76 anni fa la nascita dell’Onu, con l'obiettivo della pace mondiale
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Appena archiviati i dolori e la distruzione causati dal secondo conflitto mondiale, la comunità internazionale si chiese come garantire al pianeta un futuro di pace e come promuovere i valori liberal-democratici. Sulla scorta della precedente esperienza, post Prima Guerra mondiale, della Società delle Nazioni, purtroppo fallita, le potenze vincitrici avviarono il processo per la creazione, il 24 ottobre 1945, dell'Onu, quella che è oggi la più vasta organizzazione intergovernativa. Ne fanno parte 193 Stati, due gli osservatori permanenti: la Santa Sede e lo Stato della Palestina. Ultimo arrivato è il Sud Sudan, il 14 luglio 2011. Fu in quel periodo immediatamente post-bellico che si guardò alla pace come bene essenziale da realizzare concretamente, per guardare ad un futuro di benessere per tutto il mondo. Ogni 24 ottobre ricorre la Giornata delle Nazioni Unite, in modo che non si dimentichino gli obiettivi per cui l’organismo, con sede nel Palazzo di Vetro a New York, è stato fondato.
Il sogno della pace globale
Nell’odierna ricorrenza, guardando ai 76 anni trascorsi sotto l’egida dell’Onu, va considerato che effettivamente nuovi conflitti generalizzati non ci sono stati, ma l’Onu è ugualmente impegnata a lavorare per la pace di fronte alle decine di microconflitti, più o meno vasti, che avvengono nel nostro tempo. La “guerra mondiale a pezzi”, come definita più volte da Papa Francesco, richiede un aumentato sforzo da parte dell’Onu, che deve superare nuovi ostacoli per affermare il proprio ruolo di mediatore nelle crisi internazionali. Secondo Luciano Bozzo, docente di Relazioni Internazionali all’Università di Firenze, intervistato da Radio Vaticana-Vatican News, le difficoltà dell’Onu nell’incidere positivamente sulle crisi attuali stanno nel fatto che “oggi i conflitti tra Stati sono pressoché nulli, ma non è sparita la conflittualità globale”, cioè le situazioni che mettono a rischio la pace avvengono all’interno degli Stati. Diversi Paesi latino-americani, Etiopia, Afghanistan, Somalia, Nigeria sono solo alcuni esempi. Per le Nazioni Unite, dunque, afferma il professor Bozzo, “è molto complesso entrare dentro il corpo di compagini statali” per ridurre l’intensità di conflitti senza confliggere con la sovranità degli Stati stessi.
Le nuove sfide
E oggi mantenere la pace non dipende solo dall’evitare l’uso delle armi, dando spazio agli strumenti diplomatici di cui è in possesso la comunità internazionale, ma anche dal far fronte ad altre emergenze che, a loro volta, possono essere causa diretta o indiretta di conflitti. Luciano Bozzo ricorda i concetti espressi da Papa Paolo VI, come “il nuovo nome della pace è lo sviluppo”. Una frase che metteva in evidenza che le guerre sono state spesso figlie del sottosviluppo e di condizioni economiche difficili. Allo stesso tempo, oggi, la salvaguardia del pianeta – afferma il docente – ha stretti legami con la sicurezza globale e con la pace. Se in aree della Terra si determinano condizioni climatiche ambientali estreme, condizionando la vita produttiva di un popolo e causando carestie e migrazioni, è chiaro che queste eventualità producano una conflittualità che si riversa anche sulla stabilità dei rapporti tra gli Stati. Non a caso, nel 2015, nel 70° anniversario della nascita delle Nazioni Unite, parlando all’Onu, Papa Francesco sottolineò come “l’offesa all’ambiente è un’offesa all’umanità”. Anche la protezione della casa comune è un tema legato, dunque, alla pace.
Una riforma difficile
Il mondo in oltre sette decenni è cambiato. Gli equilibri, politici ed economici, sono diversi da quelli di metà del secolo scorso. Non c’è più la guerra fredda, quei Paesi che, una volta, si trovavano su fronti opposti oggi sono alleati. Ma, intanto, l’Onu è ancora organizzato sulla base degli esiti della Seconda Guerra mondiale. Le potenze vincitrici del conflitto sono membri permanenti al Consiglio di Sicurezza con diritto di veto, ma altri Paesi chiedono di far parte del gruppo. Lo fecero senza riuscirci, ad esempio, Germania e Giappone. Le decisioni dell’Assemblea Generale non hanno valore cogente, avendo l’organismo principalmente funzioni consultive. Ma una riforma in chiave più democratica dell’Onu, secondo Luciano Bozzo, non è di facile realizzazione. Un esempio è l’Unione Europea, dove vige il principio dell’unanimità, dove anche un piccolo Paese può bloccare una decisione utile per la maggioranza dei Paesi membri. Trasferire questa procedura a livello dell’Onu – conclude Bozzo – rischierebbe di bloccare e di complicare l’attività degli organi decisionali dell’Onu.
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