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Visitatori impugnano le armi in una fiera dell'industria militarei n Colombia Visitatori impugnano le armi in una fiera dell'industria militarei n Colombia 

La pandemia non ferma il commercio delle armi: + 1,6 per cento nel 2020

Un rapporto del Sipri di Stoccolma segnala il quinto aumento consecutivo del fatturato bellico dal 2015. Quarantuno delle prime cento aziende sono statunitensi. Maurizio Simoncelli dell'Archivio disarmo: Il Papa è l'unico a condannare apertamente questo traffico

Michele Raviart - Città del Vaticano

Sebbene la pandemia di coronavirus abbia causato una contrazione globale dell’economia pari al 3%, i grandi gruppi industriali del comparto militare e della difesa hanno aumentato il loro fatturato dell’1,3% nel 2020, raggiungendo la cifra record di 470 miliardi di euro di ricavi. È quanto emerge da uno studio pubblicato dal Sipri, l’istituto internazionale di ricerca per la pace con sede a Stoccolma.

Il primato degli Stati Uniti

Si tratta del sesto aumento annuale consecutivo dal 2015 e anche se la crescita dello scorso anno è stata più debole rispetto al 2019, quando era stata del 6,7%, negli ultimi cinque anni l’aumento delle prime cento aziende del settore è stato del 17%. A beneficiare dell’aumento sono state principalmente i colossi americani Lockheed-Martin, Raytheon Technologies, Boeing, Northrop Grumman e General Dynamics, ma tutti i Paesi hanno visto una crescita della vendita delle armi delle loro industrie militari, ad eccezione della Russia (-6,5%) e della Francia (-7,8%). Tra le prime cento industrie di armi 41 sono statunitensi, che coprono il 56% del mercato, seguite da 26 aziende europee (26%) e la Cina (13% con cinque produttori).

Aumentano i budget per la difesa

“È un quadro complesso”, spiega a Vatican News Maurizio Simoncelli, vicepresidente di Archivio Disarmo, “perché alcuni Paesi hanno visto una decrescita delle loro vendite, mentre altri Paesi, invece hanno visto una notevole crescita”. “Queste aziende”, spiega, “hanno continuato a lavorare indipendentemente dal lockdown generalizzato, hanno avuto permessi speciali e hanno continuato a produrre e a vendere. Questo è anche legato alle decisioni che sono state prese a livello delle le maggiori alleanze militari come la Nato, ma anche la Cina che sta aumentando le sue spese militari. Ovviamente con un aumento dei bilanci della difesa, aumentano anche gli acquisti”. Un commercio destinato nel 42% dei casi all’area asiatico-pacifica, seguita al 36% dal Medio Oriente.

Ascolta l'intervista integrale a Maurizio Simoncelli

Gli appelli di Papa Francesco

Un problema ben che anche a Papa Francesco che anche a Lesbo, parlando ai migranti, ha ricordato come nell’opinione pubblica si instilli la paura dell’altro e non si ha lo stesso piglio nel parlare di fenomeni come lo sfruttamento dei poveri o del commercio di armi. “Purtroppo Papa Francesco, è l'unica voce autorevole a livello internazionale che chiaramente e ripetutamente ha condannato la produzione e il commercio di armamenti mettendo in evidente relazione la fornitura di armi all'incremento dei conflitti a all'incremento delle masse di profughi che scappano e che arrivano sulle coste e sui territori dell'Europa dove invece trovano muri di paura” conclude Simoncelli, che ribadisce: “Purtroppo è l'unico che parla su questo in modo chiaro, ma credo che sia fondamentale l'azione del Papa in questo senso risvegliare quantomeno le coscienze”.

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06 dicembre 2021, 13:35