Sudan: popolazione in strada contro il golpe
Alessandro Guarasci e Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
Proteste nella notte in Sudan contro golpe militare. Una situazione ad alta tensione che ha fatto precipitare la capitale Khartoum nel caos. Reparti di soldati, intervenuti in strada, hanno aperto il fuoco sui manifestanti e, secondo quanto riferito, hanno ucciso almeno dieci persone, secondo un nuovo bilancio delle vittime, numerosi i feriti. La giunta golpista ha dichiarato lo stato di emergenza e sciolto il governo.
La questione Sudan all’esame dell’Onu
Il putsch era iniziato proprio con l’arresto degli esponenti civili dell’esecutivo di transizione, tra i quali il premier Abdallah Hamdok. E oggi è previsto che si riunisca in emergenza il Consiglio di Sicurezza dell’Onu proprio per affrontare la crisi in Sudan. L'annuncio del generale Abdel Fattah al-Burhan, alla guida del colpo di mano, ha parlato di inevitabilità della decisione a causa dell’incompetenza dei membri del governo nel guidare la transizione verso un pieno governo civile dopo il rovesciamento dell'autocrate Omar al-Bashir nell'aprile 2019.
Preoccupazione della comunità internazionale
Il resto del mondo guarda con una certa apprensione agli sviluppi della vicenda sudanese. Gli Stati Uniti hanno annunciato la sospensione di una significativa assistenza finanziaria di 700 milioni di dollari destinati alla creazione del nuovo Sudan. "Rifiutiamo totalmente lo scioglimento del governo civile di transizione e delle sue istituzioni e chiediamo il loro immediato ripristino", ha detto il segretario di Stato americano Antony Blinken.
La Chiesa del Sud Sudan vicina alla popolazione
''Il golpe in Sudan si respirava nell'aria da tempo. Tutti temevano questi eventi''. Lo ha detto il vescovo di Rumbek, in Sud Sudan, monsignor Christian Carlassare, in un'intervista all’emittente televisiva della Cei Tv2000 in merito al colpo di stato militare in Sudan. ''C'è molta preoccupazione per quanto sta accadendo in queste ore'', ha proseguito, sottolineando che ''non si sa ancora cosa succederà in Sudan''. ''C'era molta speranza nel governo appena formato. Si pensava che questo governo fosse un governo civile, progressista e aperto all'ascolto delle istanze della popolazione - ha aggiunto il presule -. In quanto governo di unità nazionale si pensava potesse essere in grado di preparare il Paese ad un futuro più democratico”.
La testimonianza di fratel Comino
Dal 2000 al 2019 il missionario laico salesiano, fratel Andrea Comino, ha vissuto le vicende alterne del Paese africano. Gli ultimi anni del regime di Omar al Bashir, il colpo di Stato militare del 2019, anno in cui ha lasciato il Sudan, e le speranze di un processo di democratizzazione che tarda a partire. Nell'intervista a Radio Vaticana-Vatican News racconta la sua esperienza. Dalla creazione di alcune scuole per educare, sia pure tra mille difficoltà, le giovani generazioni, all'osservazione dei cambiamenti politici e sociali che in pochi anni il Sudan ha vissuto: la guerra civile tra Sud e Nord del Paese e il contatto sempre stretto con la gente che ha sempre risposto con riconoscenza all'opera dei missionari.
Il missionario salesiano stigmatizza le violenze di piazza di questi utlimi giorni e mette in evidenza come il popolo sudanese non perda la speranza in un cambiamento, necessario oggi dopo la trentennale controversa presidenza di al Bashir. Degli anni della missione ricorda la vicinanza alla popolazione in difficoltà, di quanto fosse difficile trovare anche pane e medicine. Quella gente, auspica, merita un cambiamento in positivo e di vivere in un Paese che riesca a sfruttare tutte le sue risorse. Saranno proprio i giovani, afferma fratel Comino, gli stessi che si sono formati nelle scuole salesiane, che oggi hanno la preparazione e la capacità di far voltare pagina al Sudan.
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