Regge la tregua tra Armenia e Azerbaigian
Giancarlo La Vella – Città del Vaticano
In soli due giorni di attacchi almeno 200 militari, dall’una e dall’altra parte, hanno perso la vita. Armenia e Azerbaigian continuano ad accusarsi reciprocamente di bombardamenti sui rispettivi territori. Di fatto le armi ora tacciono grazie ad una tregua concordata con la mediazione russa, ma la questione, che oppone Yerevan e Baku sulla regione autoproclamatasi indipendente nel 1991 del Nagorno-Karabakh, rimane irrisolta. La Caritas Armenia, guidata dal patriarca armeno cattolico, Raphaël Bedros XXI Minassian, è mobilitata, intanto, per fornire aiuti alle persone che sono fuggite dalle proprie case a causa dei combattimenti.
Le richieste della CEC
La vicenda ha suscitato le reazioni della Conferenza delle Chiese europee, organismo ecumenico che riunisce protestanti, ortodossi, anglicani e vetero-cattolici d’Europa. In una lettera a Joseph Borrell, alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza e vicepresidente della Commissione europea, l’organismo ha espresso “profonda preoccupazione per il rinnovato conflitto tra Armenia e Azerbaigian innescato il 12 settembre scorso”, lanciando un appello a Bruxelles, affinché metta in atto ogni sforzo volto a “evitare un’ulteriore escalation e a ristabilire un cessate il fuoco favorevole alla ricerca di una pace duratura”.
I tentativi della diplomazia
Proprio stamani il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha sentito telefonicamente il capo di Stato azero, Ilhan Aliyev, e il premier armeno, Nikol Pashinyan, esortando i due leader a garantire una de-escalation sostenibile e a intensificare gli sforzi per consolidare la pace. Da parte statunitense annunciata la visita in Armenia della speaker della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi, accompagnata da una folta delegazione parlamentare.
L’appello del Papa
Nel contesto di queste nuove tensioni nel Caucaso, il 14 settembre scorso Papa Francesco ha lanciato un appello al termine della Messa celebrata a Nur-Sultan, in Kazakhstan, affinché si continui a pregare “perché, anche in questi territori, sulle contese prevalgano il confronto pacifico e la concordia”.
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