Nel segno della Croce vincerai
Maria Milvia Morciano - Città del Vaticano
La battaglia a Ponte Milvio è un momento della storia romana talmente cruciale da essere raccontato in modo ampio dalle fonti agiografiche. Due sono gli autori cristiani che ne scrissero, non lontani nel tempo dagli accadimenti e quasi contemporanei tra loro: Lucio Cecilio Firmiano Lattanzio (Numidia 250-Treviri 325) e il vescovo Eusebio di Cesarea (nato e morto a Cesarea Marittima, 265-340 circa). Il loro racconto diverge nei particolari e nelle circostanze ma nelle linee fondamentali si rivelano concordi.
Il sogno di Costantino
Lattanzio, nella De mortibus persecutorum (44,5), scrive che Costantino ebbe una visione nella notte tra il 27 e il 28 ottobre, durante la quale gli fu ordinato di apporre sullo scudo dei soldati “un segno riferito a Cristo” che descrive come uno staurogramma, ovvero una croce latina con la parte superiore arcuata a formare una P.
In hoc signo vinces
Eusebio offre due versioni dello stesso episodio. Nel IX libro della Storia Ecclesiastica (Ἐκκλησιαστικὴ ἱστορία) parla di un soccorso divino, ma privo di manifestazioni visibili. Invece nella biografia dell’imperatore, la Vita di Costantino (Eἰς τὸν βίον τοῦ μακαρίου Κωνσταντίνου βασιλέω I, 23-40) racconta di una visione apparsagli nel cielo verso oriente, al tramonto, durante la marcia contro Massenzio: una grande croce di fuoco circondata da angeli e una scritta: Εν Τουτω Νικα, “Con questo segno vincerai” che è diventato il celebre motto latino: In hoc signo vinces.
Costantino è indeciso, ma durante la notte Cristo gli mostra il volto e gli spiega come usare il segno della croce contro i nemici. Un segno che Eusebio descrive in modo preciso: è il Chi-Rho o Chrismon, il monogramma di Cristo. Costantino modifica il suo vessillo, il labarum, sostituendo l’aquila imperiale, simbolo di Giove e massima divinità romana con la croce di Cristo e lo stesso fa con gli scudi dei soldati. E vince.
Le truppe di Massenzio diventano vittime della loro stesse astuzia. Il ponte Milvio era stato da loro sabotato, ma travolti dall’impeto dall’esercito di Costantino, che marciava da nord lungo la Via Flaminia verso Roma, sono costretti a indietreggiare, si ritrovarono intrappolati sul ponte cadendo nella corrente del Tevere che li travolge. Eusebio scrive che lo stesso Massenzio "scese negli abissi come una pietra".
Le storie di Costantino nell'arte
Gli episodi legati alla visione della Croce e alla battaglia a Ponte Milvio sono state raffigurate anche nell'arte, dove compaiono già nelle miniature di IX secolo. Il ciclo di affreschi di Piero della Francesca, le Storie della Vera Croce, nella basilica di San Francesco ad Arezzo, databili tra il 1458 e il 1466, con l'episodio nel quale Costantino dorme vigilato dai soldati, è affascinante: un grande cigno candido si ferma sulla sua tenda, rappresentando l’angelo che gli porta il messaggio e che è stato messo in relazione alla costellazione del Cigno.
Lo storico bizantino Filostorgio, vissuto tra il IV e il V secolo, aveva avanzato che si trattasse della proiezione astronomica del segno divino apparso all'imperatore. Ci sono diverse interpretazioni di tipo astrologico e astronomico proposte dagli studiosi, ma ciò che resta importante è la tradizione già recepita da Piero della Francesca. Tra le osservazioni e i vari allineamenti planetari, tuttavia, è suggestiva la costatazione che il Cigno sovrasta effettivamente la costellazione dell'Aquila, proiettando allegoricamente nel cielo il trionfo della croce e il definitivo tramonto del simbolo di Giove, ovvero della religione pagana. La Vittoria di Costantino su Massenzio, sempre di Piero della Francesca, è una composizione quasi serena, una selva di lance che si apre al centro, nel discrimine segnato dall'ansa del Tevere, aperto nella profondità del paesaggio. Non appare il labarum: Costantino avanza tendendo una piccola croce bianca, proprio come la descrive Iacopo da Varazze nella Legenda Aurea.
Negli affreschi realizzati su disegno di Raffaello e realizzati dalla sua scuola, primo fra tutti Giulio Romano, nelle Stanze Vaticane, l'impostazione è squisitamente classica. Nella Visione della Croce l'imperatore assiste insieme ai suoi soldati al prodigio stando su un alto basamento mentre sta loro parlando, come dice proprio l'iscrizione sotto ai suoi piedi, nel gesto dell'adlocutio, l'allocuzione. Invece, la battaglia di Ponte Milvio è un grande movimento vorticoso. Una scena drammatica dove spicca al centro l'imperatore vittorioso su un cavallo bianco e poco più in là due insegne romane sormontate dal nuovo e invincibile simbolo del Chrismon. Sullo sfondo, un panorama filologico di Roma antica.
L'arco nella campagna romana
Il teatro di questi accadimenti è ben riconoscibile sia nelle fonti che nell'arte e possiamo seguirne le tappe: la Via Flaminia, l'area di Saxa Rubra, il Tevere nel suo corso proveniente da settentrione e il Ponte Milvio.
A ricordo della vittoria del 312, il Senato romano fece erigere nell’Urbe l’arco bifronte presso il Colosseo e nel suburbium l'Arco di Malborghetto, tradizionalmente identificato con il luogo dove Costantino ebbe la visione della Croce. Quest'ultimo, che oggi appare inglobato nelle strutture di un casale più tardo, sorge al XIII miglio della Via Flaminia. Si tratta di un tetrapilo, ovvero di un arco a quattro porte, databile alla prima metà del IV secolo e ora del tutto spoliato dell'orginario rivestimento marmoreo.
Questo monumento, così importante per la storia e in particolare per quella degli albori cristiani, sarà oggi visitabile grazie alla sua apertura straordinaria, con visite guidate gratuite curate degli archeologi della Soprintendenza Speciale di Roma.
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui