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I malati psichiatrici e il carcere I malati psichiatrici e il carcere  La storia

Meglio accendere una candela che maledire l'oscurità

Sui media vaticani, uno dei racconti di Dale Recinella, ex avvocato della finanza di Wall Street che oggi, insieme alla moglie Susan, assiste i detenuti in Florida

di Dale S. Recinella

Questo edificio basso in tonalità alternate color terra, chiamato Dormitorio S, non si intona con le altre costruzioni mastodontiche, che gareggiano per primeggiare all’interno dei recinti di filo spinato. Il tetto spiovente, con le sue tegole e le piccole prese d’aria per i condizionatori, non trova alcuna corrispondenza nel paesaggio di edifici dal tetto piatto, simili a fabbriche, che occupano il resto del terreno carcerario.

È evidente che non si tratta di un tipico fabbricato della prigione. È persino diverso da qualsiasi ospedale che abbia mai visto all’interno o all’esterno di un carcere. Qui ci sono le celle di isolamento psichiatrico. Non è facile che un detenuto venga assegnato a questo luogo.

Un importante quotidiano della Florida ha scritto che più di un detenuto adulto su nove, in Florida, è gravemente malato di mente. Non significa che si tratta di sociopatici. Si tratta di persone bisognose di cure mediche e di farmaci. Questa cifra si traduce in circa 7.000 detenuti. Ci vorrebbero sette o otto prigioni con l’aria condizionata, ognuna di circa 1.000 celle, per contenere e curare ognuno di questi detenuti gravemente malati di mente.

E' altamente improbabile che tutte queste celle per curare i malati mentali possano essere realizzate presto in Florida. Noi contribuenti non vogliamo avere alcun ruolo in questa soluzione che definiamo beffardamente coccolare i prigionieri solo perché sono gravemente malati di mente. I dollari delle nostre tasse pagano la punizione, non la cura. Molti di quei detenuti gravemente malati di mente soffocheranno nelle normali celle di isolamento per anni. È il sistema standard per i detenuti malati mentali della Florida.

La situazione peggiora ulteriormente per i malati mentali condannati a morte in Florida. Prima di diventare cappellano dei condannati nel braccio della morte, credevo che i malati di mente condannati alla pena capitale in Florida costituissero una rara anomalia. Fui scioccato scoprendo che è vero l’esatto contrario. La malattia mentale è praticamente un “sottotitolo” della pena di morte in Florida. Durante una serie di esecuzioni volute da un governatore in passato, 7 mandati di esecuzione su 12 da lui firmati furono per detenuti malati di mente.

Molti degli uomini collocati in isolamento psichiatrico hanno bisogno di cure psicotrope abbastanza forti da ucciderli nel calore abituale delle carceri in Florida. Pertanto vengono inviati qui, nelle celle di isolamento psichiatrico, dove l’uso minimo di aria condizionata mantiene la temperatura appena un po’ più fresca del livello che sarebbe fatale per loro. Nessuno vorrebbe rischiare di attirare l’ira dei politici e dei contribuenti della Florida, se la temperatura interna dovesse essere davvero confortevole.

Alcuni di questi detenuti sono cattolici. Alcuni ricevono regolarmente la Comunione. Oggi è il giorno della mia visita mensile, durante la quale porto Gesù ai cattolici rinchiusi in isolamento psichiatrico.

Quando entro nei corridoi, uno alla volta, la prima cosa che mi colpisce è il silenzio. È un luogo incredibilmente tranquillo. Non ci sono le urla, i pugni, i colpi, i calci o le suppliche che sono normali in un normale isolamento nella calura estiva. Qui il silenzio è estremo.

Per tutto il resto, è proprio come le altre celle di isolamento, tranne per il fatto che tutte le celle in questa unità hanno porte di acciaio e plexiglas. C’è anche qui la feritoia per far passare i vassoi del cibo, collocata in ogni porta all’altezza della vita. Il detenuto all’interno della cella è totalmente visibile. Mi sorprende che questa situazione sia più difficile per me da gestire rispetto alle porte interamente d’acciaio delle normali celle d’isolamento.

Uno dei corridoi è chiamato sorveglianza dei suicidi e ospita coloro che hanno ripetutamente tentato di togliersi la vita in carcere. Qualsiasi cosa nelle loro mani può diventare un’arma di auto-distruzione. Indossano solo la biancheria intima e una coperta che si può togliere a strappo. Il corridoio in cui mi trovo oggi ospita i detenuti in condizioni leggermente meno gravi – alcuni proprio appena appena. Quelli che si comportano bene qui verranno rimandati al Dormitorio T, dove le restrizioni sono un po’ più lievi e la supervisione un po’ meno intensa. Ma anche lì le cure psicotrope sono ancora molto forti.

Con una guardia carceraria sempre a tiro di voce, faccio il mio giro fermandomi davanti a ogni cella. In questa unità speciale, il materiale di lettura non deve contenere punti metallici. I rosari devo essere apribili “a strappo”. La Comunione deve essere data sulla lingua, ma mi hanno avvertito di stare in guardia in caso di movimenti bruschi del collo o del viso, che potrebbero essere il segnale di un tentativo di mordermi le dita. Grazie a Dio, ciò non è mai accaduto.

