Otranto, Giornalisti del Mediterraneo: raccontare la guerra nell'era dei social
Andrea De Angelis - Otranto
I social possono essere una fonte d’informazione? In che modo gli inviati di guerra riescono a comunicare un conflitto come quello in Ucraina? Sono solo due delle domande centrali della terza sessione del Festival Giornalisti del Mediterraneo, tenutasi ieri a Largo Alfonsina, ad Otranto, dove la XIV edizione dell’evento proseguirà fino a sabato 10 settembre.
La verifica delle fonti
A moderare la sessione dal titolo “Ucraina, la guerra raccontata attraverso i nuovi media” è stato Patrizio Nissirio, giornalista dell’Ansa. Come fa il giornalista a raccontare quanto più possibile la verità di questa guerra? “È una domanda molto difficile, un nodo insoluto che abbiamo da molti anni, questa però è probabilmente la guerra più raccontata dai social e dai nuovi media, penso ad esempio ai podcast”, risponde Cristina Giudici, giornalista del Foglio. “Il problema sono le fonti perché è molto difficile accedere a quelle indipendenti. Anche la velocità del racconto va tenuta in considerazione: agli inviati si chiedono dirette, articoli, i social. Non è semplice”, aggiunge. Quindi il racconto dell’inviata: “Sono andata a raccontare l'esodo dei profughi, il mio obiettivo era documentare i cosiddetti stupri di guerra. Sono stata in un villaggio occupato a lungo dai russi nella cintura di Kiev. Ho visto le fosse comuni, i sotterranei dove erano tenute prigioniere le donne ucraine, ma quando ho chiesto delle violenze, mi hanno detto nessuna violenza. Molte cose non sono riuscita a verificarle. La frase che più ricordo è stata quella del marito di una donna prigioniera, che abbracciandomi mi ha chiesto, piangendo, di aiutarli a restare umani”. “Secondo me – conclude – una delle questioni centrali, un problema da risolvere è lo scrivere delle cose dandole per scontate, perché i giornalisti devono essere sempre autorevoli”.
Giornalismo e democrazia
“Come abbiamo fatto noi giornalisti a fare diventare i social fonte d'informazione? Non è possibile questo”. A dirlo nel corso del suo intervento è Zouhir Louassini, giornalista di Rai News 24. “I social, non dimentichiamolo, appartengono a delle società che ci guadagnano, ed il punto è che sulle piattaforme si evita di analizzare, di ragionare. Comandano gli algoritmi che fanno vedere all'utente ciò che vuole vedere. Finiamo per tifare, anziché ragionare. Sugli eventi e anche sul nostro mestiere”. Da qui la ferma convinzione che “i social non possono essere fonte di informazione, semmai di una narrazione, di propaganda. Non di informazione”. La logica e l'etica del giornalismo in questi ultimi anni si sta distruggendo, sta distruggendo – rimarca - il nobile mestiere del giornalismo. La mia impressione è che anche testate importanti stanno seguendo la logica dei social, ma questo è l'inizio della fine della democrazia. Se il giornalismo non rispetta il suo ruolo, può diventare uno degli strumenti per distruggere la democrazia”.
Il ruolo dell’inviato
Alla sessione ha partecipato anche Angelo Macchiavello, giornalista di Mediaset. “Sono stato tre mesi in Ucraina, tra cui 15 giorni a Kharkiv dove le testate riportavano che i russi si stavano ritirando. Non era così. I russi erano a 16 chilometri, si sono ritirati di un paio di chilometri. Ogni notte dormivo in bagno, perché i razzi arrivavano ed era l'unica stanza senza finestre”. Questo per ribadire l’importanza della verifica delle fonti sul campo, perché “fino a quando ci saranno inviati sul terreno il nostro mestiere, il giornalismo non morirà mai”. Come deve esplicarsi il racconto, quali le regole da seguire? “Io racconto solo quello che vedo. Se sono in Ucraina non parlo di ciò che accade nel Paese, ma nel posto in cui mi trovo. Soprattutto – conclude Macchiavello - faccio le domande che tutti faremmo”.
Il programma del 9 settembre: il mondo e la guerra
La terza giornata del Festival Giornalisti del Mediterraneo, è interamente dedicata al tema della guerra. I lavori del Festival si aprono infatti alle 20.30, con l’incontro dal titolo “Che mondo dopo la guerra?”, che sarà occasione per ascoltare dalla voce di grandi esperti di scenari internazionali il mondo post-bellico. Relatori del panel, moderato dal giornalista del Tg1 Paolo Di Giannantonio, l’inviata di guerra del Tg5 Gabriella Simoni, il vicedirettore dell’Ansa Stefano Polli e l’ex diplomatico e ceo di”MC Geopolicy” Marco Carnelos. Tra gli ospiti del primo panel anche Paolo Ruffini, prefetto del Dicastero per la Comunicazione della Santa Sede, che sottolinea: “È sempre difficile quando si è nel mezzo di una cosa, pensare al dopo ed è sempre difficile nel mezzo di una guerra pensare alla pace. Difficile, ma necessario per non rimanere inchiodati a un presente senza futuro. E il futuro che il presente ci chiede di pensare – come dice il Papa – è un futuro senza guerra, senza guerre, senza la corsa al riarmo, un futuro che ci riconsegni la consapevolezza che non è con le guerre che si risolvono i conflitti. Un futuro dove anche il giornalismo sia giornalismo di pace. Serve creatività. Serve non dimenticare che la lezione giusta non è quella di Caino. Serve avere la consapevolezza che la comunicazione può aiutarci a ritrovare la via della pace, del dialogo, della fratellanza. Come diceva Dietrich Bonhoefer, la pace va osata”.
Anche il secondo panel della giornata, alle 22, sarà incentrato sulla crisi bellica in corso: moderato da Alessio Lasta, giornalista La7, l’incontro, dal titolo “Le due guerre. Il conflitto russo-ucraino e la propaganda social”, vedrà a confronto Giuseppe Brindisi, conduttore di “Zona bianca” (Rete4) e David Puente, vicedirettore di Open. Ospite del Festival dei Giornalisti 2022 stasera sarà anche il progetto “Levantina”, talk itinerante dedicato al dialogo tra Italia e Grecia promosso da Myth euromed. Un dibattito sui temi legati al contesto Mediterraneo di Italia, Puglia e Grecia, nel quale sarà presentato il libro “D’inverno, Venezia” (Ensemble editore) di Patrizio Nissirio.
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