L'impegno di tutti per la salvaguardia del Creato
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
Papa Francesco, nella lettera indirizzata ai partecipanti alla Conferenza europea dei giovani a Praga nel luglio scorso, ha detto: “È urgente ridurre il consumo non solo di carburanti fossili ma anche di tante cose superflue; e così pure, in certe aree del mondo, è opportuno consumare meno carne: anche questo può contribuire a salvare l’ambiente”. Sono poche righe che si ricollegano ai suoi incessanti appelli per un sistema di vita consapevole, prima di tutto alla Laudato si’. Questa volta, però, l’invito diventa pratico, immediato, rivolto in modo molto preciso all’impegno di ciascuno: è necessario ridurre il consumo di carne. In apparenza un piccolo passo ma capace di ridurre le conseguenze negative causate dagli allevamenti intensivi sul pianeta, primo fra tutti il riscaldamento globale.
Numeri impressionanti
L’80% della perdita della biodiversità globale è causata dall’agricoltura. Rispetto ai primi anni ’60, la produzione di carne è aumentata di almeno cinque volte. Il suo consumo pro capite è pari a quasi 35 kg di carne a testa all’anno nei Paesi avanzati. In Italia il consumo pro capite è passato dai 21 a 80 kg. Negli Stati Uniti si consumano circa 120 kg di carne all’anno pro capite, mentre in Cina il consumo è aumentato del 150%. Ciò che ne determina l'incremento è la ricchezza economica di un Paese che, tradotto in cifre, è impressionante: il 47% del suolo dell’intero pianeta è impiegato per la produzione di cibo del quale il 70% è usato per nutrire il bestiame destinato al macello e solo l’1% per l’alimentazione umana. Il 70% della biomassa degli uccelli è costituita da pollame da allevamento e solo il restante 30% da specie selvatiche. Il 60% della biomassa dei mammiferi è costituita da bovini e suini da allevamento, il 36% dall’uomo e il restante 4% da mammiferi selvatici. Il 14, 5% delle emissioni dei gas serra è causata dagli allevamenti intensivi, utilizzando il 20% delle terre emerse come pascolo e il 40% per la coltivazione dei mangimi. I bovini producono grandi quantità di metano; si stima che ogni molecola di metano equivalga, quanto a potere inquinante, a 23 molecole di anidride carbonica. Quasi tutto quello presente nell’atmosfera è riconducibile all’allevamento di bestiame. Per 100 grammi di proteine il manzo produce fino a 105 kg di gas serra mentre lo stesso peso in fagioli ne produce poco più di cinque.
Limiti planetari
Questi numeri non sono una lista vuota ma la denuncia evidente che stiamo precipitando in un punto senza ritorno, che i rischi sono concreti: la terra ha dei limiti e alcuni di questi sono stati già superati. Di recente, il Wwf ha pubblicato un report all’interno della campagna Food4Future, “Dalle pandemie alla perdita di biodiversità. Dove ci sta portando il consumo di carne” che denuncia questi pericoli, e anzi evidenzia come i “Sistemi alimentari non sostenibili non danneggiano soltanto l’ambiente, ma minacciano anche la salute, l’istruzione, l’economia, la sicurezza e la pace”.
Un’alimentazione più consapevole
Il nostro modo di alimentarci provoca effetti reali e diretti sul cambiamento climatico. Smettere di consumare carne significherebbe ottenere un risparmio, in termini ambientali rispetto alla lavorazione della carne animale, equivalente al 95% di terra utilizzata e al 75% di acqua, con un abbattimento delle emissioni di gas serra dell’87%. Ma, senza arrivare a una drastica rinuncia, basterebbe ridurne il consumo, acquistare in modo consapevole, dando la priorità a carni provenienti da allevamenti locali e sostenibili. I bovini allevati su terreni ottenuti dal disboscamento producono dodici volte più gas serra e utilizzano cinquanta volte più di quelli che vivono nei pascoli naturali. Se una famiglia composta da quattro persone riuscisse a rinunciare alla carne anche soltanto per un giorno alla settimana, ci sarebbe un risparmio equivalente a tre mesi di inquinamento prodotto dagli scarichi di un’automobile.
Un piccolo passo da ciascuno di noi
Ognuno può fare un passo e modificare le proprie abitudini alimentari improntandole alla moderazione e al non spreco. Non è un caso che il Papa si rivolga in primo luogo ai giovani, più sensibili e ricettivi, coloro ai quali spetterà la costruzione del mondo futuro. Papa Francesco aggiunge inoltre nella lettera ai giovani: “Vi farà bene – se non l’avete già fatto – leggere l’Enciclica Laudato si’, dove credenti e non credenti trovano motivazioni solide per impegnarsi in favore di una ecologia integrale. Educare, pertanto, per conoscere, oltre che sé stessi e l’altro, anche il Creato”.
Rispetto per gli animali
Consumare meno carne significa anche dare maggiore valore a un alimento derivante da creature vive, che meritano rispetto. Nel 2015 Papa Francesco è stato riconosciuto “Persona dell’anno dall’associazione animalista People for the Ethical Treatment of Animals” (PETA). Infatti il Papa, riferendo le parole del Catechismo della Chiesa cattolica, nella Laudato si’ afferma che ogni maltrattamento verso qualsiasi creatura, è contrario alla dignità umana. Ora ci chiediamo quale sia il rispetto verso quegli animali nati per essere destinati al macello in tempi rapidi, tenuti rinchiusi e in poco spazio negli allevamenti, esposti alle sofferenze e nutriti in modo forzato, oltre che essere bombardati di antibiotici e ormoni che assumeremo anche noi, di riflesso, nella nostra alimentazione? Tra l’altro l’allevamento di animali teso al profitto, che non tiene conto del loro benessere, produce di conseguenza carne di scarsa qualità: oggi, ad esempio, i polli raggiungono peso e dimensioni molto maggiori che in passato. Il risultato è una carne meno salutare e grassa.
Lo stile di vita del cristiano
La religione cristiana non impone particolari restrizioni alimentari, ma chiede comunque di seguire uno stile di vita alimentare improntato sulla sobrietà. L'astinenza dalla carne di venerdì e la Quaresima assumono per il credente un significato penitenziale, che rigenera e tempra lo spirito. L'astinenza e il digiuno nel passato avevano anche una finalità profilattica, tesa cioè a mantenere il corpo in salute, ad esempio con la fine dell'inverno, dopo un'alimentazione costituita da cibi conservati e salati e quindi meno salutari e con l'arrivo della stagione calda, quando era meno consigliabile consumare carne. Oggi siamo abituati a meno restrizioni e possiamo variare la dieta, ma scegliere di moderare il consumo di determinati alimenti deve diventare un impegno morale, un atto di rispetto. Essere consapevoli e comportarsi di conseguenza significa salvaguardare la nostra salute e quella della terra che ci ospita e che lasceremo ai nostri figli.
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