La società civile si appella all'Europa e chiede la pace
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Quella in Ucraina è una guerra che non conosce soluzione, con una popolazione martoriata che rischia di essere dimenticata. Questo spinge sempre più la società civile a una mobilitazione dal basso, silenziosa ma concreta, per sollecitare un'iniziativa europea che faccia di Bruxelles una protagonista del processo di pace. In questa direzione va la "Proposta di pace", il documento presentato ieri nella sede dell'Ufficio italiano del Parlamento Europeo e consegnato poi alla Farnesina, alle rappresentanze diplomatiche di Francia e Germania che hanno ruolo di presidenza al Parlamento europeo e al G7, nonchè al presidente dei vescovi italiani. A firmare il testo, tra gli altri, il Consiglio italiano del Movimento Europeo, l'Associazione partigiani, l'Arci, la Rete disarmo e il direttore di Avvenire Marco Tarquinio che, a Vatican News, si sofferma sui punti salienti del testo e sul riscontro che in esso hanno le parole e i ripetuti appelli di Papa Francesco:
Questo è un appello della società civile all'Europa unita. Quali sono i punti centrali di questa chiamata alla responsabilità?
È un appello che parte dal basso, ma che vuole spingere coloro che hanno un potere politico e possibilità di incidere sulle vicende in corso, in una direzione diversa rispetto a quella che si è intesa finora, ricordando tutti gli strumenti a disposizione. Il ruolo, innanzitutto, delle Nazioni Unite, dove l'Unione Europea, che non ha un seggio permanente, ma ha uno dei suoi membri, la Francia, come partecipante fissa al Consiglio di sicurezza, deve assumersi la responsabilità di promuovere una iniziativa di intermediazione. Questo deve avvenire anche e soprattutto in seno alla Assemblea generale, dove si è già coagulata un'ampia maggioranza di nazioni che premono in questa direzione. Ci vorrebbe poi l'intervento di una forza di interposizione, altra parola bandita quasi dallo scenario che è davanti a noi, e viene poi ribadita la necessità di tenere sempre aperto e sgombro un corridoio umanitario, che in nessun momento si arrivi a una condizione come accaduto per altri conflitti durante i quali, passata l'emozione del momento, si tornano a chiudere ermeticamente vie dignitose di fuga. Si chiede poi che l'UE sappia intervenire in sede di negoziati, possibili e necessari, non con un ruolo solamente di spettatore, tenendo conto, in questo documento, che l'Italia è uno dei Paesi che ha fatto una mossa in tal senso, ma che ha provocato una serie di reazioni non sintoniche da parte delle parti in causa, specie da parte della Russia. In sintesi si chiede che l'Europa sappia diventare adulta: questa la missione di fondo. Che si dia un sistema di sicurezza comune, interdipendente tra gli Stati e indipendente da altre dimensioni, con una vera e propria difesa della sicurezza che abbia due braccia, una militare non aggressiva ed una civile e non violenta. Tornando sul tema del quadro internazionale, l'altro grande appello riguarda le organizzazioni multilaterali. Le Nazioni Unite, come già detto, ma anche l'Osce che, secondo un auspicio che accomuna la Santa Sede e il presidente della Repubblica Italiana Sergio Mattarella, dovrebbe diventare punto di riferimento e spirito delle azioni che vengono svolte, perché non si precipiti verso la direzione di Yalta, ma verso quella degli accordi che nel '75 ( Accordi di Helsinki NdR) aprirono una fase nuova nel rapporto tra gli Stati europei e per la stabilità e la pace nel mondo.
Un'Europa adulta, lei dice, sulla quale ricadono le conseguenze più immediate di quanto accade. Un'Europa che ora sta finanziando con le armi il conflitto, ma che nel trattato Ue all'art. 21 ha già scritta la chiamata alla responsabilità, alla promozione della pace, alle soluzioni multilaterali, a prevenire i conflitti. Ora tutto sembra paralizzato: come fare funzionare questo articolo? Perché non va?
Questo articolo non va perché, come sappiamo, l'Europa è in panne, non è concorde nella direzione da prendere.Nonostante l'apparente unanimità delle prime fasi, ci sono delle sensibilità e delle tendenze diverse tra i 27 Stati membri. Abbiamo auspicato, in sede di conferenza stampa che, anche se non c'è unanimità assoluta, che almeno ci sia un'iniziativa da parte delle istituzioni europee, che ci sia la capacità di prendere una iniziativa di cooperazione rafforzata da parte di alcuni grandi Paesi. Lo si è visto, un primo accenno, nella missione comune a Kiev dei leader di Francia, Germania e Italia, i tre grandi Paesi fondatori che hanno dato un impulso preciso. Vorremmo che ciò si rafforzasse, utilizzando gli strumenti indicati dell'articolo 21 che è la traduzione - non altrettanto suggestiva, ma che va nella stessa direzione - dell'articolo 11 della Costituzione della Repubblica Italiana, quello che - emozionando tanti Italiani, fra l'altro lo stesso Santo Padre che ha avuto modo di citarlo durante questa crisi - dice che l'Italia ripudia la guerra come strumento nella soluzione delle controversie con gli altri Stati. Questo è un punto chiave. Politicamente vorremmo una iniziativa forte e coesa dei grandi leader europei che rispondano così al sentire di tante popolazioni che oggi non sono rappresentate da ciò che sta accadendo sulla scena pubblica.
Esiste uno scollamento tra la società civile e la politica? E come, rispondendo anche alla richiesta del Papa di interrogarci nel quotidiano su cosa possiamo fare per la pace, si può sostenere la vostra proposta?
Io credo che la strada sia quella povera, che è a disposizione delle persone che hanno testa e cuore, che hanno intelligenza. Cioè organizzare mobilitazioni dal basso, come già accade - meno percepibili del passato perchè mancano la grandi adunate - ma ci sono.Sono tanti gli incontri in ogni parte del Paese. Ne so qualcosa anch'io personalmente, come lo sanno tutti i proponenti di questa iniziativa, che accomuna persone di sensibilità diverse, di storie diverse, di cammini di fede e non o in ricerca, e questo è molto importante. Credo che insieme dobbiamo dimostrare ai governi, con una pressione costante, che non può permanere questo scollamento tra tanta parte dell'opinione pubblica e quelli che hanno le leve per spingere in una direzione diversa, tenendo conto della situazione molto complicata che abbiamo davanti. Qui non bastano i desideri, né dal basso né dall'alto, ma bisogna sapere insieme premere sui protagonisti della guerra, perché scelgano un percorso diverso, che la faccia finita con le sofferenze delle popolazioni, a cominciare dalla popolazione ucraina che è, in questa fase, quella aggredita, e che spingano nella direzione auspicata. Ognuno può fare la sua piccola parte, il suo piccolo pezzo di strada, piccolo ma che, insieme, diventa grande.
Su guerra, crisi, armi, responsabilità comune, le posizioni del Papa sono state criticate e considerate una utopia. E' così? Lei come le considera?
La cosa più grave è che siano anche state censurate. Credo che, in questo momento, si debba avere soprattutto gratitudine verso Papa Francesco. Per noi cattolici è semplice, per tanti altri è altrettanto immediato riconoscersi negli appelli che è riuscito a rivolgere con straordinaria efficacia per indicare una strada diversa, quella che non si vuole vedere. Ancora una volta c'è una strada che si inabissa e sembra che non si possa percorrere. Il Papa sa dirci questo e lo fa da uomo di fede, da primo cittadino di un mondo che non ha altri primi cittadini che sappiano prendere iniziative di pace. Non è un caso che anche i proponenti l'appello a cui ho deciso di aderire(l'Associazione Nazionale Partigiani d'Italia, l'Arci, e il Movimento europeo che è un movimento di federalisti che raccolgono l'eredità dei grandi europeisti) abbiano voluto rivolgerlo al mondo cattolico per primo, attraverso la figura del presidente della CEI. Il cardinale Matteo Maria Zuppi si è impegnato a riceverlo e a consegnarlo alla Santa Sede, perché tutti riconoscono in Papa Francesco il punto di riferimento più alto, più credibile e più limpido, in un momento in cui, purtroppo, alcune delle altre voci che sono in campo e che sembrano più accreditate, hanno grandi interessi nel condurre mediazioni, ma sono interessi particolari, non l' interesse generale della costruzione di un nuovo livello di sicurezza, di convivenza e di rispetto reciproco nel segno, fondamentale per noi cristiani, della fraternità.
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