Fame nel mondo, sale a 282 milioni il numero di persone malnutrite
Francesca D'Amato - Città del Vaticano
La Fondazione Cesvi ha presentato il rapporto del Global Hunger Index (GHI), l’indice globale della fame. Secondo il GHI 2022, i progressi per la fame hanno subito un brusco arresto, sono infatti 828 milioni le persone malnutrite nel mondo, 46 milioni in più rispetto all’anno precedente. Con questa tendenza, non sarà possibile raggiungere l’obiettivo di sviluppo sostenibile sulla sicurezza alimentare, previsto dall’agenda 2030 delle Nazioni Unite. Dal 2019 sono aumentati di 150 milioni i soggetti che soffrono la fame. Le conseguenze della pandemia da Covid-19 hanno prodotto conseguenze ancora più gravi ed effetti irreversibili, facendo salire il numero a 282 milioni. Nel 2023 senza interventi radicali, si prevede che 45 milioni di persone rischieranno la morte per l’emergenza alimentare. Secondo il GHI in 9 Paesi la fame è di categoria allarmante e in 35 grave. In particolare nella Repubblica Centrafricana, Ciad, Repubblica Democratica del Congo, Madagascar e Yemen. Dalla ricerca del GHI non emergono invece dati sufficienti per classificare l’indice alimentare di altri 4 Paesi: Burundi, Somalia, Sud Sudan e Siria. Ciò dipende dall’impossibilità di ricevere questi dati, all’interno di Stati dove manca la presenza di un governo democratico e dove la fame viene utilizzata troppe volte come uno come strumento di guerra.
Il Punteggio GHI
L’indice Globale della Fame è il principale strumento di misura sulla fame nel mondo, monitora annualmente oltre cento Paesi. In Italia il GHI è curato dalla fondazione CESVI, che negli ultimi giorni ha presentato la diciassettesima edizione. I paesi analizzati sono stati 121 e il punteggio GHI è stato effettuato sulla base di quattro indicatori: denutrizione, deperimento infantile, arresto della crescita infantile e mortalità dei bambini sotto i cinque anni. Per determinare il valore dell’GHI è necessario essere in possesso di tutti e quattro questi indicatori, e non per tutti i Paesi è possibile ottenerli. Il GHI classifica il punteggio su una base di 100 punti, i valori da 10,00 a 19,99 indicano una fame moderata, da 20,00 a 34,6 una fame alta, da 35,00 a 49,9 allarmante e dai 50 estremamente allarmanti. Dai punteggi è emerso che nell’anno 2022, i Paesi che presentano uno scenario alimentare allarmante si trovano nella regione dell’Asia Meridionale e Africa Subshariana. Rispetto al 2014 la fame è aumentata in 20 Stati che fanno parte delle categorie moderata, allarmante e grave.
Le cause della crisi alimentare
Negli ultimi anni i progressi nella lotta alla fame si sono arenati, a cause del sovrapporsi di diverse crisi globali tra cui guerre, cambiamenti climatici, l’aumento dei prezzi del mercato alimentare e la pandemia da Covid-19. I cambiamenti climatici sembrano essere un fattore chiave nell’emergenza alimentare. La maggior parte dei Paesi dell’Asia e dell’Africa, non dispongono delle risorse necessarie per affrontare questi cambiamenti, oltre che pagare il costo di disuguaglianze economiche, povertà, carenze infrastrutturali, inadeguatezza della governance e bassa produttività agricola. Negli ultimi mesi le realtà colpite da cambiamenti climatici indesiderati sono stati il Pakistan, il Giappone, Cina, Europa e USA. A causa di eventi meteorologici sempre più intensi infatti, attività come agricoltura e pesca vengono ostacolate. Le guerre sono state un altro elemento chiave nell’aumento del GHI. Il conflitto ucraino ha prodotto un aumento dei prezzi del cibo, fertilizzanti e carburante con effetti sulla fame nel mondo che porteranno conseguenze gravi ben oltre il 2023. L’aumento dei prezzi nel mercato finanziario è però avvenuto già prima della guerra in Ucraina, ovvero durante la pandemia, e ha fatto impennare notevolmente l’indice GHI.
Le possibili soluzioni
“Per porre fine alla fame e all’insicurezza alimentare in modo duraturo, il processo di trasformazione dei sistemi alimentari deve mettere al centro le comunità locali. Numerosi esempi nel mondo dimostrano che una leadership locale è capace di sollecitare adeguatamente chi deve prendere le decisioni ad assumersi la responsabilità della lotta alla fame e all’insicurezza alimentare, non solo nei contesti democraticamente più stabili, ma anche in quelli fragili” afferma Valeria Emmi, Networking and Advocacy Senior Specialist di CESVI. Negli ultimi anni i progressi nell’ambito della crisi alimentare sono stati notevoli, per poi diminuire notevolmente negli ultimi anni. “Stiamo vivendo la terza crisi dei prezzi alimentari in 15 anni, ciò dimostra che i nostri sistemi alimentari non funzionano. E’ necessario - sottolinea - mettere al centro il sapere locale”. La crisi alimentare è uno dei tasselli che compongono il quadro di una crisi globale ben più ampia, che comprende: crisi finanziaria, monetaria, economica, umanitaria e sociale. La minaccia del Covid non è ancora terminata ed è necessario prepararsi anche a nuove pandemie, adottando l’approccio del “one health”, un approccio di intervento unico e globale per fronteggiare l’approssimarsi di nuove crisi e pandemie.
The last drop
In occasione della presentazione del rapporto del GHI, la Fondazione Cesvi ha inaugurato la mostra fotografica “The last drop”, a cura di Fabrizio Spucches, e con il contributo di Nicolas Ballario. A fornire uno spunto di riflessione sulla vicenda della crisi alimentare e un parallelismo con il conflitto ucraino è stato proprio Ballario che ha messo in evidenza come la morte di un bambino sia grave in qualunque Paese avvenga, sia nelle guerre più seguite dai media che nelle realtà dove la carestia uccide, spesso, nell'indifferenza. L’esposizione curata da Nicolas Ballario è visitabile all’acquario civico di Milano fino a domenica 11 Dicembre 2022.
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