Torna il terrore in Israele: in una settimana 11 vittime in tre attentati
Alessandro Di Bussolo – Città del Vaticano
Torna il terrore in Israele: con l’attentato di ieri pomeriggio a Bnei Brak, sobborgo ortodosso di Tel Aviv, che ha causato 5 vittime e alcuni feriti, si è arrivati a 11 morti per terrorismo in una settimana, il numero più alto dal 2006. Il commando di ieri sarebbe stato di tre persone: l’attentatore ucciso è di Jenin, nel Paese come muratore senza permesso di lavoro, già in carcere per spaccio di armi e terrorismo. Un complice sarebbe stato arrestato, e un altro sarebbe ancora in fuga.
Tra le cinque vittime, anche 2 cittadini ucraini
Il gruppetto ha sparato nel mucchio in tre diversi luoghi con i fucili mitragliatori: sui pedoni, alle auto, ai tanti israeliani che usano le biciclette elettriche. Le vittime hanno tra i 23 e i 36 anni, e due sono cittadini ucraini. Gli attentatori sarebbero tutti palestinesi della Cisgiordania come durante la seconda intifada agli inizi del Duemila. A colpire le altre 6 vittime, martedì scorso e poi domenica, sono stati invece arabi cittadini di Israele, non legati ad organizzazioni come Hamas ma ispirati all’ideologia dello Stato islamico.
Hamas non coinvolta, ma “esalta” gli attentatori
Hamas da Gaza ha comunque esaltato “la missione eroica a Tel Aviv” perché da sempre considera il centro economico del Paese il bersaglio più importante dei suoi lanci di razzi. Con i simpatizzanti della Jihad starebbe riaccendendo la violenza, anche in opposizione al presidente palestinese Abu Mazen.
La condanna del presidente palestinese Abu Mazen
Che infatti ha condannato l’attentato: "L'uccisione di civili palestinesi ed israeliani - ha dichiarato - può solo deteriorare ulteriormente la situazione, specialmente alla vigilia del santo mese del Ramadan e delle festività cristiane ed ebraiche". E ha messo in guardia da possibili attacchi di ritorsione contro palestinesi da parte di coloni. "Il ciclo di violenze - ha concluso il presidente palestinese - conferma che una pace durevole e comprensiva è la via più breve per la sicurezza e la stabilità".
In discussione la strategia del governo Bennett
In discussione ora è la strategia del governo israeliano di Naftali Bennett, che come il predecessore Netanyahu punta a rimpicciolire il conflitto senza pensare a un accordo di pace, garantendo il lavoro ai palestinesi. Un po’ più di benessere economico in cambio della tranquillità. La coalizione al potere a Tel Aviv per la prima volta è sostenuta da un partito arabo, il cui leader Mansour Abbas vive nella stessa cittadina dei terroristi dell’attacco di tre giorni fa: ha condannato le azioni, teme che le ripercussioni coinvolgano tutti gli arabi israeliani.
Nel 2021, durante il Ramadan, 11 giorni di guerra con Hamas
Bennett, leader del partito dei coloni, appresenta anche pezzi dell’estrema destra che chiederanno una reazione molto dura. Risultato positivo al Covid, il primo ministro ha ascoltato gli ufficiali dell’esercito e i capi dello Shin Bet via video. Promette “il pugno di ferro”. I servizi segreti e l’esercito erano già in allerta, perché il Ramadan che inizia domenica coincide con le festività ebraiche e cristiane a metà mese. L’anno scorso gli scontri a Gerusalemme tra i palestinesi e la polizia, durante il mese più sacro per i musulmani avevano portato agli undici giorni di guerra con Hamas. Lo scontro si era allargato ad arabi ed ebrei, cittadini israeliani contro altri cittadini israeliani, proprio nelle città dove la convivenza era sembrata possibile.
L’attacco di domenica ad Hadera
L'attacco di domenica sera ad Hadera, è avvenuto in coincidenza con lo storico summit che ha riunito domenica e lunedì nel Negev i ministri degli Esteri di Israele, Stati Uniti e quattro paesi arabi: Egitto, Marocco, Emirati Arabi Uniti e Bahrein.
La condanna del segretario generale dell’Onu
Il segretario generale dell'Onu, Antonio Guterres, condannando gli attacchi, ha sottolineato "questi atti di violenza non possono mai essere giustificati” ed ha chiesto “l fine immediata della violenza, che serve solo a minare le prospettive di pace".
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