Tigray, la strage degli innocenti. L’orrore di un conflitto dimenticato
Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano
È un interrogativo violento e dilaniante quello che si pone Teodros Ghebreyesus: è forse il colore della pelle la causa della totale distrazione nei confronti di quanto accade nel Tigray? Il direttore generale dell’Oms, eritreo e di etnia tigrè, si rivolge alla comunità internazionale con evidenti accuse di razzismo e denuncia ancora una volta la crudeltà inimmaginabile di una crisi umanitaria, quella nella regione dell’Etiopia teatro del confitto tra governo e ribelli, che definisce la peggiore di qualsiasi altra nel mondo, in cui 6 milioni di persone vivono da 21 mesi sotto assedio, tagliate fuori da tutto.
La pace, unica soluzione
Da nessuna parte, è l'accusa di Ghebreyesus, si parla del Tigray, gli aiuti, interrotti per molto tempo, hanno iniziato ad arrivare solo negli ultimi mesi, ma continuano ad essere insufficienti, la popolazione non ha accesso alle medicine e alle telecomunicazioni, non ha cibo e le è impedito di uscire dalla regione. “In nessuna parte del mondo – sono le parole del direttore dell'Oms - si può vedere un tale livello di crudeltà”. Il conflitto nel Tigray è iniziato nel novembre del 2020, con una operazione militare lanciata dal premier etiope Abiy Ahmed dopo i presunti attacchi del Fronte popolare di liberazione del Tigrè contro le forze nazionali di sicurezza etiopi a Macallè, la capitale della regione. "Il risultato è che la popolazione del Tigré – spiega Ghebreyesus – è ora alle prese con multiple epidemie di malaria, antrace, colera, diarree e altre malattie". La sola soluzione, è la sua conclusione, è la pace.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui