Covax, l'Italia dona 100mila dosi di vaccino all'Iraq
Andrea De Angelis - Città del Vaticano
L'Iraq ha ricevuto domenica scorsa 100.800 dosi del vaccino AstraZeneca per il Covid-19. Lo ha annunciato in un comunicato l'Unicef, sottolineando che si tratta di una donazione fatta dall'Italia nell'ambito del programma Covax. La popolazione irachena rimane scettica sull'utilizzo dei vaccini: ad oggi, secondo gli ultimi dati forniti del ministero della Salute di Baghdad, poco più di quattro milioni di persone hanno ricevuto una o due dosi del siero, ovvero circa il 10% degli iracheni.
L'iniziativa Covax
L'Unicef lavora congiuntamente con l'Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) per aiutare i Paesi più poveri ad ottenere dosi di vaccino. Il programma Covax, voluto dalle Nazioni Unite, è una partnership pubblico-privata tra l'OMS, la Vaccine Alliance (Gavi) e la Coalition for Epidemic Preparedness Innovations (Cepi) per far sì che la pandemia si combatta con mezzi equi in ogni angolo del pianeta. Questa è la terza consegna di vaccini nell'ambito del programma Covax per l'Iraq, che, come la maggior parte delle nazioni, ha lanciato la sua campagna di vaccinazione lo scorso mese di marzo
Vaccinare tutte le persone idonee
"Come Organizzazione Mondiale della Sanità, ribadiamo un principio in cui crediamo: potremo dire di essere al sicuro solo quando lo saremo tutti e fermeremo questa pandemia solo quando tutte le persone idonee saranno state vaccinate", ha affermato Ahmed Zouiten, rappresentante dell'OMS in Iraq, citato nel comunicato stampa dell'Unicef. Secondo i dati ufficiali, in Iraq sono state contagiate oltre due milioni di persone e 21.496 sono morte dall'inizio della pandemia. Pur registrandosi un aumento di vaccinati, sono molti coloro che scelgono di non ricevere il siero. Due gravi incendi nelle unità Covid di un ospedale di Baghdad, ad aprile, e di Nassiriya, a metà luglio, hanno causato la morte rispettivamente di 80 e 60 pazienti.
Nessuno si salva da solo
In più occasioni Papa Francesco ha ribadito l'importanza di portare avanti in modo globale ed equo la lotta alla pandemia. Lo ha fatto nello storico momento straordinario di preghiera del 27 marzo 2020 in Piazza San Pietro e lo ha ribadito in più occasioni, sottolineando poi come il vaccino sia "un gesto d'amore" verso se stessi ed il prossimo. Parole, queste, pronunciate ad esempio lo scorso agosto nel videomessaggio per le popolazioni dell'America Latina:
Vaccinarci è un modo semplice ma profondo di promuovere il bene comune e di prenderci cura gli uni degli altri, specialmente dei più vulnerabili. Chiedo a Dio che ognuno possa contribuire con il suo piccolo granello di sabbia, il suo piccolo gesto di amore. Per quanto piccolo sia, l’amore è sempre grande. Contribuire con questi piccoli gesti per un futuro migliore.
Di recente, Francesco ha ribadito la convinzione sull'importanza di una campagna vaccinale su scala mondiale nel messaggio introduttivo inedito al volume "Oltre la tempesta", che raccoglie l'intervista al giornalista Fabio Marchese Ragona dello scorso gennaio. Francesco ringrazia scienziati e medici: “Grazie al vaccino stiamo tornando pian piano a rivedere la luce”, e stiamo uscendo da questo “brutto incubo” della pandemia. Ma adesso la vera sfida “è impegnarsi perché tutti nel mondo abbiano lo stesso accesso al vaccino, perché non ci siano ‘capricci’ nello scegliere la dose più famosa e soprattutto sia gratuito per chiunque ne abbia bisogno e non un qualcosa grazie al quale trarre un facile guadagno”. Il vaccino, infatti, “può salvare tante vite umane, non dimentichiamolo e non dimentichiamo che cosa ci ha insegnato la storia con altre brutte malattie del passato”.
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