La lezione di Monica
Rosario Tronnolone - Città del Vaticano
Oggi l'ultimo saluto a Monica Vitti scomparsa il 2 febbraio scorso all'età di novanta anni. Chiusa la camera ardente alle 13, i funerali si svolgeranno alle 15 nella Chiesa degli Artisti a Piazza del Popolo a Roma. Continuo e commosso è stato in queste ore l'omaggio dei colleghi, dei rappresentanti del mondo della cultura, della politica, dell'arte e soprattutto di tanta gente comune nel mare di mimose e rose soprattutto gialle, il colore preferito dall'attrice, posto intorno al feretro. La sua lezione artistica e umana emerge nelle parole di Caterina D'Amico, che nell'autunno del 1988, appena entrata nel Consiglio di Amministrazione del Centro Sperimentale di Cinematografia con delega per la Didattica, organizzò una serie di Master Class, invitando alcuni dei nomi più prestigiosi dei vari settori professionali del cinema. Per la recitazione, scelse un attore e un'attrice, Marcello Mastroianni e Monica Vitti. Una scelta felice, certo, ma quasi obbligata, ci spiega.Alla metà degli Anni '50 poi , quando lei si affacciò sulla scena e sugli schermi - spiega Caterina D'Amico - andavano di moda bellezze clamorose e molto appariscenti: lei invece si impose da subito in modo diverso. La sua lezione artistica e umana può forse riassumersi in due parole: libertà e generosità:
Caterina D’Amico, sei stata proprio tu a volere Monica Vitti per delle lezioni al Centro sperimentale di cinematografia?
Si, è successo proprio nei primi mesi. È stata una scelta ovvia. Io arrivai nell’autunno del 1988 con Lina Wertmüller e decidemmo di inaugurare quel primo anno accademico invitando una serie di cineasti di prestigio per una serie di lezioni introduttive. Il regista che invitammo fu Sergio leone. I due attori che vennero – fecero delle bellissime lezioni - furono Marcello Mastroianni e Monica Vitti. Fu una bella scelta. Lei era l’attrice per antonomasia.
Già la conoscevi?
Si, la conoscevo molto bene. Lei era stata allieva dell’Accademia d’arte drammatica. Era stata allieva di mio nonno, quindi c’erano antichi legami familiari. La conoscevo molto bene. La frequentavamo moltissimo. Era una donna molto simpatica, molo intelligente e brillante.
Nel corso della carriera, Monica Vitti ha puntato più sulla simpatia e sull’intelligenza piuttosto che sulla sua straordinaria bellezza…
Sì, Monica sicuramente era molto bella ma soprattutto era ‘inconsueta’. Arriva alla ribalta dello spettacolo italiano alla metà degli anni ‘50 quando lo stile femminile dominante è di altro tipo: è una presenza soprattutto di dive molto appariscenti. Lei si pone subito in modo diverso. In questa grande proliferazione di articoli e testimonianze in occasione della sua scomparsa, tutti hanno fatto a gara nel dire che la vena brillante di questa attrice drammatica è stata rivelata da Monicelli. Per quanto io possa ammirare questo regista, non è vero. Monica Vitti era una attrice brillante ed è Antonioni, piuttosto, che ne scopre il potenziale anche intimista e drammatico. Monica nasce a teatro come grande attrice brillante. Si ricorda poco il suo peso come attrice teatrale. Quando lei esce dall’Accademia d’arte drammatica negli anni ’50, ha un successo enorme in un piccolo teatro romano che era l’Arlecchino con uno spettacolo che fece storia. Lei comincia dunque la carriera come attrice brillante. Poi l’incontro con Antonioni porta alla svolta intimista e drammatica. Con la sua voce inconsueta ha fatto anche la doppiatrice. Antonioni la volle proprio come doppiatrice nel film “Il grido”. Lì nasce il loro sodalizio che comincia con uno spettacolo teatrale.
Quale è stata la lezione umana e artistica di Monica Vitti?
Soprattutto quella di una grande, profonda libertà. Una libertà non ostentata. Monica è stata una attrice che non ha avuto paura di cimentarsi con registi tanto diversi. Ha interpretato ruoli non omologati. Non ha avuto paura di essere eccessiva e, allo stesso tempo, ha gestito questo eccesso con grande misura e attenzione. Pur essendo molto attenta alla sua immagine, ha osato molto. Lei ha anche insegnato tanto, con grande generosità, all’Accademia d’arte drammatica.
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