Lampedusa, 3 ottobre: nove anni dopo, il progetto per una cultura di solidarietà
Tiziana Campisi – Città del Vaticano
Per non dimenticare, per capire e interpretare le migrazioni in Europa e per promuovere iniziative di sensibilizzazione e solidarietà, quest’anno, la Giornata della Memoria e dell'Accoglienza, che si celebra oggi a ricordo di tutte le vittime dell’immigrazione, coinvolge a Lampedusa studenti e professori di 53 scuole di 11 paesi europei, 70 volontari e 27 organizzazioni e istituzioni. La ricorrenza è stata istituita nel 2016 in Italia in seguito al tragico naufragio di un'imbarcazione, il 3 ottobre 2013, al largo delle coste dell'isola siciliana, che ha provocato la morte di 368 persone migranti; ora il Comitato 3 ottobre, organizzazione senza scopo di lucro che vuole promuovere una cultura dell’informazione e dell’accoglienza attraverso il dialogo con cittadini, studenti e istituzioni, appoggiata da UNHCR, OIM e l’UNICEF e da altre istituzioni chiede che diventi Giornata europea.
Il Progetto Welcome Europe
Giovani e docenti - oltre 350 - si sono ritrovati a Lampedusa, dal 30 settembre, insieme ai superstiti e ai familiari delle vittime dei naufragi del Mediterraneo, grazie anche al progetto Welcome Europe dei ministeri dell’Interno e dell’Istruzione, co-finanziato dall’Unione europea e realizzato da diversi enti, fra cui il Comitato 3 Ottobre. Workshop, dibattiti, spettacoli e commemorazioni, che si sono svolti in questi giorni e che si concludono oggi, sono stati pensati con l’obiettivo di costruire una società diversa, per guardare in un modo nuovo il fenomeno migratorio.
Il programma di oggi
Oggi i momenti più importanti sono alle 09:00 la marcia verso la Porta d’Europa, il monumento alla memoria dei migranti deceduti in mare, dove si svolge un momento di raccoglimento, e la deposizione di una corona di fiori in mare, alla presenza di autorità e istituzioni e con la partecipazione, oltre alle vedette della Guardia Costiera e della Guardia di Finanza, di alcune imbarcazioni di pescatori, della nave del soccorso civile Mare Jonio e parte della Civil Fleet europea, utilizzata da Mediterranea Saving Humans per missioni di soccorso. A seguire un collegamento streaming con il Parlamento Europeo a Strasburgo e alle 18:00 la commemorazione interreligiosa al Santuario della Madonna di Porto Salvo.
La campagna che coinvolge i comuni
Il Comitato 3 ottobre ha lanciato anche una campagna di sensibilizzazione rivolta ai comuni, per ricordare le rotte e i tanti confini e muri che impediscono a migliaia di persone di trovare un luogo sicuro in cui vivere e ottenere protezione. L’idea è di accendere un riflettore sulle rotte del Mediterraneo centrale ed orientale, sulla rotta atlantica e balcanica, sulle “nuove rotte” fra Polonia e Bielorussia e il Canale della Manica attraverso l’affissione di uno striscione sulla facciata del Palazzo Comunale o in luogo ritenuto simbolico, l’illuminazione di un monumento simbolo con il colore verde nella notte del 3 ottobre e la promozione della campagna attraverso i social network.
La visita di Francesco a Lampedusa nel 2013
A quanti, alla ricerca di un futuro migliore, sono morti in mare, ha dedicato il suo primo viaggio apostolico Papa Francesco, che l’8 luglio del 2013 si è recato a Lampedusa. E sono rimaste indelebili le immagini di quella corona di fiori bianchi e gialli gettata dal Papa al largo dell’isola, e anche le sue parole, nell’omelia della Messa celebrata al Campo sportivo Arena. Il Pontefice ha spiegato che con la sua visita nell’isola voleva “compiere un gesto di vicinanza ma anche a risvegliare le nostre coscienze” sulle tragedie in mare. “Non siamo più attenti al mondo in cui viviamo, non curiamo, non custodiamo quello che Dio ha creato per tutti - ha detto - e non siamo più capaci neppure di custodirci gli uni gli altri”. Francesco ha sottolineato pure che tante volte chi cerca “di uscire da situazioni difficili per trovare un po’ di serenità e di pace” o “un posto migliore per sé e per le loro famiglie” non trova comprensione, accoglienza o solidarietà e che si è “perso il senso della responsabilità fraterna”. “La cultura del benessere, che ci porta a pensare a noi stessi, ci rende insensibili alle grida degli altri, ci fa vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illusione del futile, del provvisorio” ha rimarcato, inoltre, il Pontefice, aggiungendo che tutto ciò “porta all’indifferenza verso gli altri” e “alla globalizzazione dell’indifferenza”, che ci rende tutti “responsabili senza nome e senza volto”.
Dalle giornate di Lampedusa, organizzate nell’ambito della commemorazione del 3 ottobre, nasceranno altre iniziative, spiega Marco De Carolis, docente del Liceo scientifico, musicale e coreutico Guglielmo Marconi di Pesaro, scuola capofila del Progetto Welcome Europe, perché cresca la cultura dell’accoglienza e dell’integrazione.
Quale speranza da questi giovani?
Crediamo che i ragazzi abbiamo la possibilità, davvero, di poter prendere in mano il loro futuro e soprattutto prendere in mano il futuro struttura della società. E quindi crediamo che il valore dell'accoglienza, il valore dell'integrazione, che cerchiamo di trasmettere anche all'interno di questi progetti che attiviamo con il mondo della scuola, possa diventare un pilastro del loro futuro, possa dare a loro delle radici per poi imparare anche a volare con le loro gambe, con i loro talenti, con le loro capacità, per essere accoglienti. Cioè, capire davvero che la diversità è una ricchezza e non qualcosa che ci fa perdere.
In che modo prosegue il Progetto Welcome Europe?
Il progetto mette insieme diverse realtà - il Liceo Scientifico Marconi di Pesaro collabora da anni con il Comitato 3 ottobre - e ha come obiettivo quello di continuare questa cultura dell'accoglienza, dell'integrazione. Dopo le giornate a Lampedusa inizieranno quelle di disseminazione: le scuole - oltre 40 in tutta Italia ed Europa - realizzeranno dei laboratori per parlare di accoglienza, di integrazione. Quindi, in una sorta di processo a cascata, dove gli studenti presenti qui sull'isola diventeranno ambasciatori dei loro compagni, cercheremo di ricordare in tutti i territori il valore dell'accoglienza di cui abbiamo parlato in questi giorni. Poi proseguirà con lo spettacolo “Sotto lo stesso cielo”, un musical originale, scritto all'interno del Progetto Fami (Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione), che verrà portato in Europa, in tutta Italia, iniziando un percorso di tournée. L'anno scorso siamo stati a Parigi, Bruxelles, Madrid, Lussemburgo, Napoli, Brescia. Quest'anno partiremo con Francoforte e Colonia, poi andremo ad Atene, a Sarajevo e continueremo il nostro viaggio itinerante, per portare questo spettacolo che racconta quello che è successo la notte del 3 ottobre 2013, la più grande strage nel Mediterraneo dopo la Seconda Guerra Mondiale.
Nell'impegno a favore dei migranti, su che cosa si ritiene più opportuno si debba lavorare di più?
Penso sia importante - questo è uno degli obiettivi principali anche del Comitato 3 ottobre – lavorare sull’esperienzialità. Noi parliamo tanto, spesso ci riempiano di parole che dicono accoglienza, che dicono integrazione, ma crediamo che sia necessario esperire, cioè fare esperienza. Quindi, per noi, esperienza, significa portare i ragazzi a incontrare i sopravvissuti, portare i ragazzi a dialogare con i migranti, quindi a fare esperienza su che cos'è la relazione umana. Essa non ha colore, non ha religione, non ha caratteristiche, perché, nell'essere umano e nel sangue che scorre nelle nostre vene, tutti ci riconosciamo come parte integrante dello stesso sistema. Quindi, penso che questo sia un elemento fondamentale: iniziare a fare una politica che sia più attiva, più pratica, che possa innescare esperienze, modalità concrete per poter sperimentare. Accogliere non è facile, di questo ne siamo convinti, incontrarsi tra culture diverse, incontrarsi nella diversità, non è facile nemmeno all'interno della stessa cultura, però, se non sperimentiamo e rimaniamo chiusi, sarà ancora più difficile farlo. Dopo due anni di pandemia, abbiamo bisogno di rincontrarci, di tornare ad abbracciarci.
