Emergenza Pakistan: un terzo del Paese è sott'acqua
Gabriella Ceraso - Città del Vaticano
Una scia di distruzione "senza precedenti negli ultimi 30 anni". Questa la situazione, secondo il premier Shehbaz Sharif, lasciata in Pakistan dalle piogge monsoniche, mai così prolungate oltre il mese di luglio - dice il padre salesiano Piero Ramello da Lahore, risparmiata questa volta dalla valanga di acqua - e mai così intense. Un terzo del Paese affonda.
Case, beni, sostentamento sono andati perduti per molti, affondati come in un oceano. Finora sarebbefro 1060 le vittime dall'inizio delle piogge e 33 milioni le persone coinvolte. Quasi tutto il Baluchistan e il Sindh, le due province più colpite, il KPK e il Punjab meridionale stanno affrontando una crisi senza precedenti, per la quale il governo ha chiesto l'aiuto urgente della comunità internazionale. Tante famiglie necessitano di cibo, riparo e assistenza sanitaria e poi, avendo perso tanti animali e bestiame, che fanno parte della sussistenza quotidiana, le difficoltà sono enormi, ci spiega padre Ramello. Il Papa ha richiamato alla solidarietà generosa della comunità internazionale, la stessa invocata dal primo ministro Sharif.
La questione rifiuti
Intanto i fondi stanziati dal governo sembrano del tutto insufficienti. Il problema principale - afferma padre Ramello - oltre la congiuntura climatica che con il riscaldamento globale sembra gravare in particolare sul Pakistan - è l'assenza di un sistema di smaltimento o di raccolta dei rifiuti, per cui in tutto il Paese la gente butta l'immondizia nei fiumi. Quando l'acqua si fa abbondante e incontenibile, i rifiuti creano vere e proprie barriere, ostacolando il normale deflusso e alimentando esondazioni e allagamenti di enormi proporzioni. I programmi di pianificazione urbana mal concepiti hanno portato inoltre alla costruzione di migliaia di edifici in aree a rischio di inondazioni. Oltre a questo, c'è il riscaldamento della Terra: i funzionari pakistani attribuiscono la colpa al cambiamento climatico, affermando che il Pakistan sta subendo le conseguenze di pratiche ambientali irresponsabili in altre parti del mondo. Sarebbe l'ottavo Paese più minacciato da eventi meteorologici estremi, secondo uno studio dell'ONG Germanwatch.
Emergenza nel Paese
Simbolo del disastro è il fiume Indo, che attraversa la provincia meridionale del Sindh, ingrossato da decine di fiumi e torrenti di montagna che hanno rotto gli argini a causa delle piogge record e dello scioglimento dei ghiacciai. Le paratoie sono state aperte per far fronte a un flusso di oltre 600.000 metri cubi al secondo, ha dichiarato il responsabile della principale diga che regola il flusso del fiume vicino alla città di Sukkur, nella provincia di Sindh, dove vivono circa 500.000 persone. Le autorità hanno avvertito che nei prossimi giorni si prevede che torrenti d'acqua raggiungano la provincia di Sindh, aumentando le difficoltà di milioni di persone già colpite dalle inondazioni.
Il FMI: aiuti non sufficienti
Un disastro dunque di rara portata, per il quale il Paese è in stato di emergenza in un momento già molto difficile dovuto ad un collasso economico. I prezzi dei prodotti alimentari di base sono in aumento e i problemi di approvvigionamento si fanno già sentire nelle province di Sindh e Punjab. C'è poi una profonda crisi politica dopo l'estromissione del primo ministro Imran Khan, avvenuta in aprile a seguito di un voto di sfiducia dell'Assemblea Nazionale. In giornata la riunione a Washington del Fondo Monetario Internazionale per approvare la ripresa di un programma di prestiti da 6 miliardi di dollari, fondamentale per il Paese, ma è già chiaro che il Pakistan avrà bisogno di più per ricostruire le infrastrutture distrutte dalle inondazioni.
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