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Famiglie e giovani afghani stanno lasciando il Paese Famiglie e giovani afghani stanno lasciando il Paese 

Arrivati in Italia da Kabul un sacerdote e cinque suore. Diplomazia al lavoro

I leader del G7 chiedono garanzie sui diritti, soprattutto per donne e minoranze. Medesimo appello dal Vaticano. Come preannunciato intanto dal Ministro della Difesa italiano, nel pomeriggio all'aeroporto romano di Fiumicino sono arrivati tra gli altri, padre Giovanni Scalese, cinque suore di Madre Teresa e i bambini disabili della Ong "Pro bambini di Kabul", tutti tratti in salvo dai militari italiani

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Mentre l'Unione europea quadruplica gli stanziamenti per aiutare gi afghani, il ponte aereo ininterrotto per far defluire chi deve abbandonare il Paese, è costretto a fare i conti con una situazione logistica e di sicurezza che degenera di ora in ora. Il G7 chiede corridoi umanitari per chi non farà in tempo a lasciare il Paese, intanto gli Usa hanno evacuato finora 70.700 persone da Kabul. I talebani chiudono l'aeroporto agli afghani: 'Accesso solo agli stranieri'. Corsa contro il tempo per altri 1.300 profughi da riportare in Italia; il premier Draghi chiede uno sforzo straordinario e aiuti umanitari. Il Ministro della Difesa italiano, Guerini, annuncia: "Sono 3741 i cittadini afghani tratti in salvo dall'Italia dall'inizio dell'operazione" E spiega che nel pomeriggio all'aeroporto romano di Fiumicino arriveranno 14 bambini disabili del centro "Pro bambini di Kabul", 5 suore e un sacerdote, tutti tratti in salvo dai militari italiani.

Resta il 31 agosto la scadenza per il ritiro dal Paese 

L'estensione della scadenza per il ritiro è stato uno dei punti principali della discussione di ieri al G7 che ha provocato non poche divergenze. Per l'Unione europea sarebbe stato importante che le operazioni di evacuazione e l'assistenza umanitaria continuassero oltre fine mese, ma il presidente degli Stati Uniti è stato categorico sul fatto che il rischio di attacchi terroristici è troppo grande per acconsentire agli appelli dei leader del G7 di mantenere quelle che ora sono 5.800 unità americane all'aeroporto di Kabul oltre la fine del mese. "Andremo avanti fino all'ultimo momento possibile", ha detto il primo ministro britannico Boris Johnson, che aveva apertamente fatto pressione per mantenere la presenza dell'aeroporto dopo il 31 agosto. Anche Macron si sarebbe "adattato" alla decisione americana. I leader del G7 hanno concordato inoltre le condizioni per riconoscere e trattare con un futuro governo afgano guidato dai talebani. "La nostra priorità immediata è quella di garantire l'evacuazione sicura dei nostri cittadini e di quegli afghani che hanno collaborato con noi e assistito i nostri sforzi negli ultimi venti anni, e di garantire un passaggio sicuro continuo fuori dall'Afghanistan", hanno affermato in una dichiarazione congiunta che non ha affrontato precisamente come avrebbero garantito questo passaggio sicuro continuo senza alcuna presenza militare.

"Che sia garantito il rispetto dei diritti umani"

I leader del G7 hanno scandito che "i talebani saranno ritenuti responsabili delle loro azioni sulla prevenzione del terrorismo, sui diritti umani, in particolare quelli delle donne, delle ragazze e delle minoranze e sul perseguimento di una soluzione politica inclusiva in Afghanistan". A questo proposito, già l'alto commissario Onu per i Diritti Umani, Michelle Bachelet, aveva ricevuto notizie da "fonti attendibili" che i talebani in Afghanistan stessero commettendo "esecuzioni sommarie di civili e soldati afghani" e aveva invocato il monitoraggio "da vicino" delle azioni dei fondamentalisti. Ma pronta è stata la smentita talebana. Bachelet si era unita inoltre alle diffuse richieste affinché il trattamento delle donne fosse conforme al rispetto della dignità: questo aspetto - scandiva - segnerà una linea rossa fondamentale nelle relazioni tra le Nazioni Unite e le nuove autorità afghane. Ma anche qui, il diktat dei talebani: "Per ora devono stare a casa".

