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Palazzo Montecitorio, Roma, sede della Camera dei Deputati Palazzo Montecitorio, Roma, sede della Camera dei Deputati 

Cattolici e politica in Italia, un contributo ancora fecondo

Oggi all’Istituto Sturzo la riflessione di storici, economisti e giornalisti sul ruolo dei cattolici nella politica italiana “tra passato e futuro”. L’afflato delle realtà cattoliche per il bene comune non trova ancora una giusta rappresentanza nei partiti ma può contaminare positivamente il dibattito. Giovagnoli: i cattolici sono in grado di gestire la complessità delle società moderne

Marco Guerra – Città del Vaticano

“Cattolici e politica in Italia tra passato e futuro" è il tema del convegno organizzato oggi a Roma presso l’Istituto Sturzo e animato dagli interventi di Nicola Antonetti, presidente dell’Istituto Luigi Sturzo; del giornalista Marco Damilano; del sociologo Giuseppe De Rita; dell’economista Stefano Zamagni; dello storico Agostino Giovagnoli; e ancora del direttore di Avvenire Marco Tarquinio e del fondatore della Comunità di Sant’Egidio, Andrea Riccardi.

La sensibilità cattolica

In vista delle elezioni politiche che si terrano domenica prossima, l’Istituto Sturzo vuole rilanciare la riflessione sul contributo che la sensibilità dei cattolici italiani può offrire alla politica e sul perché questo patrimonio di esperienze, capacità e cultura in questi ultimi decenni non è riuscito ad esprimere tutto il suo potenziale, spesso rimanendo ai margini del dibattito pubblico.

Papa Francesco: politica sia vocazione nobile

Papa Francesco nella conferenza stampa sul volo di ritorno dal viaggio in Kazakhstan ha fornito nuovi elementi di ispirazione per coloro che intraprendono l’impegno in politica, esortandoli a mettersi in gioco “per i valori della patria, i grandi valori” e non “per interessi, la poltrona, gli agi...”. E poi, riferendosi anche all’Italia, Francesco ha chiesto alle nazioni di cercare grandi politici che abbiano una vocazione nobile della politica. La politica, infatti, “resta una delle forme più alte di carità” e dovrebbe prendere in mano problemi come “l’inverno demografico, il problema dello sviluppo industriale, dello sviluppo naturale e il problema dei migranti”. Parole che suonano come un appello ad un nuovo protagonismo per la ricerca del bene comune. E per contaminare l’agenda politica, ricorda oggi Riccardi dalle pagine del Corriere, Giovanni Paolo II pensava ad una fede che doveva diventare cultura, per essere pienamente vissuta.

Giovagnoli: cattolici privi di partito di riferimento

Il cattolico deve quindi creare cultura e incarnare i suoi principi nell’impegno sociale e politico. Per adempiere a questa missione i cattolici, nel Novecento, potevano contare su partiti di ispirazione apertamente cristiana mentre ora vedono diluire la loro presenza in tante formazioni politiche che quasi mai riconoscono completamente l’universo di valori della Dottrina sociale della Chiesa. Ai nostri microfoni, lo storico Agostino Giovagnoli, analizza questo cambiamento, indicando il 1994 come anno della svolta, con la fine della Democrazia Cristiana. Da quel momento i cattolici non hanno più un partito di ispirazione cristiana di riferimento anche se inizialmente l’eredità della Dc è stata ancora molto forte per poi diminuire gradualmente. “Oggi siamo assai lontani da quel quadro – evidenzia Giovagnoli – a cui non dobbiamo guardare con nostalgia ma come una grande lezione, ricca e feconda”.

Ascolta l'intervista al prof. Agostino Giovagnoli

Cattolici incisivi nella società

Giovagnoli ripercorre anche le incertezze dell’ultimo trentennio dove i cattolici sono stati disorientati dalla visione bipolare della politica italiana. Tuttavia, secondo lo storico, i cattolici hanno ancora una presenza significativa sotto il profilo sociale, civile e culturale. “Non ci sono altre realtà con questa incidenza nella società italiana – prosegue Giovagnoli –, eppure c’è una difficoltà a dialogare con la politica”. Secondo il professore non si tratta di un limite dei cattolici ma della politica italiana che è inospitale nei confronti dei cattolici, che non dà spazio ai loro principi, all’anelito verso il bene comune, ma piuttosto il sistema della Seconda Repubblica tende a privilegiare il conflitto e la contrapposizione.

Pluralismo di posizioni

Il bene comune diventa quindi il minimo comun denominatore dei cattolici impegnati in politica. “Al di là del pluralismo di posizioni, c’è una convergenza di fondo su alcuni valori, una sensibilità comune dei cattolici per il Paese, d’altra parte per i cattolici la politica è servizio per gli altri”, spiega ancora Giovagnoli, che poi ricorda come oggi i cattolici oscillino tra il riaffermare i cosiddetti valori non negoziabili, riconducibili alla tradizione cattolica, e alcune questioni più immediatamente comprese anche dai non cattolici come l’impegno per la pace e i poveri.  Si tratta comunque di una voce che ha una sua utilità per il bene comune.

Cattolici e complessità

Infine, Giovagnoli si sofferma sulla capacità di produrre cultura e contaminare l’agenda politica: “Il divorzio dalla cultura è un problema della politica italiana. I cattolici hanno la capacità di elaborare questioni complesse trasformandole in un messaggio chiaro per tutti, la polemica politica è ridotta a propaganda, invece viviamo in una società complessa che ha bisogno dello sguardo cristiano per inglobare delle competenze di tipo geopolitico sulle grandi questioni che interessano il mondo di oggi. I cattolici sono in grado di dire qualcosa alla società in cui vivono”

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20 settembre 2022, 15:07