Telefono Azzurro, Caffo: il nostro sostegno tra cyberbulli, pandemia e guerra
Federico Piana - Città del Vaticano
È in occasione del compimento del suo 35.mo anniversario di attività che, ieri a Roma, la Fondazione Telefono Azzurro ha presentato il Bilancio Sociale 2021. Nata nel 1987 con lo scopo di difendere e aiutare i minori, in questo ultimo anno ha intensificato il proprio impegno contro gli abusi, il bullismo e il cyberbullismo, fino a preoccuparsi di curare le ricadute psicologiche provocate dalla pandemia e dalla guerra in Ucraina.
Sofferenze in aumento
“In 35 anni abbiamo cercato di interpretare i bisogni dei nostri ragazzi usando sempre strumenti adeguati ai tempi e alle nuove tecnologie”, spiega Ernesto Caffo, presidente e fondatore di Telefono Azzurro, nonché membro della Pontificia Commissione per la Tutela dei Minori. “Nei mesi passati - aggiunge - la pandemia ha aumentato la sofferenza degli adolescenti e delle loro famiglie soprattutto dal punto di vista della salute mentale”.
E poi c’è anche il conflitto in Ucraina che sta provocando disagi psicologici ai minori…
Sì. Telefono Azzurro anche su questo fronte è molto coinvolto. Il problema della salute mentale è molto ampio: gli ultimi dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità evidenziano un aumento dei disturbi in bambini ed adolescenti. Molto spesso, le dure vicende della vita, non mediate dalla famiglia, costringono i minori a vivere alcuni episodi dolorosi come un vero e proprio trauma. Telefono Azzurro cerca di intercettare i segnali di richiesta d’aiuto dando ascolto alle paure dei ragazzi e costruendo con loro un percorso efficace di sostegno.
Una sfida recente è anche quella del digitale. Cosa si deve fare per preservare i minori dal cyberbullismo e dagli altri abusi che si commettono in rete?
Prima di tutto, occorre creare una cittadinanza digitale per i minori con l’obiettivo di arrivare ad ottenere un uso corretto di questi strumenti. Un risultato che si raggiunge anche con la collaborazione dei genitori e degli insegnanti che debbono essere formati a comprendere il mondo digitale in cui si muovono i ragazzi. In più, occorre rafforzare il patto tra società civile ed imprese tecologiche per mettere in campo le azioni necessarie per una prevenzione concreta.
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