Corridoi umanitari, in Italia altri 158 cittadini afghani perseguitati
Marco Guerra – Città del Vaticano
I corridoi umanitari continuano a dare i loro frutti in termini di accoglienza e sicurezza. Con un volo proveniente da Islamabad, sono arrivati ieri mattina a Roma 158 cittadini afghani, fuggiti a causa della guerra, rifugiati dall'agosto 2021 in Pakistan.
La rete dell’accoglienza
Il viaggio e l’accoglienza dei rifugiati afghani rientrano nei corridoi umanitari promossi da Conferenza Episcopale Italiana (attraverso Caritas Italiana), Comunità di Sant'Egidio, Federazione delle Chiese Evangeliche in Italia, Tavola Valdese, Arci, IOM, INMP e UNHCR d'intesa con i ministeri dell'Interno e degli Esteri. Ad accoglierli nell’aeroporto romano, il segretario generale della Cei, monsignor Giuseppe Baturi; il presidente della Comunità di Sant'Egidio, Marco Impagliazzo; il responsabile nazionale immigrazione di Arci, Filippo Miraglia; il direttore di Caritas Italiana, don Marco Pagniello e Libero Ciuffreda, membro del Consiglio della Federazione delle Chiese.
Verso i percorsi di integrazione
Queste persone verranno ora ospitate in diverse regioni da nord a sud di tutta Italia e avviate subito verso l'integrazione, a partire dall'apprendimento della lingua e dall'inserimento lavorativo grazie a un progetto totalmente a carico degli organismi proponenti e sostenuto dalla generosità e dall'impegno di tanti cittadini italiani che hanno offerto le proprie case per ospitare, ma anche comunità religiose, Ong e diversi soggetti ecclesiali e civili.
Pompei: donne e hazari perseguitati
“Sono tutte persone scappate dopo l’arrivo dei talebani al governo nell’agosto del 2021, questo gruppo arriva dal Pakistan perché quando gli afghani scappano si rifugiano prima in Pakistan o in Iran. Infatti dovevano organizzare anche un viaggio dal Paese persiano ma le turbolenze che lo attraversano attualmente ci hanno impedito di farlo, è ancora troppo pericoloso”, spiega a Vatican News, Daniela Pompei, responsabile dei servizi per gli immigrati della Comunità di Sant’Egidio. Pompei riferisce che una parte dei profughi sono persone fuggite perché lavoravano con il precedente governo e ora rischiano ritorsioni da parte dei talebani; poi ci sono moltissime donne, in particolare giornaliste, che non possono più studiare e lavorare; infine ci sono persone appartenenti dall’etnia hazara che sono perseguitate dai talebani.
I corridoi umanitari attivati
“Il modello dei corridoi umanitari è il più sicuro, perché i profughi arrivano con un visto”, sottolinea l’esponente della Comunità di Sant’Egidio, “quando abbiamo dato loro questo documento le persone hanno iniziato a baciarlo, perché significa non dare i soldi ai trafficanti di essere umani e non rischiare la vita nelle traversate”. Non solo, secondo Pompei i corridoi sono un sistema di garanzia anche per i cittadini dei Paesi di accoglienza perché le persone che arrivano fanno tutti i controlli di polizia prima di partire e trovano un percorso di inserimento più adeguato. La Comunità di Sant’Egidio ha attivato molti altri corridoi umanitari con diverse aree di crisi come Eritrea, Libia, Etiopia e anche dal Libano per accogliere i profughi siriani.
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