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Esercitazioni militari aperte alla popolazione - Ucraina Esercitazioni militari aperte alla popolazione - Ucraina

Ucraina, si persegue la strada della diplomazia. La Russia inizia il ritiro

A Mosca colloquio tra il presidente Putin e il cancelliere tedesco Scholtz, mentre Lavrov smentisce l’invasione data per domani. Don Taras Zheplinskyi della Chiesa greco-cattolica: le parole del Papa sono un grande sostegno per gli ucraini che non sono né soli né abbandonati

Francesca Sabatinelli e Fabio Colagrande – Città del Vaticano

Il dialogo continua, perché è la strada che potrebbe dare risultati, secondo il ministro degli estri russo Serghei Lavrov, che esalta il canale diplomatico nel giorno in cui al Cremlino ha preso il via l’incontro tra il presidente russo Putin ed il cancelliere tedesco Scholz, ieri a colloquio a Kiev. Alla vigilia di quella che è stata indicata quale data per l’invasione, il 16 febbraio, Mosca, che bolla la notizia come terrorismo mediatico, conferma l’inizio del ritiro delle sue truppe, una mossa già pianificata, precisa Lavrov, e che non dipende da quella che definisce “isteria dell’Occidente”. Proprio stamane era arrivata la richiesta di ritirare le truppe da parte della ministra degli esteri tedesca Annalena Baerbock, ripetuta poi dagli stessi ucraini, per i quali soltanto quando si vedrà il ritiro di tutte le truppe dalla frontiera, si potrà credere in una de-escalation. Stesso scettiscismo viene manifestato dal segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, secondo il quale “non ci sono segnali sul terreno che la Russia stia riducendo le truppe ai confini dell'Ucraina". Stoltenberg però, allo stesso tempo, parla di “cauto ottimismo” in relazione alla strada diplomatica.

La richiesta della Duma sul Donbass

La tensione potrebbe anche sciogliersi in un attimo, nel caso in cui l’Ucraina dovesse abbandonare i piani di adesione alla Nato, è l’ulteriore indicazione di Lavrov, alla quale però Kiev risponde prontamente, per voce del presidente Zelensky, che non recede dall’intenzione di entrare nell’Alleanza, uno dei punti che hanno innescato la crisi. A gettare ancora più benzina sul fuoco provvede la Duma, il ramo basso del parlamento russo con la sua richiesta al presidente Putin di riconoscere le autoproclamate repubbliche separatiste di Donetsk e Lugansk, nel sud-est ucraino, dove la Russia è accusata di sostenere i separatisti nel conflitto del Donbass, possibilità però esclusa da Mosca, che intende restare fedele agli accordi di Minsk che, dichiara il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, prevede un percorso di autonomia per la regione dell'Ucraina controllata dai separatisti filorussi.

Il sostegno del Papa 

In Ucraina, intanto, si spera, nella pace, restando vigili e pronti ad una eventuale controffensiva e, nel caso, ad abbandonare il Paese. È Don Taras Zheplinskyi, capo redattore del Dipartimento di comunicazione della Chiesa greco-cattolica ucraina, a raccontare che nessuno vuole una guerra, ma che ci si prepara agli scenari peggiori, per questo, spiega, “le persone hanno preparato una valigia di emergenza, dove hanno messo le cose più importanti i documenti e tutto ciò che potrebbe servire in caso di attacco”. Padre Zheplinskyi torna alle parole del Papa, pronunciate all’Angelus del 13 febbraio, le definisce “un grande sostegno, una forza, un incoraggiamento” per gli ucraini in questa situazione difficile. Parole che fanno capire che “in Ucraina non siamo soli o addirittura abbandonati”. È forte la gratitudine verso Francesco e verso tutte le persone che risponderanno al suo invito di pregare per la pace, perché la preghiera del Papa “non unisce solo i cattolici, ma anche tutte le persone di buona volontà”.

Ascolta l'intervista con Don Taras Zheplinskyi

La proposta dei vescovi ucraini

Il sacerdote ripercorre la tensione vissuta negli ultimi otto anni al confine, pensa alle minacce che aumentano e alla paura delle persone, che però “fanno quello che devono fare: c’è chi va a scuola, chi va al lavoro, nessuno fugge, ognuno fa la sua parte, la vita continua. Anche se certo le persone non percepiscono queste minacce come fossero una favola”. La speranza di padre Zheplinskyi è riposta nella diplomazia, ma non solo, anche nel fatto che, così come indicato dai vescovi ucraini, possa crescere un forte senso di unità della comunità. “Dobbiamo essere uniti – precisa – non dobbiamo lasciarci o sentirci soli, ma dobbiamo provare, vedere un fratello e una sorella accanto e creare una comunità”. I vescovi, spiega ancora, presentano una proposta in quattro punti, nella quale si indica la necessità di preghiera; la concreta volontà di aiutare chi è nel bisogno, a cominciare da chi ha bisogno di cibo; l’importanza di consolidare la società ucraina e di predicare la speranza che, per Zheplinskyi, passa soprattutto attraverso la diplomazia, vista come soluzione rispetto all’opzione militare. “Siamo molto grati agli sforzi che i diplomatici europei hanno compiuto fin qui”, conclude il religioso, non senza citare l’importante apporto della diplomazia della Santa Sede, grazie alla quale “la guerra non è ancora cominciata”.

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15 febbraio 2022, 14:24