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Lungo i viali di Nur-Sultan, in attesa del Papa e dei leader religiosi

La capitale del Kazakhstan è un laboratorio di fedi e culture dove le atmosfere ex-sovietiche si mescolano al dinamismo di una città che vuole essere polo asiatico di incontro. "Qui il dialogo interreligioso è eccellente", afferma monsignor Piotr Pytlowany, "e non un artificio ma una concreta forma di vita"

Antonella Palermo - Inviata a Nur-Sultan

Le yurte delle popolazioni nomadi delle steppe asiatiche si ritrovano riprodotte davanti alla cattedrale della Madre del Perpetuo Soccorso, a memoria di quell'immaginario che nella modernissima capitale del Kazakhstan in realtà non trova traccia, se non filtrate e ricomposte in alcuni design delle costruzioni contemporanee che costellano il suo abitato. Qui, di fatto, a dominare è un miscuglio tra atmosfere ex-sovietiche e dinamismo di impronta occidentale. 

Tra atmosfere ex sovietiche e impulsi futuristici

Le grandi arterie che innervano Nur-Sultan sono fiancheggiate da un’alternanza di bandiere del Kazakhstan, della Santa Sede e della Cina. Dall’aeroporto una sosta alla moschea blu, la più grande dell’Asia centrale, appena inaugurata. Gli ex-gulag, a una cinquantina di chilometri, sono vestigia del passato tragico toccato ai dissidenti politici imprigionati nell’ex Urss. Tutti parlano il russo, il kazako – spiegano – fatica a emergere come lingua nazionale. Divisa in due dal fiume Ishim, la città è nata e cresciuta sotto l’impulso dell’ex presidente Nazarbayev, di cui ancora porta il nome: resta aperto e diffuso il dibattito per ripristinare l’antica denominazione Astana.

Bandiere vaticana, kazaka e cinese lungo i viali del centro città
Bandiere vaticana, kazaka e cinese lungo i viali del centro città

Scenari della città

Ovunque i segni architettonici firmati dai più grandi: da Foster a Kurosawa. Proporzioni enormi a imprimere un profilo avveniristico. Campeggia con i suoi 100 metri di altezza, la torre Bayterek, l’albero della vita, su cui svetta la sfera dorata dove nel 2003 fu firmata la dichiarazione finale del primo Congresso delle religioni mondiali e tradizionali. L'uccello sacro Samruk, alla sommità della colonna Kazakh Eli (in onore dell'indipendenza del Paese), simboleggia l'aspirazione allo sviluppo sostenibile e al progresso. Ovunque spazi dedicati all’arte: il Palazzo della creatività, sede della Facoltà d'arte, è un edificio blu a forma di anello. Ecco, creatività: una parola adatta a descrivere questo territorio 'periferico', sì, ma poi... rispetto a cosa? Qui ogni comunità religiosa, ogni famiglia è un micro cosmo di etnie. Così, da ex avamposto militare russo, Nur-Sultan cambia profilo di anno in anno affidandosi a ingenti finanziamenti edilizi che sfruttano i talenti internazionali per trainarla verso un 'altrove' che, sospetta qualcuno, non è ancora chiarissimo. 

La torre Bayterek
La torre Bayterek

Il "germoglio" della Chiesa asiatica

Monsignor Piotr Pytlowany, del Segretariato dei vescovi dell’Asia centrale, assiste agli ultimi preparativi per l’arrivo di Papa Francesco che diversi musulmani, sunniti, vedono come un papà. "In Kazakhstan il dialogo interreligioso è eccellente e non è un artificio – dice - ma una concreta forma di vita". Di "germoglio" parla invece monsignor Antony James Corcoran SJ, amministratore apostolico del Kirghizistan, Paese confinante, giunto qui come altri religiosi per incontrare il Papa: il germoglio è la "piccola Chiesa in Asia" che tuttavia ha bisogno di un impegno non piccolo per farla vivere. "Il Papa porterà supporto, incoraggiamento e consolazione. Ha un grande valore per noi la sua presenza, importante per promuovere la pace. Perché - precisa - il dialogo deve essere prima di tutto un desiderio. Il dialogo deve essere incarnato. Una riverenza verso l'altro".

Monsignor Antony James Corcoran SJ, Amministratore apostolico del Kirghizistan
Monsignor Antony James Corcoran SJ, Amministratore apostolico del Kirghizistan

"Il Papa, un momento di luce"

"La guerra è sempre una tragedia", chiosa poi padre Corcoran. Stanno arrivando anche dalla Russia i pellegrini cattolici, tra loro un altro gesuita giovane, slovacco americano, che vive a Novosibirsk, in Siberia: i frutti del nostro impegno sono piccoli e delicati - osserva - speriamo che crescano ma l'importante è mantenere uno spirito di autenticità, questo ci piace. "Il Papa qui è un momento di luce, soprattutto guardando a quella che viene da noi chiamata 'operazione speciale in Ucraina'". Aggiunge il gesuita: "Il Papa porta gioia solo spostandosi. Questo conta". 

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Fotogrammi da Nur-Sultan, la capitale del Kazakhstan
13 settembre 2022, 06:14