Sull’orlo di una guerra nucleare: 60 anni fa prevalse il dialogo
Amedeo Lomonaco – Città del Vaticano
Gli eventi che hanno portato il mondo vicino alla terza guerra mondiale e ad un conflitto atomico hanno nei libri di storia una data di inizio: il 14 ottobre del 1962 un aereo spia americano fotografa installazioni missilistiche in costruzione sull’isola di Cuba, a meno di 150 chilometri dalle coste della Florida. Tre anni prima era stato rovesciato a Cuba il regime del generale Fulgencio Batista ed era salito al potere Fidel Castro, alla guida del primo Stato socialista dell’emisfero occidentale.
L’embargo imposto dagli Stati Uniti dopo la decisione del nuovo governo cubano di nazionalizzare le società a capitale estero e il fallito tentativo di invasione della Baia dei Porci per rovesciare l’esecutivo di Fidel Castro sono le premesse di un nuovo assetto geopolitico: sul mondo, diviso in due blocchi, si abbattono ancora più impetuosamente i venti della guerra fredda. In questo scenario si avvia una fase di cooperazione tra Unione Sovietica e Cuba. Nel mese di luglio del 1962 il segretario generale del Partito Comunista, Nikita Chruščёv, e Fidel Castro trovano un accordo, in segreto, per l’installazione di missili sovietici nel Paese caraibico. Un’intesa poi documentata, esattamente 60 anni fa, dalle foto scattate durante un volo dell’aereo spia statunitense U-2, pilotato dal maggiore Richard S. Heyser. I fotogrammi sono la prova dei lavori in corso per la realizzazione di basi da cui poter lanciare razzi nucleari in grado di colpire anche gli Stati Uniti.
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Il discorso del presidente Kennedy
Il presidente statunitense John F. Kennedy, informato il 16 ottobre, riunisce un comitato esecutivo del Consiglio per la Sicurezza Nazionale, di cui fanno parte capi politici e militari. Viene presa una decisione unanime: quella di non permettere all’Unione Sovietica di installare dei missili a Cuba. Kennedy respinge l’opzione militare diretta. Viene invece adottata la linea della “quarantena navale”: in base a questa misura, come annunciato il 22 ottobre dal capo della Casa Bianca in un discorso televisivo alla nazione, saranno respinte “tutte le navi di qualsiasi tipo dirette a Cuba da qualsiasi nazione o porto, se si trovano a contenere carichi di armi offensive. Questa quarantena sarà estesa, se necessario, ad altri tipi di carichi e vettori”. “La politica di questa nazione - aggiunge il presidente Kennedy - sarà quella di considerare ogni missile nucleare lanciato da Cuba contro qualunque nazione dell’emisfero occidentale come un attacco lanciato dall’Unione Sovietica contro gli Stati Uniti, che provocherà una rappresaglia con ogni mezzo nei confronti dell’Unione Sovietica”. Il 24 ottobre navi sovietiche cariche di rifornimenti e probabilmente di materiale militare si avvicinano al limite della quarantena navale. Proseguono poi lungo la rotta verso Cuba solo alcune di queste imbarcazioni, dopo essere state sottoposte a ispezione da parte degli americani. Durante la crisi le comunicazioni tra Washington e Mosca, anche se difficili, non vengono mai interrotte.
L’appello di San Giovanni XXIII
Il 25 ottobre del 1962 si eleva l’appello per la pace di Papa Giovanni XXIII, che pochi giorni prima ha pronunciato il discorso di apertura del Concilio ecumenico Vaticano II. Il radiomessaggio del Pontefice viene trasmesso dalla Radio Vaticana in un momento in cui sembra già raggiunto il culmine della contrapposizione tra americani e sovietici. “Con la mano sulla coscienza, che ascoltino il grido angoscioso che, da tutti i punti della Terra, dai bambini innocenti agli anziani, dalle persone alle comunità, sale verso il cielo: pace! Pace! Noi rinnoviamo oggi questa solenne implorazione”. “Noi supplichiamo - aggiunge Papa Roncalli - tutti i governanti a non restare sordi a questo grido dell'umanità. Che facciano tutto quello che è in loro potere per salvare la pace. Eviteranno così al mondo gli orrori di una guerra, di cui non si può prevedere quali saranno le terribili conseguenze. Che continuino a trattare, perché questa attitudine leale e aperta è una grande testimonianza per la coscienza di ognuno e davanti alla storia. Promuovere, favorire, accettare i dialoghi, a tutti i livelli e in ogni tempo, è una regola di saggezza e di prudenza che attira la benedizione del cielo e della terra”.
