L’Africa occidentale alle prese con colpi di Stato e commerci
Fausta Speranza – Città del Vaticano
La Comunità economica degli Stati dell'Africa occidentale (ECOWAS) ha annunciato ieri decisioni significative per il Mali e non solo. Nel suo sessantunesimo vertice, che si è svolto ad Accra in Ghana, l’Ecowas ha deciso di revocare le sanzioni imposte a Bamako, oltre a concordare con il Burkina Faso una transizione di due anni e una crescente pressione sulla Guinea-Conakry perché presenti un piano di transizione. Nell'ultimo anno e mezzo la regione dell'Africa occidentale ha subito quattro colpi di Stato: i due in Mali (agosto 2020 e maggio 2021), quello in Guinea-Conakry (settembre 2021) e l’altro in Burkina Faso (gennaio 2022). E proprio durante questo mese di giugno, l'ECOWAS ha reso effettivo il dispiegamento di una forza di riserva composta da circa 600 addetti alla sicurezza e dispiegata in Guinea-Bissau dopo il tentativo di colpo di stato che il Paese ha subito il 1° febbraio.
Riprendono le transizioni commerciali con il Mali
I leader africani riuniti della Comunità degli Stati dell'Africa occidentale (Ecowas-Cédéao) hanno revocato le sanzioni commerciali e finanziarie che erano state imposte al Mali lo scorso gennaio dopo i due colpi di Stato nel 2020 e 2021. La revoca ha "effetti immediati”, ha spiegato il presidente uscente della commissione ECOWAS, Jean-Claude Cassi Brou, confermando che è stata annullata la chiusura dei confini e la sospensione di tutte le transazioni commerciali con il Mali - facevano eccezione solo alcuni prodotti di base - oltre a consentire ai rispettivi ambasciatori di tornare a Bamako. Resta in vigore la sospensione del Mali per quanto riguarda tutte le attività dell'organizzazione, così come vengono confermate le sanzioni individuali contro i membri della giunta militare guidata dal colonnello Assimi Goita - responsabile del colpo di Stato nell'agosto 2020 e di quello a maggio scorso - che includono il congelamento dei loro conti nelle banche regionali. Secondo Brou, il blocco ha preso la decisione dopo aver ascoltato il suo mediatore per il Paese, l'ex presidente nigeriano Goodluck Jonathan, il quale ha sottolineato che il Mali ha compiuto progressi nella definizione di un codice elettorale e dei meccanismi di monitoraggio, nonché nella stesura di una nuova Costituzione. Tali misure sono state adottate in vista dello svolgimento delle elezioni presidenziali, per le quali le autorità di transizione hanno proposto, la settimana scorsa, la data di febbraio 2024.
Intanto anche in Mali la corsa al litio
Il Mali è uno dei Paesi africani che potrebbe essere protagonista della nuova corsa ad una delle risorse minerarie più ricercate in questa fase storica, il litio, dopo lo Zimbabwe. Il ministero delle Miniere, dell’Energia e dell’Acqua di bamako, infatti, ha annunciato a metà giugno il piano industriale per il giacimento di Goulamina, nel sud del Mali, gestito dall’azienda australiana Leo lithium limited, in collaborazione con la cinese Ganfeng lithium, che hanno la più grande capacità di produzione di litio al mondo. Si prevede di sviluppare il giacimento di litio Goulamina a livello mondiale, in quella che sarebbe la prima miniera di litio operativa nell’Africa occidentale. Secondo il ministero maliano, “durante la fase di costruzione, di 2 anni, è prevista una forza lavoro totale di circa 1.200 dipendenti, composta da lavoratori qualificati e non”. Il governo maliano spiega che la costruzione della miniera costerà più di 160 miliardi di franchi Cfa (240 milioni di euro) precisando che quasi 91 milioni di euro saranno spesi in Mali, con aziende maliane per il calcestruzzo, la fabbricazione e l’installazione di attrezzature, la costruzione di edifici e l’avvio della miniera mentre il resto sarà utilizzato per acquistare attrezzature internazionali non disponibili nel Paese. I prezzi del litio sul mercato internazionale sono aumentati di quasi il 500 per cento nell’ultimo anno dal momento che questo minerale, soprannominato “metallo verde”, per molti rappresenta il futuro della produzione di veicoli elettrici e delle batterie.
L’intesa per il Burkina Faso
Per quanto riguarda il Burkina Faso, dove una giunta militare governa dal 24 gennaio scorso, l'ECOWAS ha annunciato di aver raggiunto un accordo con le autorità per un biennio di transizione verso nuove elezioni. Si tratta di un periodo inferiore ai 36 mesi (tre anni) che la giunta aveva precedentemente proposto. Il mediatore inviato dall'ECOWAS, l'ex presidente nigeriano Mahamadou Issoufou, ha incontrato la settimana scorsa a Ouagadougou il presidente del Burkina Faso, il tenente colonnello Paul Henri Sandaogo Damiba, che ha espresso il suo impegno per il raggiungimento di una "durata concordata" della transizione. L'ECOWAS ha tenuto conto del "rilascio totale" dell'ex presidente deposto Roch Kaboré, che era ancora soggetto a restrizioni dopo essere stato autorizzato a tornare a casa. Il suo rilascio era una delle richieste dell'organizzazione dopo il colpo di Stato.
L’impegno confermato per la Guinea-Conakry
Meno promettenti le prospettive per la Guinea-Conakry, che non ha presentato un nuovo programma di transizione più "accettabile" al posto del triennio proposto finora dalla giunta militare guidata dal colonnello Mamadi Doumbouya, bocciato sia dall'ECOWAS che dall'opposizione. Sebbene il consiglio avesse rifiutato nel novembre 2021 la nomina di un mediatore da parte dell'ECOWAS, l'organizzazione ieri ha scelto per questo ruolo l'ex presidente del Benin, Thomas Yaya Boni. Al vertice è stato chiarito che se il Paese non raggiungerà un accordo per un nuovo programma di transizione entro la fine di luglio, l'ECOWAS imporrà nuove sanzioni economiche, dopo aver già stabilito alcune misure contro i golpisti al potere dal 5 settembre.
All’interno dell’Ecowas
Al momento anche il Burkina Faso e la Guinea-Conakry restano sospesi dalle attività dell'organizzazione regionale. Il vertice straordinario ha deciso la nomina di un nuovo presidente di turno, carica che fino ad ora era stata ricoperta da Akufo-Addo, capo di stato del Ghana, e che ora sarà ricoperta dal presidente bisaugo Umaro Sissoco Embaló.
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