La Siria tra crisi umanitaria e slanci sul piano diplomatico
Fausta Speranza – Città del Vaticano
La crisi da Covid-19 in Siria si somma alla situazione sanitaria già compromessa. Secondo dati dell’Onu, l’80 per cento della popolazione vive sotto la soglia della povertà. Il conflitto in dieci anni ha provocato 500.000 vittime, 6,5 milioni di profughi e altrettanti sfollati interni. La metà degli ospedali del Paese sono ancora distrutti o resi inagibili dai bombardamenti. Mancano farmaci e strumentazione medica, mentre la pandemia continua a diffondersi.
L’appello Onu per gli aiuti
Martin Griffiths, coordinatore per le emergenze delle Nazioni Unite, ha fatto sapere che finora l'Onu e i suoi partner hanno ricevuto solo il 27 per cento dei finanziamenti necessari per il piano di risposta umanitaria del 2021 per la Siria, che prevede 4,2 miliardi di dollari. Non si può dimenticare la Siria che sembra uscita dai riflettori mediatici mentre ci sono emergenze da raccontare, come sottolinea Daniele De Luca, docente di Relazioni internazionali all’Università del Salento:
Di Siria non si parla – mette in evidenza De Luca - invece ci sono sviluppi da raccontare sia dal punto di vista diplomatico che militare. De Luca cita la visita del ministro degli Esteri degli Emirati Arabi Uniti a Damasco di qualche giorno fa per sottolineare che Bashar Al Assad sta intavolando nuovi rapporti con Paesi dell’area, in particolare ottenendo aperture dai Paesi del Golfo, come Emirati Arabi Uniti e Bahrein, che – ricorda – sono i Paesi che hanno siglato il cosiddetto Accordo di Abramo con Israele. Si tratta di un’apertura non soltanto finalizzata agli aiuti ma ovviamente per motivi geopolitici di equilibri. De Luca evidenzia anche che per quanto riguarda Arabia Saudita e Qatar non si registrano mosse diplomatiche.
Una situazione fluida
Lo studioso De Luca definisce la situazione in Siria oggi “fluida”, per la presenza sul territorio di forze straniere. E per quanto riguarda il terrorismo ricorda che Daesh, cioè il sedicente Stato islamico, è stato vinto, ma ricorda che in certi contesti restano fortissime le tensioni tra alcune minoranze, e dunque ci si deve aspettare che certe forze estremistiche si trasformino o si ricompattino. A proposito dell’annuncio del rientro della Siria nella Lega Araba a marzo prossimo, fatto nelle scorse settimane, De Luca commenta che è sempre positivo il ritorno di un Paese, tanto più se ha vissuto una guerra, nell’alveo di un consesso di più nazioni, perché favorisce ovviamente il dialogo per definizione. Ma il punto è – sottolinea – che non è chiaro in questo momento quale forza abbia e quale ruolo possa avere nel prossimo futuro la Lega Araba.
Nel sud, il presidio a Daraa
Nella regione di Daraa, nel sud, le forze di Damasco stanno continuando le operazioni di reinsediamento e di sicurezza, sulla base dell’accordo con notabili locali raggiunto il primo settembre scorso con la mediazione di Mosca. Il governatorato risulta oramai controllato a livello militare dalle forze di Damasco, che hanno ripreso il controllo anche di Daraa al- Balad, un distretto meridionale dell’omonimo governatorato, controllato per molto tempo da gruppi dell’opposizione. Si tratta del distretto che, a partire da giugno scorso, è stato posto sotto assedio per oltre 65 giorni, senza possibilità di ingresso di soccorsi e aiuti umanitari per gli oltre 40.000 abitanti. La situazione ha alimentato crescenti scontri, definiti i peggiori degli ultimi tre anni, fino all’accordo a settembre. Nel distretto di Daraa al- Balad si continuano a registrare attentati contro membri dell’esercito siriano e suoi affiliati. Le forze siriane hanno chiuso la strada che collega Sheikh Miskin e il distretto di Izraa, dopo l’attacco che l’8 novembre ha provocato la morte di due agenti siriani. Nel mese di novembre è arrivata notizia anche di esplosioni a Raqqa, nel nord della Siria, o nella città di Qamishli, nel governatorato di Hasakah, nel nord-est della Siria. Secondo fonti locali, anche ad est, nell’area di al-Bukamal, di Deir Ezzor, si sono registrati bombardamenti.
Nel nord l’emergenza di Idlib
Fortissime tensioni si registrano anche a nord, in particolare a Idlib. I presidenti di Turchia e Russia, Recep Tayyip Erdoğan e Vladimir Putin, hanno raggiunto un accordo di cessate il fuoco nel governatorato, siglato il 5 marzo 2020 ed esteso al termine dei colloqui svoltisi a Sochi il 16 e 17 febbraio scorso, che ha fatto sì che nessuna delle parti belligeranti lanciasse una più ampia offensiva. Restano però sacche di opposizione e disordini. C'è poi l'emergenza dal punto di vista umanitario per il milione di sfollati provenienti da varie zone della Siria in questi anni di guerra, che si sono aggiunti ai tre milioni di abitanti dell'area. L'emergenza è drammaticamente aggravata dalla pandemia che risulta fuori controllo tra gli sfollati, come sottolinea ancora Daniele De Luca.
L'incubo delle bombe inesplose
Nell’ultimo anno inoltre 3.000 bambini e bambine sono rimasti feriti o uccisi da mine e ordigni inesplosi, spesso mentre giocavano in zone residenziali. Oltre 11,5 milioni di persone vivono in comunità contaminate e già 6000 civili ne sono stati colpiti. In particolare, quasi nessuna area nel nord-ovest è libera da ordigni.
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