Mali: Macron annuncia il ritiro delle truppe francesi dal Sahel
Michele Raviart – Città del Vaticano
“Non possiamo sostituirci a un popolo sovrano” né sostituirci “al ritorno dello Stato e alle sue funzioni, alla stabilità politica e alla scelta degli Stati sovrani”. Né, d’altra parte, “possiamo mettere in sicurezza delle zone che ricadono nell’anomia perché gli Stati decidono di non prendersi le loro responsabilità”. “Non possiamo”, inoltre, “soffrire l’ambiguità e non possiamo portare avanti delle operazioni congiunte con dei governi che decidono di dialogare con gruppi che sparano sui nostri ragazzi”. Con queste parole il presidente francese Emmanuel Macron ha annunciato la fine dell’operazione Barkhane in Mali, che in otto anni ha visto 5.100 soldati francesi dispiegati nell’area africana del Sahel per combattere i gruppi jihadisti che imperversano nell’area.
Pressioni interne ed esterne
Decisivo per questa scelta il costo in termini umani pagato dalla Francia – sono stati cinquanta i soldati francesi rimasti uccisi – e la situazione in Mali dove, dopo il secondo colpo di Stato in nove mesi avvenuto nelle scorse settimane, ha riportato al potere il colonnello Assimi Goita, il quale ha mandato segnali di dialogo verso i jihadisti. "La Francia vuole chiudere l’operazione Barkhane per motivi interni e motivi esterni”, speiga a Vatican News Enrico Casale della Rivista Africa. “Si stanno avvicinando le elezioni presidenziali e l’intervento della Francia in Mali non è così popolare. Di conseguenza Macron preferisce un piccolo disimpegno della Francia su questo teatro, che punta su una responsabilizzazione dei Paesi del Sahel”, afferma. “Dal punto di vista estero”, poi “Macron cerca invece una nuova collaborazione sia a livello locale sia a livello internazionale con l’intervento di altri Paesi all’interno di una nuova coalizione per contrastare questo fenomeno terroristico che comunque è intatto ed è una minaccia non solo per la Francia, ma anche per tutta l’Europa e l’Africa”.
Al via l’operazione Takuba con gli altri Paesi europei
“Non cambieremo obiettivo, ma cambieremo l’approccio”, ha ribadito Macron. L’operazione Barkhane sarà infatti sostituita da “un’alleanza internazionale che associ gli Stati della regione”. Si chiamerà Takuba e vedrà impegnati circa 600 soldati delle forze speciali di Paesi europei. La metà dei quali saranno francesi. 140 svedesi ed alcune decine di cechi ed estoni. Ancora da definire le date di inizio di questa missione, ma a questi effettivi si aggiungeranno 200 soldati italiani e un contingente danese. “La Francia in quell’area ha interessi storici e strategici, interessi che in questo momento coincidono con gli interessi di alcuni Paesi europei”, spiega ancora Casale. “Attraverso una migliore gestione del fenomeno terroristico i Paesi africani gestiranno meglio anche le dinamiche interne e quindi potranno controllare ad esempio i flussi migratori, ma anche lo sviluppo economico”.
Aumentano le violenze dei jihadisti
Negli ultimi mesi le violenze dei gruppi jihadisti, alcuni legati ad Al-Qaeda e altri allo Stato Islamico e a volte in conflitto tra loro, sono aumentate, con uno degli episodi più gravi la scorsa settimana, con 138 civili uccisi in un attacco nel nord del Burkina Faso. Una strage che colpì anche Papa Francesco, che lo scorso 6 giugno invitò all’Angelus a pregare per le vittime e la pace in Africa. Nel 2020 i civili uccisi sono stati oltre duemila e duecento, quattrocento in più dell’anno precedente. Oltre due milioni le persone sfollate dal 2013, in una delle zone più povere del mondo e in cui spesso la sicurezza è demandata a milizie autorganizzate dalla popolazione. “Già attualmente il contrasto al fenomeno terroristico è fatto anche attraverso il “G5 Sahel”, che è un coordinamento delle forze armate di Mali, Niger, Burkina Faso, Mauritania e Ciad, perché anche questi Paesi sentono molto la minaccia terroristica e la vedono come un vulnus alla loro stabilità e ai loro sistemi politici ed economici”, ribadisce Casale. “Quasi certamente da soli questi Paesi non riuscirebbero a sostenere l’impatto del terrorismo e quindi hanno bisogno di un sostegno da parte dell’Europa, cercando di sradicarlo dall’Africa”, aggiunge, “c’è un atteggiamento positivo nei confronti dell’Europa e si parla anche dell’estensione del G5 Sahel ad altri Paesi costieri dell’Africa occidentale”.
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