Cop27, Fuzzi: la scienza non è stata ascoltata, l’ambiente riguarda tutti
Edoardo Giribaldi – Città del Vaticano
L’annuale conferenza delle Nazioni Unite sul cambiamento climatico Cop27, dal 6 al 18 novembre a Sharm el-Sheikh, in Egitto, rappresenta l’occasione per proporre e discutere soluzioni rapide e collettive alle questioni ambientali più urgenti. Gli obiettivi che il congresso intende raggiungere sono divisi in quattro categorie: mitigazione, adattamento, finanza e collaborazione. Su quest’ultimo aspetto si deve fare di più, afferma Sandro Fuzzi, dirigente di ricerca al CNR di Bologna e presso l'Istituto di Scienze dell'Atmosfera e del Clima (ISAC), che sottolinea come “senza una volontà politica comune e concordata è difficile che si raggiungano risultati”.
Emissioni mai in calo
Nel corso della sua carriera accademica, Fuzzi ha partecipato a diverse stesure dell’Intergovernmental Panel for Climate Change (IPCC), l’organismo delle Nazioni Unite per la valutazione dello stato del clima. Il suo è quindi un punto di vista privilegiato, che può confermare come, nel corso degli ultimi 20 anni, le emissioni responsabili dell’aumento della temperatura della terra non siano mai calate. “La scienza ha evidenziato questi problemi da 30 anni a questa parte – rimarca Fuzzi – ma la società e la politica non ne hanno tenuto conto abbastanza”. Tra le cause della crisi climatica non si possono ignorare i mancati sforzi per mantenere gli accordi presi tra i Paesi membri delle Nazioni Unite a Parigi, nel 2015. Su tutti, il mantenimento di un aumento della temperatura globale non superiore agli 1,5 gradi per la fine di questo secolo.
Il contesto globale
Riguardo la prossima Cop27, Fuzzi ammette come non ci sia ancora “un quadro uniforme globale”. L’Unione europea è intervenuta, ma va ricordato che pesa solo per il 9% delle emissioni globali. Diversa la situazione degli Stati Uniti. “L’intervallo della presidenza Trump è stato, a mio giudizio, molto negativo dal punto di vista ambientale – ammette Fuzzi – ma con l’attuale presidenza sono state stanziate nuove risorse per limitare emissioni di gas clima alteranti”. Se a questa già complicata situazione si aggiunge il conflitto in Ucraina, è chiaro come la conferenza non parta “sotto i migliori auspici”.
Risorse e sostenibilità
Per mettere in moto il meccanismo della sostenibilità servono risorse. Spesso, però, proprio gli Stati membri delle Nazioni Unite non hanno rispettato le intese che prevedevano lo stanziamento di capitali in favore dei Paesi in via di sviluppo. “Bisogna dire che gli accordi di Parigi prevedevano anche la mobilitazione di 100 miliardi di dollari l’anno verso i Paesi più poveri e quindi senza risorse e tecnologie per abbattere le loro emissioni”, spiega ancora Fuzzi, ma "questo è stato fatto solo in minima parte”.
Dal petrolio alle fonti rinnovabili
Le soluzioni da trovare e mettere in pratica possono riassumersi in un unico concetto: “Passare rapidamente da un’economia fondata sul consumo di prodotti petroliferi ad una basata su quello di fonti rinnovabili”. Le tecnologie ci sono, manca però la volontà politica, ma quello ambientale è un problema che riguarda tutti, nessuno escluso. “Una tonnellata di CO2 emessa in Italia ha lo stesso peso di una emessa in Cina”, conclude Fuzzi. “Senza azione e volontà politica comune e concordata è difficile che si ottengano risultati.”
Grazie per aver letto questo articolo. Se vuoi restare aggiornato ti invitiamo a iscriverti alla newsletter cliccando qui