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Peter Brook Peter Brook 

È morto il regista Peter Brook

All'età di 97 ci ha lasciato uno dei massimi rappresentanti della scena teatrale del Novecento. Precocissimo, si appassionò a Shakespeare, alla cultura indiana, animato fino all'ultimo da una grande spinta per la sperimentazione

Antonella Palermo - Città del Vaticano

Ci ha lasciato all'età di 97 anni una delle più grandi figure della scena teatrale internazionale. Nato in Gran Bretagna, ma con una vita in gran parte trascorsa in Francia, della sua vasta produzione, ricordiamo il suo Marat-Sade di Weiss a metà anni '60 e poi il colossale Mahabarata, spettacolo per Avignone del 1985 poi divenuto anche film e recentemente graphic novel. 

Far sparire il diaframma tra vita e arte

Brook si è sempre impegnato per riuscire a far scomparire in scena ogni artificio, ogni diaframma tra la vita e l'arte. Il teatro è stato presente nella vita di Brook sin da quand'era ragazzo: già a diciott'anni firma la prima regia e si fa notare come interprete delle opere di Shakespeare, tanto da diventare direttore del London's Royal Opera House e, nel 1962, della Royal Shakespeare Company, dove affianca ai classici una serie di opere moderne e lavori sperimentali ispirati in particolare al 'teatro della crudeltà' di Artaud. Nel 1970 si trasferisce in Francia e fonda a Parigi il Centre international de creation thetrale, dove, sotto l'influenza di Grotowski e del Living Theatre di J. Beck, notevole impegno è stato incentrato sul teatro di improvvisazione. Viaggia a lungo in Africa, mettendo su spettacoli nei posti più sperduti. In India produce Mahabarata, spettacolo di nove ore, allestito in una cava di pietra, poema indu' di 70mila versi sull'origine del mondo restituita attraverso una babele di lingue e razze. 

La teoria dello spazio scenico vuoto

Ricordiamo la sua Carmen, realizzata nel 1986 trasformando i teatri in arene, con gli spettatori solo nelle balconate o in palcoscenico; il suo Flauto magico mozartiano, vagheggiato per anni e che è arrivato quasi come un testamento nel 2011 al Piccolo di Milano: si avvaleva di un solo pianoforte, e resta un po' come opera emblematica delle teorie e del teatro di Brook, del suo 'spazio scenico vuoto'. Nel novembre 2021 approdò a Solomeo, in Umbria, con La Tempesta rivisitata alla sua maniera, con una regia invisibile e assieme accuratissima nei particolari, in coppia con Marie-He' le' ne Estienne.

"In guerra ogni vittoria è una sconfitta"

Il tentativo di Brook è stato in sostanza di operare una sintesi moderna che mettesse al centro gli eterni dilemmi dell’umanità fra cui quello della vera giustizia nel mondo, di come praticare il bene e l'onestà verso i poveri, per esempio. Di estrema attualità i cuoi convincimenti sul grande tema della guerra: "In guerra una vittoria è una sconfitta – affermava il regista inglese – e se tu sei un leader e sostieni una guerra devi sapere che farai milioni di morti, anche se vinci". Per lui nel teatro ognuno può vivere attraverso tutto il dolore appreso dai notiziari e uscirne più sicuro, coraggioso e fiducioso nell'affrontare la vita. Vastissimo il cordoglio per questa perdita. "Non prenderti troppo sul serio: tieniti forte e lasciati andare con dolcezza. Grazie, Maestro, del tuo rigore e della tua tenerezza infiniti": così il Piccolo Teatro, con cui Brook ha collaborato tante volte, lo ricorda con una sua citazione. 

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03 luglio 2022, 15:10