grave, per quanto riguarda la libertà di espressione, la violazione di tutti i diritti costituzionali e anche la pesantezza della repressione. Aung san suu kyi è agli arresti domiciliari e la situazione è veramente tremenda. Per non parlare degli effetti della pandemia, difficili da affrontare, e della fame che affligge gran parte della popolazione. Occorre non dimenticarlo. Tra l'altro Papa Francesco, come ricordiamo tutti, è tornato più volte su questo tema con energia: lui aveva visitato il Paese toccando con mano le sfide e le difficoltà, e da sempre c'è stata una risposta locale dei leader religiosi a tentare di ricomporre le tensioni interetniche
Questa iniziativa di preghiera per l'ex Birmania è anche un momento di incontro delle religioni del mondo. Un significato importante questo?
Sì, è tra l'altro in sintonia con quanto già fa la rete di leader religiosi in Myanmar, con l'aiuto del cardinale arcivescovo di Yangon, Charles Bo, che si è sempre molto speso per questo: lavorare insieme attraverso la preghiera, ricordando i fondamenti della spiritualità e dell'etica a sostegno della dignità umana.
Importante è anche che l'iniziativa di preghiera sia affiancata da prese di posizione decisive della comunità internazionale per risolvere la crisi interna birmana?
Questo è importantissimo: si stanno muovendo vari soggetti in questa direzione, sia nell'ambito delle Nazioni Unite che della Comunità europea. Anche se le sfide internazionali sono tante, va continuata questa spinta, affiancando quella che, come ho ricordato, è la grande sensibilità di Papa Francesco.
La sofferenza del popolo birmano è ancora più forte, dopo un periodo in cui c'è stata, almeno sulla carta, la democrazia?
Certo: era già stata raggiunta a spese di grande impegno e sacrifici. Molti ricordano quale sofferenza Aung san suu kyi ha assunto su di sè per portare avanti la rivendicazione dei giovani della libertà di espressione che l'aveva tanto colpita. A maggior ragione l'aver già assaporato la possibilità di una riconciliazione, di lavorare insieme per il bene comune, rende molto più dura la realtà attuale. Per questo è importante che le varie istituzioni e le agenzie internazionali si interessino perché il problema non è solo del Myanmar, e avallare una repressione così significa danneggiare tutta l'area e non solo.
Come essere vicini in altro modo al Myanmar?
Si può essere vicini sul piano umano e sul piano umanitario come stanno facendo le diverse organizzazioni e l'evento di oggi va proprio nella direzione dell'attenzione che il mondo vuole tenere nei confronti di un Paese e del suo popolo.
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