Le sbarre in un carcere Le sbarre in un carcere

Antigone: suicidi e caldo, ancora dramma nelle carceri italiane

L’associazione torna ad accendere i riflettori sul dramma dei suicidi in carcere dopo l’ultimo caso di Roma e punta sulla riduzione del sovraffollamento per combattere il gran caldo

Roberta Barbi – Città del Vaticano

In Italia “dentro” ci si uccide 16 volte in più che “fuori”. È l’ennesimo, drammatico dato sulle carceri italiane rilevato dall’Associazione Antigone dopo l’ultimo caso di lunedì scorso: una detenuta di 36 anni che si è tolta la vita nell’istituto di pena femminile di Rebibbia a Roma. Sono già 42 nel 2022 – e l’anno è iniziato da appena sette mesi – i ristretti che si sono suicidati in cella: uno ogni cinque giorni.

Vittime sempre più giovani: tra i 20 e i 30 anni

Nella maggior parte dei casi, secondo i dati riportati da Antigone, si tratta di giovani tra i 20 e i 30 anni, sia con poca esperienza detentiva alle spalle, cioè persone all’inizio della pena, ma anche detenuti ormai “navigati” e prossimi all’uscita. Ancora una volta, stando agli istituti di pena italiani in cui si registrano più casi, una delle problematiche più comunemente riscontrate è quella del sovraffollamento, con una grande quantità di detenuti con problemi particolari come dipendenze o patologie psichiatriche, e la cronica carenza di personale specializzato che se ne prenda carico. Difficoltà che affliggono molte strutture - Antigone lo aveva già evidenziato nel consueto rapporto di metà anno sulle carceri pubblicato pochi giorni fa – quali Roma Regina Coeli, Milano San Vittore, Palermo Ucciardone, Genova Marassi, Monza, Pavia e Foggia.

Meno detenuti e più tecnologia contro il gran caldo

Ed è il gran caldo di questa lunghissima estate l’altro tema attuale e urgente sulla questione carcere. Antigone afferma che nel 58% delle 85 carceri che fanno parte del suo osservatorio, sono presenti celle prive di docce e con schermature alle finestre che impediscono l’ingresso di aria fresca; questo nonostante il regolamento penitenziario del 2000 già prevedeva la messa a norma delle strutture entro il 2005. Ad aggravare la situazione, il sovraffollamento – in Italia ci sono circa 55mila detenuti rispetto ai 47mila posti disponibili – e i limiti costruttivi di alcuni istituti di pena. Emblematico il caso di Augusta, in Sicilia, dove l’acqua viene razionata o di Santa Maria Capua Vetere, in Campania, dove manca il collegamento alla rete idrica comunale, anche se finalmente l’allaccio è stato previsto per l’autunno. Qui si provvede a fornire i detenuti di 4 litri di acqua potabile al giorno a testa, mentre per le altre necessità è fornita l’acqua dei pozzi artesiani. Infine, è di recente approvazione da parte del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, la possibilità di acquistare ventilatori nel sopravvitto, cioè a carico delle famiglie dei detenuti.   

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04 agosto 2022, 14:54