L’ospedale di Rumbek privato dei fondi. Cuamm, restare è una scelta etica
Francesca Sabatinelli - Rumbek
“Da Rumbek il Cuamm non andrà via”, Chiara Maretti, responsabile di Medici con l’Africa in Sud Sudan si fa portavoce della decisione presa dall’organizzazione a poche settimane da ciò che metterà in ginocchio la sanità di questo Paese: il ritiro di Health Pooled Fund (HPF), consorzio internazionale di donatori e principale finanziatore del programma di assistenza sanitaria in Sud Sudan. Dal 1° agosto, scelta dettata dalle conseguenze della pandemia di Covid, ma anche dal perdurare della guerra in Ucraina, HPF taglierà il suo contributo all’ospedale di Rumbek, struttura di riferimento dell’intero Stato dei Laghi, soprattutto per le emergenze ostetriche e chirurgiche, in grado di gestire più di 23mila ricoveri in un anno, che nel 2021 ha registrato oltre 2600 parti, il 131% in più rispetto al 2017.
A rischio il 90% dell’attività
L’anno prima, era il 2016, il Cuamm iniziava la sua opera in quello stesso ospedale, a sostegno soprattutto dei servizi destinati a mamme e bambini, per poi estendere il suo supporto a tutto il resto dei reparti e dei dipartimenti anche dal punto di vista gestionale, sempre in collaborazione con il governo. “Se i donatori si tireranno indietro – a parlare è il direttore sanitario Teran Madit Teran – il 90% della nostra attività andrà tagliata, e non sappiamo quale sarà il destino di questo ospedale a partire da agosto”. Soltanto per l’anno 2021, per gestire la struttura, Hpf, attraverso il Cuamm, ha immesso nelle casse dell’ospedale oltre 1 milione di dollari, una cifra immensa per coprire bisogni che, tra venti giorni, saranno trasferiti per intero al governo. “Abbiamo cinque partner in questo ospedale, compreso Cuamm – prosegue Teran – chiederemo aiuto a loro, abbiamo bisogno di tutto, si dovrà pagare lo staff, acquistare medicine e carburante per i generatori”.
La sanità privata dei fondi
“In questo momento il sistema sanitario in Sud Sudan – prosegue Maretti – è completamente in mano alle Ong, con la totale assenza dello Stato”, per questo Medici con l’Africa Cuamm, fino ad ora, oltre all’ospedale di Rumbek ha guidato centri di salute sparsi in tutto il territorio. Sono otto i grandi ospedali statali in tutto il Sud Sudan che non verranno più supportati e consegnati alla gestione del governo che, precisa Maretti, “ha dichiarato di non avere fondi, quindi gli ospedali non avranno più supporto con conseguenze disastrose. Non si può neanche immaginare l’impatto che questo avrà. Dal primo agosto dove andranno i pazienti ricoverati?” E per il Cuamm è impossibile andare via, sapendo cosa accadrà.
Un impegno che chiede passione
Vincenzo Riboni, già primario al pronto soccorso di Vicenza, non è nuovo al Sud Sudan, dove è stato nel 2018 e nel 2019, ma “ora è per più tempo”, precisa. Oggi, nell’ospedale di Rumbek, è chirurgo Cuamm 24 ore su 24. Stetoscopio al collo, attraversa di gran fretta i reparti, fermato ad ogni passo da personale, pazienti e familiari, ripete le terapie due o tre volte agli infermieri per essere sicuro che abbiano capito, con l’inglese incerto dei traduttori parla con degenti e famiglie e assiste inerme alla morte per cause altrove curabili. “Qui c’è bisogno di un lavoro immenso – dice Riboni – è un ospedale difficile, per la gente, per la tipologia di personale e anche per la distribuzione logistica”. L’impegno è quindi forte e pesante, “un impegno – conclude il medico – che chiede attenzione, pazienza, volontà e anche molta passione”.
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