Ma intanto continuano a crescere i numeri delle persone che affrontano viaggi pericolosi, nel Mediterraneo, per raggiungere l’Europa. E manca ancora, evidenzia Federico Fossi, dell’Ufficio Comunicazioni dell’UNHCR - l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati - Italia, una cooperazione fra gli Stati che assicuri il soccorso in mare e l’accoglienza nei diversi Paesi europei.
Com'è la situazione, oggi, nel Mediterraneo?
Premesso che i numeri degli arrivi via mare lungo le tre rotte del Mediterraneo, quindi Mediterraneo centrale, orientale e occidentale, sono numeri che fluttuano molto in base a tutta una serie di fattori -in primis le condizioni meteo marine - abbiamo, ovviamente, un incremento nei mesi estivi. Per il terzo anno consecutivo, poi, registriamo un aumento di flussi in arrivo, soprattutto nel Mediterraneo centrale. Quest'anno, rispetto all'anno precedente, abbiamo un 54% di persone in più, e oggi si contano circa 68mila persone in arrivo. Ora, di fronte a una percentuale di quasi 70% di arrivi lungo la rotta del Mediterraneo centrale, rispetto alle altre due rotte, abbiamo una percentuale di morti e dispersi in mare lungo che arriva all’ 84% del totale. Questo purtroppo ci conferma che la rotta del Mediterraneo centrale rimane la più attiva, ma anche la più pericolosa, con numeri di vittime che continuano a essere molto alti. Siamo già ben oltre 1200 quest'anno, e quindi oggi siamo a Lampedusa proprio in occasione di questa ricorrenza sia per ricordare le 368 persone che hanno perso la vita nel naufragio del 2013 e tutte le vittime che purtroppo continuano a essere troppe e che in tutti questi anni continuano a crescere come numero.
Quali politiche sono necessarie a livello internazionale?
È fondamentale che ci sia una cooperazione, una condivisione di responsabilità fra gli Stati in tutta una serie di fasi. Prima di tutto nelle attività di ricerca e soccorso in mare. Soccorrere le persone in difficoltà in mare è un imperativo umanitario che è radicato nel diritto internazionale. È la priorità assoluta, deve rimanere la priorità assoluta. Quindi, c'è bisogno che gli Stati cooperino ad un meccanismo da loro stessi guidato che incrementi la capacità di ricerca e soccorso in mare. Un encomio va al lavoro preziosissimo della Guardia Costiera italiana, ma anche delle organizzazioni non governative e dei mercantili privati che stanno facendo un lavoro eccezionale e soprattutto, rispetto alle ong, colmano un po’ il gap di presenza, di pattugliamento, nel Mediterraneo, che per noi è una richiesta fondamentale. Quindi una cooperazione europea. A questo aggiungiamo anche le fasi successive, quindi ci deve essere una cooperazione tra Stati anche rispetto, poi, allo sbarco e alla distribuzione di persone in arrivo in Europa fra gli Stati europei.
Che tipo di accoglienza offre, attualmente, l'Europa ai migranti?
Parlando di rifugiati, c'è bisogno di un meccanismo consolidato, prevedibile, sia di sbarco, ma anche di distribuzione, di accoglienza, di persone che hanno bisogno di protezione internazionale in Europa. L'Italia ha fatto un ottimo lavoro in questi anni, anche negli anni della pandemia, lasciando aperte le frontiere e permettendo alle persone l'accesso al territorio. È fondamentale che, come ci indicano la Convenzione di Ginevra e le norme di diritto internazionale ed europeo, ai richiedenti asilo sia data la possibilità di fare domanda di asilo e di accedere alla procedura di asilo e a chi è riconosciuto rifugiato di ottenere protezione in Europa.
Nell'attuale contesto di crisi economica, in che modo è possibile andare incontro ai richiedenti asilo?
È un fenomeno che con la collaborazione di tutti gli Stati, e come si indica anche il Global Compact sui rifugiati, è possibile gestire in maniera efficiente e strutturata. I rifugiati sono, in gran parte dei casi, portatori di talenti e capacità, sono persone che sono state costrette a fuggire dal loro Paese, nel loro Paese erano insegnanti, agricoltori, ingegneri, dentisti. Quindi sono una risorsa per le nostre società e metterli nelle condizioni di poter essere inclusi nelle nostre comunità, di poter mettere a frutto i loro talenti, è un vantaggio per loro, che possono ricominciare una nuova vita dopo essere stati costretti ad abbandonare tutto, ma anche per le comunità che li accolgono, per le nostre economie, mettere a frutto i loro talenti è un prezioso contributo per le nostre economie.
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