Pace per l'intera famiglia umana
Pochi mesi dopo la crisi del missili a Cuba, viene pubblicata la lettera enciclica “Pacem in Terris” nella quale Papa Roncalli scongiura “gli uomini, soprattutto quelli che sono investiti di responsabilità pubbliche, a non risparmiare fatiche per imprimere alle cose un corso ragionevole ed umano”. La paura e il rischio concreto di una guerra nucleare esigevano nel tempo della guerra fredda e richiedono ancora oggi scelte politiche responsabili: “giustizia, saggezza ed umanità - scrive Giovanni XXIII nell'enciclica - domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci”. In un mondo in cui l’equilibrio e la pace sono garantiti anche dalla minaccia delle armi, gli uomini vivono “sotto l’incubo di un uragano che potrebbe scatenarsi ad ogni istante con una travolgenza inimmaginabile”. “Dalla pace - osserva il Pontefice nell'enciclica Pacem in Terris - tutti traggono vantaggi: individui, famiglie, popoli, l’intera famiglia umana”.
La fine della crisi
I primi spiragli di pace si intravedono il 26 ottobre, il giorno successivo all’appello di Papa Giovanni XXIII. Il segretario generale del Partito Comunista sovietico Chruščëv avanza la proposta del ritiro dei missili se gli Stati Uniti promettono di non invadere l'isola di Cuba. Un momento critico si vive invece il 27 ottobre, quando viene abbattuto un aereo U2 americano e una forza di invasione è pronta a lasciare le coste americane per sbarcare sull’isola caraibica. Ma prevale la via diplomatica.
L’Unione Sovietica si dice pronta allo smantellamento dei sistemi di lancio già installati a Cuba se da Washington arriva una mossa analoga in Turchia. Il dialogo tra le superpotenze porta alla fine della crisi, che può considerarsi conclusa il 28 ottobre. La quarantena navale termina nel mese di novembre del 1962. Un anno dopo viene installata la cosiddetta linea rossa tra Washington e Mosca, in modo che i leader delle di Stati Uniti e Unione Sovietica potessero parlarsi direttamente in caso di eventi gravi.
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La crisi raccontata sui quotidiani
Nei 13 giorni della crisi dei missili di Cuba la tensione tra Stati Uniti e Unione Sovietica tocca il suo punto più alto, tenendo il mondo intero con il fiato sospeso. “Blocco navale americano a Cuba. Le navi che portano armi saranno dirottate”, scrive Il Corriere della Sera il 23 ottobre 1962. Nella stessa pagina si legge: “Kruscev risponde a Kennedy e minaccia una azione più potente e decisiva”.
Un taglio diverso lo dà il quotidiano L’Unità, che lo stesso giorno titola: “Cuba bloccata dalle armate degli Stati Uniti. L’imperialismo americano porta il mondo sull’orlo del conflitto”. Le ore si susseguono e con loro anche la preoccupazione internazionale. “Divieto di passaggio per l’Armata Rossa. Castro si mobilita”, titola il tedesco Der Bild-Zeitung mercoledì 24 ottobre, mentre il giorno successivo Il Messaggero scrive: “Alcune navi russe invertono la rotta, ma la situazione rimane sempre grave”. Uno spiraglio di pace sembra arrivare il giorno successivo: “L’azione di conciliazione delle Nazioni Unite prende forma nella crisi cubana” è il titolo che il quotidiano francese Le Monde dedica alla vicenda venerdì 26 ottobre.
