L’Aquila, arte e devozione nel segno di Maria
Paolo Ondarza – Città del Vaticano
Una storia nel segno della spiritualità mariana quella della città de L’Aquila. A cominciare dalla Basilica di Collemaggio, dedicata all’Assunta e “commissionata” all’abate ed eremita Pietro Angelerio da Morrone, noto alla storia come Papa Celestino V, dalla Vergine Maria che gli apparve in sogno.
Tre immagini mariane
A Maria sono dedicate anche tre opere d’arte particolarmente care agli aquiliani che scandiranno la visita di Francesco in occasione della Perdonanza: sull’altare che sarà allestito sul sagrato della Basilica di Santa Maria di Collemaggio per la celebrazione della Messa, il 28 agosto, prima dell’apertura della Porta Santa, sarà posta la sacra immagine di Nostra Signora della Croce, nota come Madonna di Roio, già venerata nel 1980 da Giovanni Paolo II e nel 2009 da Benedetto XVI; in piazza Duomo, in occasione dell’incontro con i familiari delle vittime del sisma, sarà esposta, invece, la tela della Madonna del Popolo Aquilano, conosciuta anche come “Salus Populi Aquilani”, recuperata tra le macerie dai Vigili del Fuoco il 3 maggio del 2009; infine, sempre a Collemaggio, Francesco sosterà davanti all’urna di Celestino V sotto lo sguardo materno della Vergine con il Bambino attribuita a Saturnino Gatti, recentemente restaurata.
Il pastore e il ritrovamento della Madonna lignea
La scultura lignea della Madonna di Roio, che prende il nome da una frazione de L'Aquila, è “una scultura taumaturgica”, ovvero a cui sono attribuiti miracoli, “proveniente dal santuario della Madonna della Croce di Roio ed è particolarmente cara alla devozione degli aquilani”, spiega Gianluigi Simone, storico dell’arte dell’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi dell’Aquila. “La leggenda vorrebbe che sia stata ritrovata da un pastore lucolano che si trovava a Ruvo di Puglia, vicino Bari, nel lontano 1578. La scultura, in realtà, è più antica ed è databile tra settimo e ottavo decennio del XV secolo; è attribuita a Giovanni di Biasuccio: stilisticamente, dunque, rientra nel Rinascimento aquilano”.
In tempo di prova
Tuttavia la storia del pastore aquilano che si trovava nelle Puglie, è un evidente richiamo alla tradizione della Transumanza: descrive infatti una situazione che era radicatissima nella realtà montana abruzzese: l’allevamento degli ovini e la lavorazione della lana erano infatti tra le principali fonti di sostentamento di queste terre. “Lo svernamento delle greggi nel clima mite del Tavoliere delle Puglie – prosegue Simone - costituiva un processo che si ripeteva annualmente, e che portava ad una contaminazione dei culti tra Abruzzo e Puglia, come attestano ancora i tanti culti locali legati a San Michele Arcangelo o a San Nicola di Bari. Il legame della città de L’Aquila con l’immagine miracolosa della Madonna di Roio è stato sempre saldo nei secoli, e fu ribadito nelle più grandi difficoltà: ad esempio, nel 1656, in occasione della peste, o nel 1779, quando fu implorata contro la siccità”.
Le corone benedette da Pio XII
Nel secolo scorso, quando imperversava in Europa il secondo conflitto mondiale, l’arcivescovo Carlo Confalonieri fece pubblicamente un triplice voto alla Madonna della Croce e il 15 ottobre 1944, per lo scampato pericolo, nella piazza del Duomo a L’Aquila, pose sui capi della Madonna e del Bambino due corone benedette personalmente da Pio XII.
La stella sul capo di san Bernardino
Legata invece a San Bernardino, le cui spoglie si conservano nella basilica aquilana a lui dedicata, è invece la Madonna di Collemaggio. “Nel 1506, su sollecitazione del predicatore quaresimale frate Angelo da Monteoliveto, la città decise di solennizzare la memoria di un evento prodigioso avvenuto in Collemaggio quasi settant’anni prima, durante una predica a tema mariano pronunciata dal santo e teologo francescano: l’apparizione di una stella sul suo capo”.
Venne dunque commissionata un’importante scultura in terracotta: “da sempre conservata a Collemaggio - prosegue Gianluigi Simone - è attualmente attribuita a Saturnino Gatti, uno dei principali artisti del Rinascimento aquilano, movimento ispirato all’arte di Firenze, città con la quale L’Aquila commerciava lana, vera ricchezza delle montagne abruzzesi di allora”. Il crollo totale del transetto della Basilica di Collemaggio nel 2009 ha comportato una temporanea musealizzazione dell’opera fittile che solo pochi mesi fa è tornata nel luogo che da sempre la custodisce, messa in sicurezza grazie ad un “basamento antisismico che ne dovrebbe garantire – in caso di future nuove scosse – un’oscillazione ammortizzata, in grado di evitare traumi e rotture”.
Simbolo di religiosità civica
Risale al Settecento invece la Madonna del Popolo aquilano, comprotettrice della città, dipinta su tela e ispirata all’affresco mariano venerato nel Santuario di Vallebona a Orvinio, in provincia di Rieti. “Il quadro – racconta ancora Gianluigi Simone, che presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose “Fides et Ratio” de L’Aquila è anche docente di Storia dell’Arte Moderna - “fu donato nel 1723 alla chiesa di San Marco Evangelista dal cappuccino Giuseppe Antonio da Trivigliano, che ne diffuse il culto. Questa veneratissima immagine diede vita ad una specifica confraternita, destinata a divenire un vero simbolo della religiosità civica, e che vide tra i suoi più illustri membri l’imperatore d’Austria Carlo VI, la moglie e le tre figlie.
La memoria delle vittime del sisma
Oggi l’immagine, recuperata tra le macerie dai Vigili del Fuoco il 3 maggio del 2009, successivamente restaurata e nuovamente incoronata, si venera nella chiesa di Santa Maria del Suffragio: una copia è esposta nella cappella della Memoria, dedicata alle vittime del sisma del 6 aprile 2009, mentre l’originale è conservato nella sagrestia monumentale. La chiesa di San Marco, gravemente danneggiata con ampi crolli dal sisma del 2009, infatti ha solo da poco visto partire gli improcrastinabili lavori di restauri ed è tuttora inagibile”.
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