Addio a Maria Romana De Gasperi: una vita vissuta con audace umiltà
di Monica Mondo
Non sarà un caso che con la scomparsa di Maria Romana De Gasperi, la notte scorsa, siamo costretti a riandare alla figura di suo padre proprio ora, in questo tempo fosco di presagi guerreschi, di esitazioni dell’Europa che lui aveva sognato. Alcide, ovvero lo statista, il presidente del Consiglio, fondatore della Democrazia Cristiana, che aveva immaginato, lavorato e combattuto per un’Italia democratica, per una Costituzione capace di sostenerla, pacificando il Paese devastato dal conflitto mondiale e dalla guerra civile. Un politico, un cristiano, libero e saldo, sempre affidato a Dio, mai alle sue forze. Un uomo capace, dal carcere in cui era recluso per il suo antifascismo, di rasserenare la famiglia, preparando un libretto per la sua bambina: ritagliava le illustrazioni della Terra Santa da un giornale trovato per caso per comporre quadretti con la storia del Natale di Gesù. Quella bimba, Maria Romana, si spaventa quando lo vede rientrare a casa: questo papà mai conosciuto, che le pareva così vecchio e provato. Sarà lei la sua roccia, il suo braccio, la sua confidente, segretaria, custode di ogni sua memoria, di ogni sua opera. Soprattutto dei suoi ideali, della sua visione della politica, dell’impegno dei cristiani per vivificarla.
In eredità la tenacia del padre
In un freddo pomeriggio di gennaio prendevamo il tè e si inteneriva per una brillante pianta di ciclamini fucsia, i suoi preferiti. Piegata dagli anni, lucidissima, vivace, appassionata. Le erano come al solito arrivate lettere da ogni parte d’Italia, per chiederle di scrivere, di raccontare, per sentire il suo pensiero sul tempo presente, un pensiero amaro, ma mai rassegnato, dolente, mai sfiduciato. “Certo – diceva – di uomini come papà l’Italia avrebbe tanto bisogno, ma è un mondo troppo cambiato. Io non lo capisco più, cosa ci sto a fare?”. Ogni sua parola, ogni suo scritto è prezioso, è il compito che ha voluto per l’intera sua vita, provata dal lutto di due figli, dalla solitudine. «È un compito che mi è stato affidato», rispondeva schermendosi. Bella, coraggiosa, allegra, sapeva scherzare anche ricordando le ore più drammatiche della sua giovinezza, quando faceva la staffetta partigiana per portare messaggini da papà, nascosto in una soffitta, agli amici resistenti. "Non mi rendevo mica conto! Giravo in bicicletta con cavoli e insalata nel cestino, e sotto tanti bigliettini…ma se mi fermano, dicevo a papà, guarda che io non resisto, io dico tutto, io parlo, scappate! Mi sentivo importante, per me era un orgoglio poter aiutare, non avevo nessuna paura".
Una vita al servizio del Paese
Nessuna paura, a dare il braccio a suo padre scendendo dalla scaletta dell’aereo, volo verso gli Stati Uniti d’America, dove De Gasperi era andato a chiedere sostegno, e ne riportò il piano Marshall. "Ero allibita dal lusso dell’albergo, e quando mi hanno portato la prima colazione era così ricca che ho chiamato papà: corri da me, il vassoio è per due! Non potevo credere che lui ne avesse ricevuto uno uguale al mio". Maria Romana batteva a macchina, suggeriva i discorsi, rammendava, in caso, il cappotto. Mai ingombrante, defilata, a servizio, con affetto, responsabilità e intelligenza. “Quando lavoravo con lui alla Presidenza del Consiglio non ho mai ricevuto uno stipendio. "Papà diceva che lo Stato di De Gasperi ne pagava già uno". Servizio, al Paese, a suo padre, assistito fino all’ultimo, e poi al suo partito, alla Fondazione De Gasperi, di cui è stata presidente e cuore, ai tanti giovani cui è stata accanto, spiegando, consigliando, spalancando la sua casa, a Roma e a Pieve Tesino, tra le sue, le loro montagne. “Papà ci faceva camminare in cima, e ci spiegava ogni fiore, ogni pianta, il cinguettio degli uccelli, fino a dire una preghiera alla chiesetta, su in cima. Sapeva scalare, anche con le corde, sapeva come affrontare anche i momenti difficili”.
Il sogno europeo
Avrebbe mai creduto di ritrovare l’Europa che aveva sognato con gli amici Adenauer, Schumann ancora barricata su una cortina di ferro, in assetto di guerra? “L’unità dei popoli è una cosa stupenda, com’era stata sperata. Noi siamo popoli ricchi di conoscenze, di storia, di idee, messi insieme davvero saremmo una cosa stupenda”. È stato triste, come per tutti i nostri vecchi, che Maria Romana abbia risentito il suono delle bombe, lo stridore ferrato dei carri armati così prossimo e presago di rovina. “Lascio ogni cosa a Dio, nelle mani di Dio, ci penserà a lui”. Pensava agli scritti ancora da pubblicare, ai ricordi ancora da raccogliere, sistemare. Con le parole di papà davanti al progetto in fieri di un’unità europea tutta da costruire. Nessuna rassegnazione, ma certezza rocciosa. Di padre in figlia. Che si possa farla nostra, la baldanza umile, audace, salda sulla fede, con la libertà del suo sorriso argentino.
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