No alla guerra in Ucraina e a tutti i conflitti
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
C’è una mobilitazione civile generale in Europa e nel mondo per condannare l’invasione russa dell’Ucraina e per chiedere la fine dei bombardamenti. La società civile sta mostrando forte sensibilità e le mobilitazioni popolari nascono giornalmente. Dimostrazioni anche di poche decine di persone, promosse da organizzazioni di varia ispirazione si registrano in tutte le città. Ieri è successo anche a Roma. Ai microfoni di Radio Vaticana/Vatican News, Barbara Piccinini esprime il dissenso per questa guerra incomprensibile, che sta provocando dolore, morte e distruzione.
Barbara Piccinini, perché la guerra in Ucraina ci colpisce così profondamente?
Questa guerra ci sembra più vicina semplicemente perché in realtà c'è un riflesso di similitudine con il popolo ucraino. Ma noi pensiamo, ed è per questo che oggi abbiamo voluto qui solo le bandiere della pace, che tutte le guerre ci devono riguardare, perché il riarmo dei Paesi, l'aumento delle spese militari e il fatto che non si sia voluta prevenire questa guerra, come non si vogliono prevenire altre guerre nel mondo, rende tutto il mondo un terreno di guerra che può far esplodere in qualunque momento un conflitto globale. Questo ci colpisce di più, perché c'è di mezzo la Russia, c'è la Nato, è un conflitto che praticamente è dentro casa nostra, però ci sono tantissime altre guerre che ci riguardano. Il mondo è pieno di guerre che sono combattute senza il nostro consenso.
La ricaduta più drammatica è quella sulla gente, sui civili, che forse neanche conoscono il perché si combatta…
Sicuramente, noi infatti siamo al fianco dei popoli, al fianco del popolo ucraino, ma anche del popolo russo che avrà pesanti ripercussioni da questo conflitto. Perché i popoli non decidono nelle nostre democrazie e anche nelle autarchie, essi sono le prime vittime. Abbiamo milioni di profughi che vengono a bussare alle porte di un Europa che è pronta sì ad accogliere i fratelli ucraini, ma non è pronta ad accogliere i fratelli siriani, afghani o africani che attraversano il Mediterraneo. Quindi le persone sono sempre incolpevoli, perché non possono decidere e spesso e volentieri subiscono soltanto le conseguenze fino allo stremo. Lo vediamo oggi in Ucraina: sono costrette ad abbandonare la loro vita, la loro casa, ad essere insicure, a vivere sotto le bombe, a dover avere rifugi di fortuna la notte per non morire dentro casa. Quindi è tutto molto complicato e, come sempre, sono i popoli e la gente comune che pagheranno il prezzo di questa guerra.
Perché un corpo senza vita a Kiev o a Leopoli fa più impressione di un corpo senza vita a Kabul, Damasco o Baghdad?
E’ difficile rispondere a questa domanda, perché per me sono tutti uguali. Credo che ci sia un effetto di immedesimazione, perché quello che sta avvenendo è vicino ai nostri confini e le persone coinvolte ci assomigliano: sono cristiani ortodossi, la loro era la vita che facciamo adesso noi, non era una vita diversa e non erano troppo lontani. Credo che forse sia proprio la vicinanza geografica che fa aumentare il livello dell'empatia. Però io non so rispondere, perché ci sia più emozione nel vedere un corpo senza vita a Kiev piuttosto che un corpo senza vita, ad esempio, sulla rotta balcanica, perché per me sono identici.
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