Afghanistan, si teme per la stabilità futura
Elvira Ragosta – Città del Vaticano
Sono dozzine i distretti nel nord del Paese conquistati dai talebani negli ultimi due mesi. Il timore è che con il ritiro completo delle truppe straniere gli insorti guadagnino ancora terreno in Afghanistan. Le autorità hanno schierato oggi centinaia di soldati e miliziani filo-governativi per contrastare la violenta offensiva che ha costretto nelle scorse ore un migliaio di soldati afgani a rifugiarsi in Tagikistan. Nei giorni scorsi gli Stati Uniti hanno abbandonato la base aerea di Bargam. Quello che in vent’anni di campagna in Afghanistan era considerato il centro nevralgico della coalizione internazionale, oggi è una base quasi deserta, la cui sicurezza dipende solo dalle forze afghane.
Eventi prevedibili e previsti
“In Afghanistan - afferma a Vatican News Marco Lombardi, docente all’Università Cattolica ed esperto di questioni afghane - sta accadendo quello che era chiaramente previsto dopo il ritiro delle truppe internazionali, ovvero da un lato la progressiva riconquista del territorio e l’occupazione delle istituzioni da parte dei talebani e dall'altra l’inconsistenza delle medesime istituzioni, che stanno abbandonando”. “Ma la vera domanda da porsi – continua il docente - è perché la politica internazionale ha scelto di abbandonare l’Afghanistan a questa serie di eventi assolutamente prevedibili previsti e già descritti”.
I rischi futuri
Da più parti si esprime la preoccupazione che l’abbandono delle truppe straniere e l’avanzata dei talebani possa determinare il collasso delle forze armate nazionali. “Da una parte – continua Lombardi – il rischio è che si torni alla Repubblica, non islamica ma islamista, talebana di un tempo e questo avrà delle ricadute incredibili sulla quotidianità degli afgani; dall'altra che l'intero territorio diventi quella sorta di campo di gioco affittato alle potenze straniere che attraverso altri si combattono in una terra che non gli appartiene”.
Progressi da preservare
Molte cose sono cambiate in Afghanistan rispetto a quando i talebani erano al potere, a partire dalla possibilità per le ragazze di studiare. Oggi, riferisce il ministero dell’Istruzione, 9,7 milioni di bambini sono iscritti a scuola e il 42 per cento di questi sono ragazze. Rispetto alle 3mila di due decenni fa, poi, sono circa 18mila le scuole aperte su tutto il territorio nazionale. Dopo la caduta dei talebani, inoltre, le donne hanno avuto accesso a posizioni elevate in ambito politico e governativo. “Come Università Cattolica abbiamo fatto 8 missioni in Afghanistan – conclude il professor Lombardi - formando tanti giovani e tante famiglie e abbiamo anche dato loro tante speranze. Oggi ci chiedono aiuto e non sappiamo che cosa fare. Quello che gli afghani hanno avuto è affidato al quei pochi carichi di buona volontà che cercano di tenere duro rispetto alle conoscenze, al modo di vita a ai valori di libertà che hanno appreso in questi anni. Dovremo trovare le modalità per far sì che quello che è stato fatto in vent'anni, almeno in termini di cultura, di condivisione e di prospettive non vada perso”.
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