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Rifugiati camerunensi in Ciad Rifugiati camerunensi in Ciad 

Nord del Camerun scosso dalle violenze intercomunitarie

Decine di migliaia di persone sono fuggite in Ciad dopo gli scontri tra allevatori e agricoltori scoppiati per l’accesso alle risorse idriche. I cambiamenti climatici hanno quasi prosciugato i bacini della Regione. Casale: bisogna lavorare per offrire alternative economiche e lavorative

Marco Guerra – Città del Vaticano

Almeno 22 morti, 30 feriti gravi e 30mila sfollati è il bilancio delle violenze comunitarie che da domenica scorsa scuotono il nord del Camerun. Gli scontri sono scoppiati nel villaggio di frontiera di Ouloumsa in seguito a una disputa tra mandriani, pescatori e agricoltori legata alle risorse idriche in esaurimento. Le tensioni si sono poi estese ai villaggi circostanti, dieci dei quali sono stati dati alle fiamme e rasi al suolo.

La fuga verso il Ciad

L’Unhcr, agenzia Onu per i Rifugiati, ha espresso profonda preoccupazione per le violenze intercomunitarie riesplose questa settimana nella regione. L’agenzia riferisce che l’8 dicembre, in seguito agli scontri esplosi a Kousseri, città camerunense centro di commerci con una popolazione di 200.000 abitanti, anche il mercato del bestiame è stato distrutto. Almeno 10.000 persone sono fuggite dirigendosi verso la capitale del Ciad, N’djamena, situata pochi chilometri oltre i fiumi Chari e Logone, che segnano il confine col Camerun. L’ottanta per cento dei nuovi arrivati è costituito da donne, di cui molte incinte, e minori. “Ancora una volta – si legge in una nota dell’Unhcr -, il Ciad ha assicurato accoglienza, e le autorità, insieme ai partner umanitari, si stanno mobilitando rapidamente per prestare assistenza ai rifugiati camerunensi garantendo loro alloggi e aiuti d’emergenza”.

Scontri iniziati per l’accesso all’acqua

Intanto forze di sicurezza camerunensi sono state dispiegate nella regione dell’Estremo Nord, ma la situazione resta instabile e l’Unhcr è stata costretta a sospendere le operazioni nelle aree colpite. Una prima esplosione di violenze intercomunitarie si era registrata ad agosto. In quell’occasione, 45 persone erano rimaste uccise e 23.000 erano state costrette a fuggire."Siamo in pieno conflitto intercomunitario", ha detto un funzionario regionale del Camerun, citato dalla Reuters, e un leader locale, che ha chiesto di non essere nominato, ha confermato che le violenze sono iniziate per l'accesso all'acqua. "Gli Arabi Choa volevano portare le loro mandrie sulle rive di un fiume. I Mousgoum e i Massa glielo hanno impedito", ha raccontato il capo tribale.

Scarse precipitazioni aggravano emergenza

L’emergenza climatica sta aggravando le tensioni esistenti nella regione camerunense. Negli ultimi decenni, la superficie del Lago Ciad, di cui il Logone è il principale immissario, si è ridotta del 95 per cento. Pescatori e agricoltori hanno scavato profondi fossati per conservare le acque fluviali restanti in modo da poter continuare a pescare e irrigare le coltivazioni. Tuttavia i fossati fangosi talvolta si rivelano mortali per il bestiame, innescando così tensioni e conflitti. La situazione è aggravata dalle scarse precipitazioni dello scorso novembre che hanno prosciugato fiumi e stagni stagionali da cui dipendono le comunità.

Appello Onu alla Comunità internazionale

L’Unhcr esorta a porre immediatamente fine alle violenze e chiede il sostegno della comunità internazionale per assicurare assistenza. Il Ciad accoglie quasi un milione di rifugiati e sfollati interni, mentre quelli presenti in Camerun sono più di 1,5 milioni. Le risorse finanziarie necessarie per rispondere alla situazione in entrambi i Paesi restano estremamente insufficienti. Le richieste dell’Onu per il 2021 in Camerun (99,6 milioni di dollari) e in Ciad (141 milioni) sono finanziate rispettivamente solo al 52 e al 54 per cento.

Casale: tensioni causate da cambiamenti climatici

“Alla base delle tensioni ci sono i cambiamenti climatici che hanno portato ad una riduzione delle risorse idriche. Le popolazioni dedite all’allevamento si scontrano con quelle dedite all’agricoltura non solo in Camerun ma in tutto il Shael, con fiammate di conflitto molto forti che provocano sfollamenti e vittime”, l’africanista Enrico Casale, contestualizza in ambito regionale le violenze avvenute nel nord del Camerun. E’ quindi un problema complesso – spiega ancora – che si risolve con una buona gestione del territorio e dei rapporti tra le comunità.

Ascolta l'intervista a Enrico Casale

Le conseguenze sul piano regionale

Secondo Casale quanto accade può creare tensioni a livello regionale, perché gli sfollati si riversano in Paesi che vivono già delle loro tensioni interne. “Questi scontri intercomunitari non hanno solo un riflesso locale – prosegue – per questo dovrebbero intervenire le organizzazioni sovranazionali”. Bisogna tenere inoltre in considerazione che i gruppi terroristici sfruttano queste tensioni per i loro fini, per questo la cooperazione internazionale sta lavorando con le comunità sul territorio per offrire delle alternative nelle fonti di sostentamento.

 

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11 dicembre 2021, 12:46