Mentre sto avvicinando il sacramento dell’Eucaristia ad un cattolico di mezza età, sento un rumore graffiante provenire da una cella dall’altra parte del corridoio. Unghie su plexiglas e metallo. È un giovane uomo, mi fa segno di avvicinarmi.

“Cosa ti occorre?”, gli chiedo dolcemente attraverso i piccoli fori aperti nel plexiglas.

“Le voci”, si regge la testa con le mani. “Per favore, fai andare via le voci.”

Mi giro verso la guardia che mi sta accompagnando. Lui annuisce e apre la feritoia per il cibo nella porta del giovane detenuto.

Mentre mi inginocchio sul pavimento di cemento fuori dalla cella, dico al giovane dentro: “Inginocchiati sul pavimento e appoggiati alla porta, così posso metterti una mano sulla spalla attraverso la feritoia.”

Cade in ginocchio. Preghiamo. Preghiamo per la rinuncia ad ogni coinvolgimento dell’occulto, del satanico o del potere del male. Preghiamo per la protezione degli Angeli, per l’intercessione di Maria e dei Santi, e per la sua guarigione definitiva nelle mani di Gesù Cristo.

Gli dono un’immaginetta in carta raffigurante l’Arcangelo San Michele che sconfigge Satana.

Quando abbiamo finito, la guardia richiude a chiave la feritoia per il cibo.

Tutto è di nuovo silenzio.

Mentre torno sui miei passi attraverso il Dormitorio S ed entro nell’edificio adiacente, il Dormitorio T, nel silenzio che mi circonda i miei pensieri volano a ricordi della mia infanzia.

Durante gli anni della scuola media alla St. Michael Catholic School di Livonia nel Michigan, mi alzavo spesso molto presto, mentre i miei genitori e il resto della famiglia ancora dormivano. Il mio posto mattutino era un angolo del seminterrato vicino allo scivolo della lavanderia. Lì, in uno scaffale di pino nodoso, i miei libri preferiti erano pronti a rivelarmi la loro saggezza.

Mentre i rumori mattutini dei preparativi di papà per il lavoro e il ronzio del notiziario radiofonico su WJR Detroit mi raggiungevano a cascata, lungo lo scivolo della lavanderia, dal bagno del secondo piano, mi rannicchiavo nel caldo bagliore di una lampadina solitaria e consumavo i miei tesori. Il mio preferito era un libro dei The Christopher's, “Tre Minuti al Giorno”.

L'offerta di ogni mattina era un breve resoconto di persone reali che affrontavano problemi reali. In ogni situazione, la fede aveva mostrato loro una via, una risposta, una forza per vincere. Era un reality show in forma scritta. La chiave per vincere, la chiave per restare “sull'isola” della speranza e della perseveranza, era la fede. Ancora e ancora, in quei racconti stimolanti, ricorreva la frase: Meglio accendere una candela che maledire l'oscurità.

In uno strano capriccio della memoria, quella frase e il chiarore di quelle mattine mi tornano addosso mentre entro in una cella di isolamento psichiatrico nel dormitorio T. Questo dormitorio non è un bel posto. Qui sono ospitati gli uomini la cui vita con una malattia mentale, e forse con una miriade di altri problemi, li ha portati su un percorso verso le restrizioni più severe stabilite dalla legge.

Questo luogo è troppo desolato, troppo pericoloso e troppo reale per qualsiasi programma televisivo. Questa è la realtà della difficile situazione dei malati di mente, in una società benestante che si rifiuta di pagare per le loro cure. Questo è il capolinea per molti di coloro che sono malati mentali e si sono dovuti arrangiare per le strade, senza aiuti da parte della comunità. È l'ultima fermata di un treno per l'inferno, in uno stato benestante che ha chiuso migliaia di posti letto negli ospedali psichiatrici civili, lasciando la cura dei maschi malati di mente al sistema di giustizia penale. Se esiste l’oscurità, si trova proprio qui.

Eppure, l’uomo che sono venuto a trovare oggi ha scelto di accendere una candela. Per quattro anni, nonostante l’infuriare della sua malattia, ha lavorato sodo per comprendere la fede cattolica. Questa mattina sta per ricevere il premio dei suoi sforzi.

Il vescovo ci raggiungerà per battezzarlo e impartirgli la Confermazione e per offrirgli la sua Prima Comunione. Sei guardie ci accompagnano alla sua cella. Aprono la porta lentamente. Entriamo.

Ha i piedi incatenati e le manette gli bloccano i polsi alla cintura. Indossa un casco e una maschera anti-sputo. Le guardie gli tolgono il casco e la maschera e si fanno da parte, affiancandoci in un semicerchio di protezione. Il vescovo indossa la stola e inizia il rito del Battesimo. Mentre le parole di esorcismo escono dalle sue labbra, l’uomo inizia a tremare. Quando l’acqua benedetta viene versata sul suo capo, lui sta versando copiose lacrime e ripetendo più e più volte: “Grazie, Gesù. Grazie, Gesù”.

Infine, interrompo la pausa di silenzio dopo la sua Prima Comunione.

“Sei diventato un membro della nostra famiglia nella fede. Una nuvola di testimoni ti circonda. Non sarai mai più solo.”

E, dentro di me, penso: “Grazie a Dio, hai scelto di accendere una candela.”

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25 luglio 2022, 15:00