La storia della fotografa Anna, tornata in Ucraina per aiutare chi soffre
Luca Collodi – Leopoli
Non vuole che il suo cognome si sappia, è un gesto di riservatezza e protezione per la sua vita ma anche di chi gli sta accanto. È la scelta di Anna, incontrata a Leopoli, che fa la fotografa e vive a Milano. Racconta della vacanza in famiglia per riposare e del buio nel quale la guerra fa sprofondare. È una donna che non si abbatte però, vuole comprendere e capire, prima le sue ragioni che la portano a tornare indietro dal confine con la Polonia, dove lascia la sorella di 20 anni, e poi quelle di una guerra orribile che ha compattato le persone ma che lascia ferite profonde.
Anna, qual è la tua storia?
All’inizio di febbraio sono tornata in Ucraina per visitare la mia famiglia, sono nove anni che vivo in Italia e lavoro a Milano come fotografa, viaggio ogni giorno. Quando sono tornata, il mio pensiero è stato quello di riposarmi prima di tornare, ma il 24 ho scoperto che era iniziata la guerra. La prima cosa che succede di solito alla gente è quella di avere paura, non riesci né a parlare, né a spiegare cosa sta succedendo. Non capisci più qual è la tua priorità, quale il valore della vita e non sai se i tuoi amici stanno bene. Il 28 febbraio, io e mia sorella abbiamo preso la macchina e nostro padre ci ha detto di andare al confine, ci ha dato i soldi e ci ha chiesto di restare fuori più tempo possibile. Mia sorella ha 20 anni, ora sono due mesi che sta a Cracovia. Quando siamo arrivati al confine ho visto la coda delle macchine, persone e bambini che dormivano nelle auto, senza riscaldamento, senza cibo. Per questo ho deciso proprio lì al confine che mia sorella sarebbe andata da sola, ho spiegato la decisione a mio padre, dicendo che proprio non me la sentivo di lasciare il Paese in queste condizioni. Gli ho spiegato che sono capace, sono responsabile, ho possibilità e contatti e quindi gli ho detto che dovevo tornare qui e fare quel che posso per aiutare.
Tu sei di origine russa, hai un passaporto russo e vivi in questo momento a Leopoli, in Ucraina, questo ti sta creando problemi?
Sono nata in Ucraina, ho il certificato di nascita che dice che sono ucraina. Ho finito le scuole a Mosca, mia mamma è russa, ma non ho avuto mai problemi. Tutti sapevano. Adesso ho un po' di paura perché a qualcuno non basta il mio documento di nascita, mi chiedono il passaporto perché in tanti ristoranti, in tanti locali te lo chiedono. Mi porto sempre dietro il permesso di soggiorno per far vedere che ho anche legami con l'Europa, non nascondo di avere un po' di ansia su questo.
Che cosa fai qui in Ucraina per aiutare i tuoi amici? Per il tuo Paese?
Aiutiamo attraverso un intergruppo che unisce l’Ucraina alla Polonia. Ci sono tanti furgoni che arrivano dall’Italia, dall’Inghilterra, dalla Svezia, dalla Turchia spesso quando arrivano al confine polacco non sanno dove mettere le cose, noi abbiamo in magazzino che separa la merce e che viene destinata poi a coprire le esigenze dei centri che hanno bisogno, e che io segnalo, delle famiglie che cercano qualche aiuto e non vogliono spostarsi da Kharkiv. A loro mandiamo i pacchi con quello che serve: dalle cose per bambini agli abiti, dal cibo a quello per gli animali. La seconda cosa che facciamo, come gruppo di amici, è di mettere insieme soldi per comprare qualcosa anche giubbetti antiproiettili, caschi o se possiamo inviamo soldi per il cibo destinato ai soldati.
Molti tuoi amici vanno in guerra?
Si, ce ne sono tre che si stanno preparando già da un mese per poi andare a combattere.
Che idea ti sei fatta di questa guerra?
In generale, mi fa pensare che siamo capaci di unirci davanti ad un evento così orribile. Ogni mattina pensiamo a come fare meglio, non c'è più l’idea di restare sul divano e aspettare che qualcuno faccia qualcosa per te, devi fare tu. Ogni goccia nel mare è importante, non puoi aspettare che qualcuno risolva i tuoi problemi.
Per questo tu hai rinunciato a tornare in Italia e al tuo lavoro?
Sì, perché tutto dipende dall’impegno di ogni persona. In Italia ho un'altra vita, ma qui c'è tanto da fare e non riesci a capirlo se non ci sei dentro, se con comprendi cosa sta succedendo, come si sentono le persone.
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