Ex Ilva, arcivescovo Santoro: vilipesa la dignità delle persone, si trovi una soluzione
Francesca Sabatinelli - Città del Vaticano
“Rivolgo un mio accorato appello al governo perché intervenga con ogni mezzo per mettere al riparo le famiglie dei lavoratori”. Monsignor Filippo Santoro, arcivescovo di Taranto, affida a Radio Vaticana - Vatican News le sue parole e la sua preoccupazione sull’ennesimo drammatico capitolo che riguarda l’ex Ilva di Taranto, dopo che Acciaierie d’Italia, il principale gruppo siderurgico italiano, ha comunicato, ieri, per “sopraggiunte e superiori circostanze", la sospensione delle attività di 145 ditte dell’indotto, che coinvolgono circa duemila lavoratori, ma che si ritiene svolgano un lavoro ritenuto non essenziale. “La vita è vilipesa - afferma il presule - è vilipesa la dignità delle persone, in particolari dei lavoratori”.
L’appello dei lavoratori
Drammatico è il tono della lettera consegnata ieri dai lavoratori a parlamentari e sindacati, in cui si chiedono risposte che se “non arriveranno nel giro di pochi giorni allora rischieremo di andare, pur non volendo, verso situazioni incontrollabili dove non regna più la ragione e la programmazione ma la disperazione". Risposte dall’azienda sono attese anche dal governo che manifesta sconcerto per la decisione, mentre preoccupazione è stata espressa da Confindustria. Giovedì prossimo, il 17, tra due giorni, si terrà un incontro a Roma tra il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, con il governatore pugliese Michele Emiliano, nello stesso giorno saranno poi ricevuti dal ministro i rappresentanti dei sindacati nazionali di categoria, che in attesa dell’incontro hanno spostato lo sciopero, previsto per domani, al 21 novembre prossimo.
Il rischio di uno sconvolgimento sociale
“A me interessa la vita e le famiglie dei lavoratori e la loro dignità”, precisa monsignor Santoro, che si sofferma sulla modalità del licenziamento, avvenuto tramite PEC, che desta in lui, “come in tutta la città (Taranto ndr) una seria preoccupazione e una profonda delusione”. La preoccupazione di Santoro è per le “conseguenze incontrollabili che potrebbero svilupparsi”. È evidente - spiega ancora - che sono stati disattesi gli impegni presi, con conseguente danno per Taranto e per l'Italia. È stata sempre cercata una soluzione che desse attenzione sia alla cura dell'ambiente, sia alla conservazione del posto del lavoro, adesso sembra che non si dia affatto attenzione all’ambiente, di fatto non abbiamo visto iniziative per una effettiva inversione di rotta nella sostituzione del ciclo completo del carbone, è stata promessa, ma finora non è stata realizzata”. Ora si aggiunge anche “questa grave presa di posizione nei confronti dei lavoratori a danno di una città che sente imminente una minaccia di una vera e propria bomba sociale, di uno sconvolgimento sociale”. A meravigliare Santoro è poi il fatto che in passato fossero state “promesse innumerevoli risorse per attuare una salvezza capace di coniugare salute, sicurezza e lavoro e che non riusciamo ancora a intravedere”.
Intervenga il governo
“Mi sembra proprio molto grave - aggiunge poi - quello che mi preoccupa sono le famiglie”. Non ci sono ricette preconfezionate per risolvere il problema, Santoro ne è consapevole, così come si sa che “il problema dello stabilimento siderurgico ha radici lontane, remote e molto complesse”. La richiesta è quindi al governo “che intervenga subito”, con provvedimenti che “coniughino i due aspetti, la difesa dell'ambiente e la difesa del lavoro”. E’ mai possibile, è la domanda che si pone il presule, “che solo gli interessi di una parte abbiano un peso così esclusivo contro la vita della gente?” Dopo anni di sforzi, di tavoli negoziali, di intenti, è la conclusione, ci si ritrova ora “in una situazione così complessa, come quella che viviamo. Quindi, che si porti quanto prima una soluzione con un intervento preciso del governo”.
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