Santa Sede all'Onu: riconoscere i diritti fondamentali e sostenere l'accoglienza

Mons. Putzer, della Missione permanente di osservazione della Santa Sede all’Onu, durante la 31a Sessione Speciale del Consiglio dei Diritti Umani dedicata proprio alla crisi in Afghanistan, ha invitato tutte le parti a riconoscere e sostenere il rispetto della dignità umana e dei diritti fondamentali di ciascuno, e la sicurezza degli sforzi umanitari nel Paese, in uno spirito di solidarietà internazionale, “per non perdere – ha dichiarato - i progressi fatti, specialmente nel campo della sanità e dell'educazione”. Ha esortato poi all’accoglienza dei rifugiati "in uno spirito di umana fraternità".

Dall'ospedale Emergency di Kabul: continuiamo nell'incertezza

Intanto, da Kabul, da uno dei tre ospedali di Emergency in Afghanistan, una infermiera italiana racconta per accenni del suo ritorno nel Paese, dopo esserci stata varie volte a supporto della rete fondata da Gino Strada, proprio poche ore prima dell'arrivo dei talebani e riferisce sul servizio sanitario che ancora queste strutture riescono a fornire alla popolazione: 

Ascolta l'intervista all'infermiera dell'ospedale Emergency a Kabul

"Abbiamo mantenuto aperte tutte le strutture che abbiamo nel Paese, tra cui l'ospedale a Kabul dove sto lavorando. La nostra attività non è cambiata, in sostanza", spiega. "Noi riceviamo normalmente pazienti con traumi di guerra, colpiti da proiettili o schegge da esplosioni o per ferite riportate perché saltati sulle mine. Il nostro servizio continua sia come presidio ospedaliero che come intervento di primo soccorso sul territorio negli ambulatori dove prestiamo assistenza prima dell'eventuale trasporto in ospedale. Negli ultimi giorni - precisa - stanno arrivando persone che sono rimaste ferite nella calca che si è verificata in aeroporto. Abbiamo sempre ricevuto bambini, anche in questi giorni. Rispetto ai primi due giorni in cui eravamo molto pieni - spiega ancora - adesso stiamo avendo qualche posto libero e questo ci permette di lavorare con un ritmo un poco più tranquillo".

Le preoccupazioni sul futuro da parte dello staff locale 

"Noi siamo una organizzazione che lavora qui da vent'anni con uno spirito di apertura e neutralità verso tutti - puntualizza l'infermiera - e tendiamo a mantenere questo atteggiamento di neutralità senza chiedere troppe generalità personali. In questi giorni si è lavorato come sempre, il nostro personale sta venendo al lavoro, certamente però percepiamo questa paura dell'incertezza, non sapere quale sarà il futuro prossimo e quali decisioni saranno prese, quindi come sarà organizzata la loro vita. Questo lo sento nello staff locale, sia tra gli uomini che tra le donne, forse più tra le donne che sono preoccupate circa il loro futuro nel nuovo contesto". 

I messaggi di affetto per Gino Strada
I messaggi di affetto per Gino Strada

"Nell'organizzazione mi sento tranquilla ma temo per le donne"

"Sono diversi anni che vengo qua, ero consapevole di arrivare in un momento storico di svolta e con delle dinamiche delicate. Mi porto dentro quella paura che mi porto sempre se consideriamo che si tratta di un Paese in guerra. Dall'altra parte, devo dire che in questi giorni mi sono sentita tranquilla e non ho avuto paura per me", racconta l'operatrice sanitaria. "All'interno della nostra organizzazione mi sento tranquilla. Quello che mi dispiace, ripeto, è l'incertezza che vivono i ragazzi intorno a me che, con il passare dei giorni, diventa sempre più carica di ansia per loro. Rimene un grosso punto di domanda. Bisogna attendere. Come donna avverte un timore particolare? No, per fortuna sono qua per la mia attività e sono fuori da questo contesto. Certo, anch'io sono preoccupata su come verrà regolata la vita delle donne da adesso in poi". 

Il saluto a Gino Strada

Intanto, quasi 11.000 persone hanno portato l'ultimo saluto a Gino Strada, fondatore di Emergency, nei tre giorni di Camera ardente allestita a Milano presso Casa Emergency. “Nonostante fossimo a metà agosto, tantissime persone dalla città, dall’Italia e da tutto il mondo, si sono strette in un abbraccio collettivo, testimoniando la propria determinazione a portare avanti con noi l’eredità di Gino. Gino è sempre stato in grado di vedere oltre con lucidità. Ora spetta a noi rimboccarci le maniche e imparare a guardare lontano senza di lui", ha dichiarato la presidente Rossella Miccio. 

Ultimo aggiornamento 25 agosto, ore 16.40

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24 agosto 2021, 11:00