Sempre il 26 ottobre riceve vasta eco l'appello di Giovanni XXIII: “Papa supplica i Capi di Stato d'incontrarsi per salvare la pace” è il titolo del quotidiano La Stampa. Ma l’instabilità e l’incertezza ancora dominano la scena: “Washington denuncia che la Russia ha accelerato l’allestimento di missili a Cuba. L’atmosfera internazionale è tornata pesante”, scrive Il Corriere della Sera il 27 ottobre. I primi segnali reali di distensione arrivano nelle 24 ore successive: “Kruscev offre a Kennedy il ritiro dei missili da Cuba se gli americani smantellano le loro basi in Turchia”, spiega La Stampa domenica 28 ottobre. Un preludio a un’intesa festeggiata il 29 ottobre dal New York Times con un titolo che sa di liberazione: “Stati Uniti e Unione Sovietica raggiungono l’accordo su Cuba; Kennedy accetta l’impegno di Kruscev di rimuovere i missili sotto la sorveglianza delle Nazioni Unite”.
Guerra in Ucraina, l’appello di Papa Francesco
Come nel 1962 anche oggi il mondo ha bisogno di ascoltare e di accogliere il grido di pace dell’umanità. Dall’inizio del conflitto in Ucraina, Papa Francesco ha sottolineato molte volte che la guerra è una follia. E che la grave situazione creatasi – ha detto il Pontefice all’Angelus dello scorso 2 ottobre - aumenta "il rischio di un’escalation nucleare , fino a far temere conseguenze incontrollabili e catastrofiche a livello mondiale". “Il mio appello - ha affermato Francesco - si rivolge innanzitutto al Presidente della Federazione Russa, supplicandolo di fermare, anche per amore del suo popolo, questa spirale di violenza e di morte. D’altra parte, addolorato per l’immane sofferenza della popolazione ucraina a seguito dell’aggressione subita, dirigo un altrettanto fiducioso appello al Presidente dell’Ucraina ad essere aperto a serie proposte di pace. A tutti i protagonisti della vita internazionale e ai responsabili politici delle Nazioni chiedo con insistenza di fare tutto quello che è nelle loro possibilità per porre fine alla guerra in corso, senza lasciarsi coinvolgere in pericolose escalation, e per promuovere e sostenere iniziative di dialogo. Per favore, facciamo respirare alle giovani generazioni l’aria sana della pace, non quella inquinata della guerra, che è una pazzia!”.
Dal 1962 ai giorni nostri
Il nostro tempo non è quello della guerra fredda. Ma vari conflitti nel mondo, tra cui quello in Ucraina, seminano dolore e morte in varie regioni del pianeta. La crisi tra Russia e Ucraina ha fatto ripiombare il mondo nell’incubo nucleare. Per il presidente degli Usa Biden Biden: "il rischio di un conflitto nucleare non era mai stato così alto dalla crisi missilistica cubana del 1962".
Armi nucleari tattiche, armi nucleari strategiche. La differenza tra le due sta nella potenza, nella quantità dei chilotoni. Un'arma tattica da 0,3 chilotoni, dunque di scarsa potenza, può liberare un’energia simile a quella registrata nella catastrofica esplosione al porto di Beirut nel 2020. Una guerra nucleare non può e non deve essere combattuta, sottolinea Francesco Forti, fisico, segretario dell'Unione degli Scienziati Per Il Disarmo.
Una nuova fase del conflitto
"Dopo il 30 settembre", giorno in cui la Russia ha riconosciuto l'esito del referendum, definito farsa, in Ucraina, "si è aperta una nuova fase del conflitto". Lo sostiene Pietro Batacchi, direttore di Rivista Italiana Difesa. L'offensiva russa delle ultime ore certamente "è legata all'attacco ucraino, dal forte valore simbolico, al ponte che collega la Russia alla Crimea", ma va letta anche, aggiunge Batacchi, analizzando l'avanzata di Kiev ad est, che prosegue ormai da diverse settimane.
L'esperto di strategia militare sottolinea poi come sia sbagliato parlare di isolamento internazionale della Russia, mentre per quanto riguarda le sanzioni "bisognerà aspettare del tempo, perché gli effetti saranno a medio e lungo termine, non certo nel breve periodo". Centrale resta la parola negoziato, necessario per arrivare alla tanto auspicata pace. Secondo Batacchi si tratta di un traguardo ancora lontano, ma "sarei ben contento - conclude - se già si arrivasse in breve tempo ad un cessate il fuoco tra le parti".
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La puntata numero 109 di Doppio Click è stata realizzata da Andrea De Angelis, Alessandro Guarasci, Gianmarco Murroni, Francesca Merlo e Amedeo Lomonaco
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