Il coraggio di finire la guerra e il rischio grande di andare oltre
Sergio Centofanti
L’invasione russa in Ucraina doveva essere una guerra lampo. Sono ormai sette mesi che sta portando morte, lutti e distruzione. Era stata motivata come una guerra di liberazione di un popolo da un manipolo di nazisti. Invece il Cremlino ha incontrato un popolo unito che vuole restare libero e indipendente mentre i cittadini russi non vogliono andare a morire in una terra che non è la loro e non vuole essere conquistata.
Molti cittadini russi non vogliono essere carne da macello per un conflitto che non ha senso e mentre i capi e i figli dei capi si tengono ben lontani dalla linea del fronte. L’unica motivazione che resta è salvarsi e fuggire dall’arruolamento forzato che è stato annunciato da Putin.
Mosca non ha fatto bene i calcoli: ha incontrato un popolo coraggioso che resiste e che riceve la solidarietà internazionale. Anche i Paesi amici che riteneva più vicini si stanno allontanando. Ora si ritrova sempre più sola a causa di una guerra assurda che ha iniziato pensando di vincere in breve tempo.
Ora dovrebbe avere il coraggio di terminarla presto, senza averla vinta. È chiaro che chi ha iniziato il conflitto, se non riporta a casa un trionfo, rischia. Per questo oggi la situazione è terribilmente pericolosa. Chi è disperato può compiere gesti disperati. Le minacce di usare armi nucleari sono ormai aperte.
La distanza tra il coraggio e la disperazione è grande, ma se i coraggiosi crescono di numero e si uniscono allora la storia può cambiare. La storia insegna che i popoli si ribellano quando le ingiustizie superano il livello di guardia. Siamo ad un punto di svolta.
Il problema più difficile è che il Cremlino sta finendo le opzioni a sua disposizione. È un punto molto rischioso perché le scelte si riducono a due: avere il coraggio di finire la guerra o rischiare il tutto per tutto spingendosi oltre, dove le minacce diventano realtà. E allora la catastrofe sarebbe grande. Che Dio ci protegga.
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